Luciano Marchi Nwl n° 136 – Un racconto di Frank: Lo stesso cielo

2022/12/09, Porretta Terme -Luciano Marchi Nwl n° 136 – Un racconto di Frank: Lo stesso cielo

Frank era entrato all’improvviso, pareva uscito dal nulla. Il viso era torvo, come accadeva raramente.

«Ciao Frank, è tanto che non ti fai vedere. Come stai?», chiese Luciano.

L’altro, incurante della domanda, iniziò a raccontare:

«Ho appena finito di parlare con un signore tedesco, tale Wilhelm. Era venuto qui da noi per conoscere i posti dove aveva combattuto suo fratello Hans, morto in Germania sotto un bombardamento. Mi ha raccontato una storia, consegnandomi anche una lettera. Volevo parlartene».

Luciano non rispose. Frank prese una sedia, si accomodò e inizio a raccontare.

Lei aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri, la prima persona che era riuscito a vedere; per il resto non ricordava nulla: la guerra, le bombe, il suo tempo lì in un posto sconosciuto. Ogni tanto la mente gli suggeriva qualche immagine giovanile: senza suoni, né profumi; quasi delle fotografie messe lì da qualcuno, per aiutarlo.

«Buongiorno Hans, come va oggi?». A parlare era Magdalene, infermiera dell’ospedale militare di Bad Aibling, in Germania.

«Non riesco a muovermi, come fossi legato», aveva risposto.

«Lo credo bene», disse Magdalene, «Sei tutto fasciato, senza niente di rotto però; ti è andata bene».

Hans credeva di capire, voleva farlo; intanto si guardava attorno, col solo aiuto degli occhi. Due finestroni alti impegnavano la parete di fronte a lui e illuminavano tutta la stanza con una luce bianca. Ai lati avrebbero dovuto esservi altri due letti, ma riusciva solo a immaginarli, visto che non poteva guardare così in basso. Nell’ambiente regnava il silenzio, senza un lamento. Gli avevano detto di trovarsi in ospedale, ma al momento non riusciva a comprenderne il motivo. Le uniche certezza erano il volto di Magdalene e quel carrello che ogni tanto percorreva lo stanzone spinto da un inserviente. Per mangiare qualcuno lo imboccava, ma non sapeva chi fosse.

«Oggi togliamo qualche benda, così il medico potrà controllare le tue ustioni», aveva detto Magdalene. Lui non rispose, continuava a guardarsi intorno con la curiosità di chi è spaesato, nel tentativo di scorgere un dettaglio per iniziare a capire.

«Caro Hans, andiamo meglio, molto», disse il dottore. Lui lo guardò con fare sospetto, quasi fosse un intruso. Magdalene se ne accorse e incrociò lo sguardo del medico con un’espressione sconfortata, e l’altro ne comprese il senso: «Certi traumi possono creare vuoti della memoria anche importanti, ma alle volte qualcosa si può recuperare, se non addirittura tutto». Rimasta sola di fianco al letto, Magdalene continuava a guardare Hans con affetto.

«Bombardano la città!», disse qualcuno. Hans si era svegliato di soprassalto. I boati delle bombe echeggiavano lontani, come dei tuoni; ma se ne scorgevano i bagliori attraverso i finestroni. Delle volte, per un attimo, s’illuminava lo stanzone, se pure con una luce debole. Di fianco a lui era seduta Magdalene. Gli poggiava la mano sul braccio. Guardava fuori, preoccupata.

Adesso ricordava: la trincea, il bunker.

«Ci stanno attaccando, sono tanti!», urlò qualcuno. Lui non sapeva cosa fare. Prese il fucile e cercò l’uscita dal rifugio, poi subito dopo un vento forte lo investì tutto; il boato, assordante, fece appena in tempo a percepirlo. Lo sguardo diventò nero.

«Adesso ricordo», urlo Hans: «Il bunker sembrava inespugnabile, invece …».

«Invece cosa?», domandò Magdalene.

«Vidi la bomba ruzzolare per terra, poi più nulla».

La donna continuò a tenerle la mano sul braccio, poi cercò quella di Hans. I due intrecciarono le dita in un gesto consapevole. Si guardavano senza più pensare ai boati o alla luce che illuminava il finestrone.

La salute di Hans migliorava con i giorni. Il suo sguardo era più consapevole e Magdalene ne era contenta; solo la memoria vacillava, richiamata unicamente dai bombardamenti, ormai più frequenti e vicini.

Un giorno chiese della carta da lettere e si mise a scrivere. Lo fece con impegno, fermandosi di tanto in tanto, per pensare. Guardava i grandi finestroni con una curiosità rinnovata, quasi a cercare uno spunto. Col braccio destro disteso sul letto e la lettera stretta tra le dita, rimaneva immobile come una statua, salvo cambiare l’espressione del viso: ora serena, in altri istanti turbata. Poi riprendeva carta e penna.

Magdalene era incuriosita da quei fogli, finché un giorno ebbe il coraggio di chiederlo.

«Hans, cos’hai scritto?».

«Una lettera a mio fratello Wilhelm, è tanto che non lo vedo», fu la risposta. «Ricordo tante cose, adesso; anche per merito tuo».

«Leggimela», suggerì Maddalene con entusiasmo.

Lui la guardò intensamente, poi senza rispondere iniziò a leggere.

Caro Wilhelm,

credo di aver ucciso un uomo. Non ne sono certo, ma l’ho visto cadere dentro la trincea dalla quale si era affacciato. Non riesco a trovare pace, anche perché quello è l’unico colpo che ho sparato. Come ho potuto essere arbitro di una vita? Unicamente per sopravvivere? La notte prego spesso per lui, sperando che sia riuscito a salvarsi. Ai tempi, guardavo in alto e mi accorgevo che il cielo era lo stesso, stellato come non mai. A Vergato, in Italia, si viveva una bella atmosfera ed era difficile credere che potesse esservi la guerra.

Prega per me, Wilhelm; e anche per quel soldato americano al quale ho sparato.

Portati in salvo, un abbraccio.

Hans.

Magdalene guardò Hans con gli occhi lucidi, senza pronunciare una parola. Lui ne fu quasi soddisfatto, perché qualcuno aveva compreso i suoi sentimenti. I due intrecciarono le dita delle mani, come facevano spesso. Non si erano ancora abbracciati, se non solo con gli occhi.

Il bombardamento quella notte fu molto vicino. Si sentiva distintamente il rumore dei motori degli aeroplani, a bassa quota. Si ruppero le vetrate dei finestroni e l’ospedale parve sgretolarsi come fosse di carta. Cadde prima della polvere, poi il tetto collassò in un boato. Alla fine, nel silenzio, rimase un accumulo di macerie.

Con le luci dell’alba, in tanti si misero a scavare tra i mattoni, cercando una vita o solo la speranza. Ne uscirono cose, oggetti, libri, lenzuola, letti. Poi, sotto una trave, comparvero Magdalene e Hans. Erano abbracciati.

Sotto lo stesso cielo, il loro.

Nota

Bad Aibling è una città tedesca situata in Baviera sul fiume Mangfall, a 40 km a sud di Monaco. Là vi era un ospedale militare, che ospitò anche dei pazienti italiani.

Nella città oggi vivono approssimativamente 18.000 abitanti e copre un’area di 41,55 km². Si trova a 498 metri sul livello del mare. Bad Aibling è gemellata con Cavaion Veronese (Italia), dal 2006. (Fonte: Wikipedia)

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