Valle del Reno 1928-3 La Valle del Reno

2013/02/25, Vergato – Proveniente dall’archivio  privato del dott. Amleto Gardenghi, questo documento con la sua affascinante descrizione e le foto del tempo, ci descrive:

La Valle del Reno nel 1928

Il Reno è la maggior arteria del Bolognese. Esso scorre più ad occidente che ad oriente della provincia; ma poiché, giunto al piano s’incurva ad oriente e ne lambisce l’orlo settentrionale, accoglierà tutto il tributo di acque del resto del territorio e dei territori non suoi, posti ad est, fino a che non troverà corsi d’acqua di tanta forza da giungere con uguale – benché più ristretto – arco al mare. Quindi caratteristica è la distribuzione delle acque correnti nel Bolognese, e perciò si determineranno numerosi solchi percorsi da comode e belle vie che perverranno ai passi appenninici. Ma la più importante resterà pur sempre quella che va parallela al corso principale e che unisce il Po all’Arno, l’Emilia alla Toscana, Bologna a Firenze. Se si sommano insieme tutte le valli, onde questa è fatta, si hanno circa 600 km., mentre essa, nella sua parte non piana è appena di 70 km.
Nel bacino del Reno poche rocce dominano e nella massima parte dotate del medesimo grado di permeabilità
Il piano geologico più antico, tranne qualche punta di calcare marnoso e le molte ma piccole emersioni di rocce serpentinose, è quello dell’eocene superiore, che è rappresentato quasi da per tutto da arenarie, da scisti argillosi e da argille scagliose, i quali terreni si alternano con tanta frequenza e con tanta varietà che è lungo e non facile sempre dire dove affiori l’uno e dove l’altro. Segue, salendo dal basso all’alto, il miocene, il quale ha rocce simili a quelle del piano precedente, tanto che taluno può credere che l’uno e l’altro siano la stessa cosa.
La sola differenza che caratterizza i due piani è che in quest’ultimo i banchi di arenaria compatta sono più sottili e più frequentemente si alternano con scisti argillosi. Qualche volta si affaccia anche un calcare marnoso, a piccoli strati, bianco.
Queste varietà litologiche dell’Eocene e del Miocene sono spesso regolarissime ed appaiono, con di­verso spessore, in piani orizzontali.
Il prevalere poi delle rocce arenacee o argillose nelle varie parti del bacino ha grande importanza, perché i terreni alluvionali nel fondo delle valli, a seconda della natura delle rocce da cui essi proven­gono, sono permeabili, cioè adatti ad accogliere ed a conservare le acque di filtrazione, oppure impermeabili, cioè prive di acque subalvee.
Seguono, sempre salendo, un calcare bianco, di aspetto terroso, tenero, argilloso, permeabile, e poi la serie solfifera, con gesso e marne, poco spessa.
Viene poscia il pliocene, che consiste nelle argille turchine, ricoperte qua e là da sabbie e con ciottoli sparsi o in piccole masse, con schegge di arenaria, di scisti e di calcari marnosi.
Ultimo piano è il quaternario, antico e recente che riempie le valli e forma l’ampia pianura emiliana, ricca di acqua, che numerosi pozzi artesiani cavano fuori e quindi alimentatrice di numerosi acquedotti.
Tutta la serie dei terreni quaternari riposa sul pliocene ed è così spessa ed alta che dal Panaro al Po, per tutta la pianura tutte le trivellazioni di pozzi artesiani, per quanto profonde, non hanno mai incontrato argille del periodo pliocenico.
II bacino montano del Reno è costituito da grossi banchi di arenaria, spesso compattissima, con intercalati piccoli strati di scisti argillosi. L’arenaria predomina nei monti che chiudono il più alto ramo del Reno e l’affluente suo di sinistra, il Maresca. Là dove confluiscono, appaiono scisti calcareo – argillosi, che diventano argillosi alla confluenza dell’Orsigna, altro affluente di sinistra del Reno, e si fondono ed hanno strati di arenaria interposti presso Pracchia. Vicino a Porretta l’arenaria molto compatta ricompare e da queste arenane, dette macigni — lo è una cava, presso Porretta, prima della galleria della Madonna del Ponte — spicciano fuori le acque ricche di minerali che hanno dato fama alla picco­la cittadina, ed escono quei gas infiammabili, di cui è un bell’esempio, quello del Sasso Cardo, un monte che si eleva ad ovest di Porretta.
Dopo ricompaiono gli scisti, e le due varietà dell’eo­cene si alternano con molta frequenza fino a valle di Vergato; e, queste condizioni litologiche si mantengono intatte anche nel corso più alto di due affluenti del Reno, il Samoggia di sinistra, il Setta di destra; le arenarie appaiono nell’alto dei monti, gli scisti nelle vallate. Tratto tratto emergono rocce serpentinose,  ma sono scarse e brevi.
