Paolo Rossi – I contadini del conte della Chiusa (parte prima)

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(foto 1 e immagine di copertina)

2016/12/01, Vergato – La storia oltre la memoria, spezzoni di vita che ricompongono il nostro passato, dove non arrivano i nonni o i genitori tocca ai figli o ai nipoti trasmettere a chi verrà le esperienze vissute, patrimonio della nostra cultura.

I contadini  del conte della Chiusa   (parte prima)

Circa un mese fa, la redazione di Vergato News 24  mi ha dato modo di raccontare chi  fosse il mio bisnonno materno Bartolomeo, il postino dalla lunga barba di Vergato, vissuto nei primi anni del 1900.

http://vergatonews24.it/2016/10/16/degli-esposti-bartolomeo-berba-il-postino-dalla-lunga-barba-bianca/

Mi ha piacevolmente sorpreso il consenso ricevuto, ed alla  proposta della redazione di tentare di riportare alla luce alcuni frammenti di vita contadina degli anni 40 tratti dalla testimonianza di mio padre Franco, ne ho accolto l’invito.

Mio padre era infatti il figlio minore di un contadino che per circa vent’anni,  con la famiglia e il cognato, coltivò  i terreni  della Chiusa di Vergato, di proprietà del conte Amedeo Nanni Lèvera.

Attraverso le sue testimonianze tenterò quindi di riportare alla luce alcuni frammenti di storia contadina di quel tempo,  intrecciati a ricordi di vita del Conte e della Contessa della Chiusa,  che potranno forse aggiungere nuovi elementi  a quanto di loro già noto e da altri  già raccontato.

Lavorare per vivere, sfollare per sopravvivere, tornare a casa per rinascere 

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Foto 2

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Foto 3

Essere agricoltori mezzadri e coltivare terreni più vicini al paese per conto di una famiglia nobile, fu un’occasione imperdibile per i miei nonni paterni.
Il fattore “forza lavoro” che a quel tempo una famiglia contadina metteva a disposizione, era un fondamentale elemento di valutazione e di scelta per un proprietario terriero.
Colta l’opportunità di subentrare alla famiglia Zavorri -forse stanca della vita contadina e più propensa a dedicarsi ad altri mestieri e professioni- , nei primissimi anni 40, i miei nonni si trasferirono dunque da Castelnuovo,  alla Chiusa di Vergato. (foto 2 – 3)

La Seconda guerra mondiale era ormai alle porte, ma nessuno immaginava che quel luogo a poche decine di metri dal fiume Reno, sarebbe stato  a breve, teatro di devastazione, disperazione e morte. Un fronte di  guerra denominato  “Linea Gotica” stava proprio avanzando “dentro casa”.

Mio padre racconta:

“Quel giorno avevo visto in lontananza tre grandi aerei. Non volavano ad altissima quota e corsi subito in casa a dirlo a mio  babbo Guglielmo.  Lui aveva fatto la Prima Guerra Mondiale, e senza pensarci un attimo, ancor prima che virassero all’altezza della Madonna del Bosco per tornare indietro a scatenare il finimondo, radunò tutti facendoci immediatamente nascondere dentro ad un grande tubo di scarico delle acque piovane che attraversava sottoterra la strada principale che portava a Vergato e Bologna.

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Foto 4

Avevo paura…… quelle esplosioni erano devastanti. Le bombe lanciate e cadute anche a qualche kilometro da noi scuotevano il terreno.  (foto 4)
Dentro a quel tubo era buio e ci stringevamo l’uno all’altro come non mai.
Era il 27 Novembre del 1943,  il giorno del primo bombardamento di Vergato.
Da lì a pochi giorni sfollammo, prima alla “Canova” –a monte della Chiusa- e successivamente in “Orelia” dove riuscimmo a portare con noi due vacche, la Grigiona e la Bionda.

Tornammo alla Chiusa dopo la liberazione, quando quel fronte di guerra si dissolse”.
Il momento del ritorno a casa è sempre stato raccontato da mio padre attraverso quattro  nitidi ricordi:
I capelli ed i corpi straziati che affioravano da una fossa nel terreno…proprio  davanti
casa……
Il bellissimo ponte ferroviario tutto di ferro che attraversava il fiume e che non c’era più……

La montagna di “saponette” di tritolo ammassate a cinque metri  dalla chiesina privata del
conte…..
Le tavolette di cioccolato che un soldato di colore gli aveva regalato.
aggiunge:

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Foto 5

“Avevo otto-nove anni ed ero un bambino con tanta voglia di giocare…… ma la priorità era lavorare per rinascere”.  (foto 5)

Il  conte Amedeo Nanni Lèvera  alla Chiusa

Mentre la vita contadina dei mie nonni riprendeva e nella stalla si aggiungeva una nuova vacca, “la Bianchina”, ed il bue, “Gildo”,  si venne a sapere che le due sorelle del Conte erano morte durante la guerra.     A seguito di questo drammatico evento il conte Amedeo Nanni Lèvera beneficiò dell’intera eredità famigliare.

