2 febbraio …la Canderola

2021/02/02, Vergato – 2 febbraio …la Canderola

Non so se a casa vostra usa ancora appendere, di solito in cucina, il calendario di carta, considerato che ormai la maggior parte della gente per sapere data e giorno consulta orologi, smart-phone, pc e altri supporti digitali.

A casa mia lo faccio ancora, anzi vi dirò di più, dal momento che mi arriva quello di Frate Indovino, quello del Gruppo Autotrasporti Bolognese tutto scritto in dialetto e, con i regali di Natale,  quello dell’Erbolario li appendo tutti uno sopra all’altro, perché sono divertenti da leggere, perché ho ancora l’abitudine, come si faceva una volta, di annotare sul calendario appuntamenti, scadenze e memorandum vari oltre alla necessità di  conoscere la fase lunare della settimana per decidere se andare a funghi, iniziare vari lavori di giardinaggio o preparare conserve e marmellate, come tutti sanno per il successo di  certe attività ci vuole la “luna buona”.

Perciò una delle abitudini che ho appena alzata è quella di dare un’occhiata al calendario, mentre sorseggio il primo caffè della giornata.

Stamattina, sotto alla data del 2 febbraio, ho letto anche la ricorrenza religiosa: “Presentazione di Nostro Signore”  ed ho pensato subito “…è il giorno della Candelora”.

Ma perché si chiama Candelora?

Dovete sapere che dopo quaranta giorni dalla sua nascita, come prevedeva la legge ebraica per i primogeniti, Gesù Bambino venne portato al Tempio per il rito della presentazione e la sua mamma, Maria, per la purificazione post-parto. In quella occasione un vecchio che stava fuori dal tempio, Simeone, appena lo vide riconobbe in lui il Messia e disse: “I miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele”.

Il 2 di febbraio perciò è diventata una  ricorrenza cristiana chiamata Candelora perché in questo giorno si benedicono e vengono distribuite ai fedeli candele per la difesa contro le diverse calamità. La candela accesa simboleggia appunto  Gesù Cristo  “luce per illuminare le genti”.

Una volta quando l’unico addobbo del Natale era costituito dal Presepe, questo veniva smontato proprio il 2 di febbraio perché è la festa della Candelora che pone fine al periodo del Natale in senso religioso. Solo più tardi, quando si è aggiunto l’albero e tutti gli altri addobbi, la data di sgombero di tutte le decorazioni, compreso il Presepe,  è diventata il 7 di gennaio subito dopo l’Epifania, forse perché con la ripresa delle attività lavorative e scolastiche sentiamo la necessità di rimettere tutto a posto decretando così la fine del periodo natalizio, quello laico ovviamente.

Le candele poi che sono state benedette il 2 di febbraio sono utilizzate il giorno dopo, festa di San Biagio, per la benedizione della gola. Infatti Biagio è il Santo che è stato eletto quale protettore della gola perché si dice che miracolò un bambino che stava per soffocare a causa di una lisca di pesce che gli si era conficcata in gola. Da bambina tutti gli anni per San Biagio andavo in Chiesa e in fila aspettavo che il Parroco mi posasse sul collo due candele incrociate e recitasse la benedizione propiziatoria ed in cuor mio ero assolutamente fiduciosa che avrei avuto meno tonsilliti e di conseguenza meno iniezioni di penicillina.

Già prima dell’avvento del Cristianesimo in questo periodo dell’anno, presumo per l’allungarsi delle giornate, esistevano feste pagane dedicate alla luce celebrate in forme diverse sia in Oriente che in Europa. Il primo febbraio nella tradizione celtica si festeggia la Festa di Imbolc, la festa della luce e della purificazione che celebra il risveglio della Natura. Come per altre ricorrenze pagane poi anche queste sono state assorbite dal Cristianesimo e fatte coincidere con ricorrenze di tipo religioso, quale appunto la Candelora.

Nella tradizione popolare anche il 2 di febbraio, come per i Giorni della Merla, è stato identificato come giornata di attenta osservazione del clima per la predizione meteorologica dell’andamento del tempo e della residua durata del periodo invernale.

A quei tempi non c’erano tanti satelliti, meteorologi, calcoli di isobare e pressioni in grado di fare capire come sarebbe stato il tempo, però l’attenta osservazione di piccoli particolari, il tramandare del ripetersi degli avvenimenti avevano fatto in modo di acquisire un patrimonio di conoscenze stigmatizzate in saggi proverbi.

Mio suocero Gino, come ho già ricordato,  era un serbatoio di proverbi e in questo giorno, andava fuori in terrazza, guardava in su e diceva: “Al dé dl’Inzariôla, o ch’al naiva o ch’al piôva dal’invêren a sän fòra, mo s’ai é al suladèl a in arän anc pr un msarèl“ e poi a seconda di come era il tempo, rientrava in casa  e sentenziava “Porca mastela!  Stamattena ai é al såul, te voja ‘d bruser dla legna” oppure sfregandosi le mani “Benéssum, lâsa cal piôv che Dio la manda al dé d’incû, che la Primavera l’è què cl’ariva”.

Considerando però che nelle Marche, paese d’origine di mio padre, il proverbio è: ” Candelora, de l’invernu semu fora; ma se piôe u tira vendu, de l’invernu semu drendu” e quindi pronostica esattamente il contrario di quello bolognese, avanzo qualche perplessità sulla certezza assoluta di tali previsioni.

A dire il vero il proverbio bolognese è però confermato da un antico detto riportato anche  dall’Accademia della Crusca che recita:

«Delle cere la giornata

ti dimostra la vernata,

se vedrai pioggia minuta

la vernata fia compiuta,

ma se vedi sole chiaro

marzo fia come gennaro”

Questa mattina splende nel cielo un bel sole, forse a questo punto è meglio però affidarsi, visto l’avanzare del progresso, alle previsioni dello Studio Meteorologico dell’Aereonautica o di ARPAE, anche se personalmente, per i pronostici sul tempo a lungo termine, mi ha sempre affascinato l’Almanacco di Barbanera, ma, come avrete capito, anche se non sono completamente decrepita, sento di appartenere ormai ad  un’altra epoca.

Rita Ciampichetti

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