Un pò prima della confluenza del Setta compare il pliocene con la argilla turchina e le sabbie gialle, queste riposanti su quella; l’argilla incisa dalle acque, le sabbie ora cementate insieme, ora sciolte, frammiste a ciottoli. Poiché l’argilla turchina è facilmente corrodibile, le sabbie, o indurite a pietra o sciolte, vanno soggette a franamenti rovinosi, ed un esempio è quello del Sasso, di cui più oltre si parlerà. Lo sfacelo di queste sabbie costituisce i terreni alluvionali della valle : ed i terreni pliocenici giungono fino alla grande pianura emiliana
   Il Reno nasce con il nome di Reno di Prunetta fra i poggi Piaggette e Castello, oltre i confini della provincia di Bologna, in quella di Pistoia : si unisce poco dopo con il Reno di Campolungo e col fosso Forra ed a Fiastre prende il nome che poi conserverà.
Vari fossatelli vi affluiscono prima di Pontepetri, e qui riceve il primo affluente degno di tal nome che viene dal monte Maceglia, il Maresca, il quale è accresciuto dal torrente Bardalone. Riceve poscia il piccolo rio Sirabbio prima di Pracchia, e dopo Pracchia il torrente Orsigna assai abbondante d’acque, a sinistra; al ponte della Venturina gli viene da destra il Limentra di Spedaletto. Giunto a Porretta ha il tri­buto del Rio Maggiore, che attraversa Porretta, e più a valle quello del Silla o Sella o Sela, sempre a sinistra. fra Porretta e Riola solo affluente importante è il Limentra di Riola o di Treppio che sbocca a destra, e fra Riola e Vergato il Vergatello, a cui si unisce il rio Aneva.
Al Sasso, anzi a valle del Sasso, il Reno ha il maggior tributario del suo corso montano, il Setta, che percorre una magnifica valle.
Nato dal crinale dell’Appennino fra i monti Casciajo (1.195 m.), della Scoperta (1.276 m.) e Poggio di Petto (1.121 m.), riceve il Brasimone, famoso per il suo bacino, onde Bologna trae forza motrice e luce, ed è accresciuto dal Sambro.
Dal Setta ha inizio quell’acquedotto che ha alimentato per tanto tempo Bologna e che continua ancora a fornirle parte del suo fabbisogno di acqua potabile.
Col Setta cessano gli affluenti naturali del Reno, il quale prosegue ancora fra dolci colline e poi giunto a Casalecchio, donde muove il canale, assai antico, che prende il nome di canal di Reno e che fa andare opifici e da acqua ai campi, sbocca nella grande pianura, ora esultante di biade e di viti, un tempo palude, dalle acque lente e pigre, opera meravigliosa della natura e dell’uomo.
Il Reno ha direzione da sud a nord, con tendenza verso est. La ragione di questo moversi dolcemente verso est è da ricercarsi nel fatto che ad oriente ha un contrafforte assai vicino, che muove dal crinale, a monte Calvi, con pochi sproni, mentre ad occidente il contrafforte è un pò distante, più vicino al Panaro che al Reno, e manda lunghe spine laterali al Reno, quali quelle di Granaglione, di Bombiana, di monte Cavaloro, del monte di Labante, del monte di Roffeno, del monte Severo : ciascuna di queste dà un urto lateralmente al fiume e ne fa declinare, il corso verso est.
Una strada ed una ferrovia risalgono questa vallata : la strada, come si vedrà più oltre, incominciata nel 1817, fu condotta a termine «premurosamente» e fu raccordata, al Ponte della Venturina, a quella iniziata dal granduca di Toscana da Pistoia. Essa misura 58.175 metri da Bologna a Porretta e da Porretta a Pracchia — poco tempo fa era nazionale — 15. 783 metri : entrambe sono strade di prima classe.
La ferrovia, lunga, da Bologna a Firenze, 133 km., aperta nel 1864, fu considerata come « una meraviglia della tecnica ferroviaria », perché essa corre quasi sul letto del fiume e quindi sale con deboli quote. Numerosi ponti, parecchi viadotti e 48 gallerie, fra cui quella dell’Appennino, presso Pracchia, lunga 2727 metri e l’altra di Pian di Casale fra Riola e Porretta.
Questa linea è stata elettrificata, e l’inaugurazione è avvenuta nell’ottobre del 1927.

da: Le cento città d’Italia illustrate, Valle del Reno Fascicolo 228° 9 Giugno 1928

Vedi anche:
Valle del Reno 1928-1 – Il conte Cesare Mattei e il castello della Rocchetta
Valle del Reno 1928-2 – Vergato in una cronaca del 1928
Valle del Reno 1928-3 – La Valle del Reno (in questa puntata)

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