A fine anni 40 il conte dirigeva una fabbrica tessile a Cento di Ferrara, e nel momento in cui si rese necessario sostituire i telai con altri nuovi e più efficienti pensò di acquistare e trasferire le vecchie attrezzature nella sua proprietà della Chiusa a Vergato per avviare una piccola fabbrica di tessuti.
http://vergatonews24.it/2015/07/29/conti-contesse-e-operaie-alla-chiusa-di-cavacchio/
Per alimentare i macchinari fu necessario collegarsi ad una cabina elettrica situata in località Serrini, ovvero oltre il fiume.  I cavi, sospesi tramite grandi pali in legno e tesi da “tiranti”, poterono così essere fatti attraversare sul fiume Reno,  ridiscendere nuovamente a terra e, passando dal piccolo sottopasso ferroviario (ancora oggi presente), giungere all’abitazione del conte, alla nuova piccola fabbrica ed alla dimora dei miei nonni.
Per la gestione della tenuta della Chiusa il Conte si affidava a collaboratori di primordine.
C’era il fattore,  la governante, il custode ed appunto i contadini dei suoi terreni, dai quali riceveva la congrua e pattuita percentuale del ricavato ottenuto dai raccolti, dalla produzione di latte, formaggio e quant’altro.
I miei nonni e tutta la famiglia contadina  si rapportavano solo ed esclusivamente con il fattore, che era a tutti gli effetti il loro punto di riferimento.

Mio padre racconta:

“ Il signor Conte lo vedevamo di tanto in tanto,  più che altro in lontananza. Rarissimo che passasse dal cortile dove vivevamo, e comunque non è mai entrato in casa da noi.
Spesso lo si vedeva in abito bianco e cappello  mentre si recava a Vergato con la signora Contessa.
Lo vedevamo anche quando nella chiesina di proprietà veniva celebrata  la Santa Messa.
Don Angelo e la perpetua arrivavano da Liserna con una jeep americana. Sì, proprio quella con la stella bianca sul cofano. La guidava il parroco…..era la sua auto, o almeno così dicevano…..
Il Conte e la Contessa entravano in chiesa utilizzando una porticina laterale ad  esclusivo  loro  passaggio che li conduceva direttamente a due posti a sedere riservati ed appartati.
Gli altri entravano tutti dal portone principale.

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Foto 6

Ricordo anche che un giorno ci fu un evento religioso importante, mi pare che portarono la Madonna di San Luca a Liserna, ed il Conte per l’occasione, come simbolo di benvenuto, fece costruire a sue spese un grande arco illuminato ed installò tante altre luminarie per un lungo tratto di strada. Fu una bellissima processione.  (foto 6)

Anche la mia mamma per l’occasione fece un bellissimo lanternino in legno e lo appese alla finestra.
Il fatto di essere un bambino di 11 o 12 anni e che lavorava tanto non spegneva di certo la curiosità su tutto ciò che mi circondava. Questo naturale istinto, mi portò  un giorno ad “avvicinarmi” al Conte più del dovuto.
Non ricordo cosa accadde, ricordo solo che da quel momento ebbi un incarico eccezionale e gratificante.  Un giorno alla settimana –non rammento quale- dovevo recarmi alla macelleria Nanni di Vergato, davanti al Palazzo Comunale, per farmi dare la “fiorentina” per il Conte e consegnargliela a casa.  Sapevo che se la mangiava tutta lui, che era un amante della buona cucina e che frequentava spesso “ il Diana” di Bologna.

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Foto 7

Già “il”  Diana……, non “la” Diana di Bologna.  Ricordo che le prime volte, avendo maliziosamente frainteso, accennai qualcosa in casa e mi beccai un calcione nel sedere da mio padre. Poi mi spiegarono e capii che si trattava di un ristorante. Il miglior ristorante di Bologna  situato in Via Indipendenza.  (foto 7)

 

 

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Foto 8

A fine mese, quando il Conte si recava alla macelleria per saldare il conto, mi faceva chiamare dal fattore e sorridendo mi allungava 50 lire con le sue mani.  (foto 8)
Tra me e me pensavo…”mica male”… e se anche la Signora Contessa avesse bisogno di qualche commissione….?  Dovevo fare in modo di incontrarla….”

Continua…

Paolo Rossi

Immagini di proprietà  famiglia Rossi –  n. 2-3-5-6
Le restanti immagini sono state selezionate dalla rete.      

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