Carviano – La Strage di Rabatta, ancora dubbi?

Vergato – 06-11-1944 / 6-11-2012 – Queste sono vicende che si raccontavano ancora a metà degli anni ’50 seduti attorno alla luce del camino acceso nelle case di Carviano ancora senza energia elettrica. Una cannonata degli “americani”, durante la guerra, aveva centrato l’imbocco del rifugio a Rabatta e aveva ucciso donne e bambini. Anche se credibile perchè gli alleati erano a Stanco, praticamente dirimpettai di Rabatta, veniva da pensare, chi aveva fatto un tiro così preciso da centrare da lontano un buco grande meno di una porta di casa? Ma poi c’era la soluzione… fatalità! Passano gli anni e arriva intenet, navigando casualmente si arriva alle strargi di Monte Sole. Rabatta: fucilati dai nazifascisti… e l’elenco di solo quattro vittime, tre donne e un uomo, mentre ne risultavano molte di più. Perchè? Chiediamo in giro, nessun fucilato, niente cannonate ma il rifugio è stato minato, per sfuggire alle cannonate vere gli sfollati di Rabatta corrono al rifugio e il rifugio salta. Passano ancora anni ma mancano i testimoni, ora troviamo una testimonianza raccolta dai ragazzi del Fantini e pubblicata in un libro a dir poco eccezionale per il metodo, i dati e il modo di come è stato realizzato: Esplorando il passato. Vera Banca della Memoria di Vergato e Dintorni.

Questo è il racconto della testimone, Signora Benini Cesarina, 67 anni nel 1989.

Dove abitavi al tempo della guerra e che cosa ti ricordi di quegli anni?

Noi abitavamo a Vergato, in via Montegrappa, e andavo a lavorare a Pioppe, nella filanda di Pioppe. Prima ci andavamo col treno e poi, dopo che furono bombardate le ferrovie, ci andavamo a piedi; oppure si trovava i Tedeschi che ci portavano su, perché eravamo tutti mobilitati e allora non si poteva stare a casa. Allora delle volte c’erano le camionette dei Tedeschi, che ci portavano su e giù. Fintanto che dopo venne quel grosso bombardamento che ci buttarono giù la casa oltre tutto e poi anche la fabbrica ebbe tante rovine, fu quasi distrutta. E allora si smise di lavorare.

Che cosa ti ricordi di quel bombardamento?

Mi ricordo che c’è rimasto tanti morti perché non se l’aspettavano che venissero a bombardare. Noi eravamo in quattro o cinque e venivamo su da Pioppe. Quando fummo all’Europa, si vide due formazioni di apparecchi che venivan da Susano. Spuntavan da Susano, allora noi si andò sotto a un sottoscala, lì all’Europa, al Palazzone. Si andò sotto a sto sottoscala e ci siamo stati più di mezz’ora lì sotto. Quando non abbiamo più sentito gli apparecchi, siamo usciti e abbiamo visto tutta una polvere, tutto un rosso, tutto un puzzo di polvere dappertutto. E poi siamo venuti a casa. Io ero con una mia amica che si chiamava Ida e ci aveva due bambine; mentre bombardavano pensava alle sue bambine che erano a casa: una, che era a scuola, rimase salva e l’altra rimase sotto le macerie di casa, che l’han trovata dopo sette o otto giorni…. Allora si prese quel che si potè e si portò su a questa casona: si portò su il letto e un po’ quello che serviva. Dopo conoscevamo una famiglia che stava alla Quaderna, di qua da Reno, perché andavamo a mietere a casa sua e eravamo diventati amici di famiglia. E allora cominciarono a dire: «Invece di stare lì in quella casona, venite là, tanto c’è tanto posto, così stiamo insieme». E siamo andati là con loro. Le S.S. portavano via tutto e bisognava andare via. Allora, siccome a Rabatta ci stavano i suoi genitori, disse a suo figlio che si chiamava Enzo, che aveva 12 anni: «Arriva su da mio babbo, se loro dicono di andare da qualche parte, si va via tutti insieme». Anche lei era con quattro bambini, e il marito non ce l’aveva! Allora il bimbo disse: «Io da solo non ci vado!» «Vengo anch’io con te» gli dissi e andammo su. Quando fummo lassù, che si chiacchierava dove si poteva andare, si sentì l’artiglieria tedesca che cominciò con i cannoni.

Dov’era sistemata l’artiglieria tedesca?

Penso che fosse da questa parte di qua, su per Cereglio. Allora disse: «Non aver paura, abbiamo un rifugio buono!» E si andò tutti dentro a questo rifugio. Ma non era neanche cinque minuti che eravamo nel rifugio che sentii una gran botta in questa spalla e niente altro. Poi mi ricordo che sentivo tanta gente lamentarsi… allora io cercai di uscire, e cominciai a venire giù verso casa, ma il ragazzino che era con me non lo vidi più. Quando fui sul poggio che si vedeva la Quaderna, mi misi a sedere perché non camminavo più… perché il sangue mi usciva. Allora c’era la mamma giù e io gli feci un cenno con una mano e lei capì subito che c’era qualcosa. Chiamò anche quest’altra donna che era dietro a fare il bagno al bambino più piccolo dentro a un catino… lei cominciò a correre subito su disperata e la mia mamma cavò sto bambino dal catino, seno c’era rischio che affogasse. Vennero su tutte e due e lei diceva: «Dov’è il mio Enzo? Dov’è il mio Enzo?» Io gli dissi: «Non lo so, io ho sentito dei gran lamenti, ma non so niente». Poi la mamma mi portò giù a braccetto e si arrivò a casa e lei, poveretta, andò su e trovò… che c’era una gamba di suo figlio fuori dal rifugio.

Quindi erano tutti morti?

Eravamo in diciassette: dodici morirono, in due si rimase feriti e gli altri tre credo che non avessero niente, solo un grande spavento, perché erano rimasti più fuori, verso l’esterno.

Che cosa era successo nel rifugio?

Era scoppiata una bomba a orologeria.

Chi l’aveva messa?

I Tedeschi, i Tedeschi l’avevano messa, perché gli Americani potevano venire solo in pattuglia, ma non si erano mai fermati, non si potevano fermare.

Per quale ragione avevano messo la bomba nel rifugio?

E chi lo sa! Dicevano che l’avevano messa, perché se ci andavano gli Americani… o i partigiani… Io dopo ho anche chiesto dei morti e mi hanno detto che i partigiani avevano sepolto tutto lì per il momento e dopo il fronte dissero che avevano cavato i resti. Tu conoscevi gli altri che erano nel rifugio? No, li conoscevo così di vista. C’era anche una famiglia intera, la famiglia della Gina della Casa Bianca, morirono tutti, poveretti! A casa mi misero lì in terra, in una specie di branda e poi dopo mio babbo cominciò a cercar qualcuno che mi portasse via, perché a Stanco c’erano già gli Americani. Il più era poter arrivare fino lassù. Allora cominciò a girare e a cercare qualcuno. Venne Dante della Quaderna e un nostro cugino che stava a Campo Rotondo e poi altri due che non mi ricordo. Mi ricordo sempre che mio babbo disse con questo Dante: «Se venite, tutto quello che ci ho, ve lo do.» Allora lui fece : «A noi, se ci deste anche un milione, non si verrebbe; però per niente e per voi ci si viene!»…

La bomba a orologeria o forse una mina antiuomo, ma rimane il dubbio su  chi veramente avrebbe minato il rifugio e il perchè… la certezza sono invece le vittime. Non una lapide, una stele, una croce o uno sdalèin a ricordare questo massacro, solo la memoria che pubblichiamo, tenuta per trentotto anni nella borsa della nonna Olimpia.

Vedi: http://www.eccidiomarzabotto.com/storiaeccidi2.php

Fucilati a Rabatta di Carviano
01) APZENZI (ABZENZI) CLAUDIA di anni 52
02) CARDONI MARIA             di anni 16
03) CARDONI NERINA            di anni 21
04) CARDONI REMO              di anni 53

Cardoni Maria, da Remo e Claudia Absenzi; n. il 22/10/1928 a Grizzana; ivi residente nel 1943. Colona. Fu uccisa dai nazifascisti il 6/11/1944 in località Rabatta di Carviano (Grizzana), nel corso dellʼeccidio di Marzabotto, con il padre*, la madre* e la sorella Nerina*.

Cardoni Nerina, da Remo e Claudia Absenzi; n. il 30/4/1923 a Grizzana; ivi residente nel 1943. Colona. Fu uccisa dai nazifascisti il 6/11/1944 in località Rabatta di Carviano (Grizzana), nel corso dellʼeccidio di Marzabotto, con il padre*, la madre* e la sorella Maria*. [O]

Cardoni Remo; n. il 24/12/1891 a Bologna. Nel 1943 residente a Grizzana. Fu ucciso dai nazifascisti il 6/11/1944 in località Rabatta di Carviano (Grizzana), nel corso dellʼeccidio di Marzabotto, con la moglie Claudia Absenzi* e le figlie Maria* e Nerina*.

Abzenzi Claudia; n. il 31/7/1892 a S. Giovanni in Persiceto. Nel 1943 residente a Grizzana. Colona. Fu uccisa dai nazifascisti il 6/11/1944 in località Rabatta di Carviano (Grizzana), nel corso dellʼeccidio di Marzabotto, con il marito Remo Cardoni* e le figlie Maria* e Nerina*.

Mancano i nomi delle altre vittime: Oltre il bimbo Enzo, altri quattro…. chi ne fosse a conoscenza o avesse informazioni in merito all’articolo, le può comunicare a:  info@vergatonews24.it

Aggiornamento al 05-11-2012 – Sign.ra Fernanda – Abitavamo vicini e abbiamo sentito tutto, siamo andati a soccorrere i morti dovrebbero essere 8 e 4 si sono salvati perchè erano fuori. Il rifugio era stato minato dai tedeschi perchè facevano così…, anche con la chiesa di Carviano hanno fatto così. Dopo la guerra la famiglia Cardoni, la figlia scampata, li ha portati a Marzabotto, i Marchi li abbiamo portati al Cimitero di Carviano ma adesso non ci sono più neanche le ossa…

Aggiornamento al 09-11-2012 – http://certosa.cineca.it/chiostro/eventi.php?ID=293

Il 6 novembre 1944 a Rabatta muoiono 8 persone. 
Non è stato possibile accertare se i caduti, civili nascosti in un rifugio il cui ingresso è occultato dal fieno, siano morti perché il fieno viene incendiato dai tedeschi o per una cannonata. Sono tuttavia denunciati come uccisi dai tedeschi Claudia Apzenzi (Abzenzi) e il marito Remo Cardoni, insieme alle figlie Maria e Nerina. 

Torna la cannonata… 

 

 

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