Rino Nanni – 1944: “La guerra disperde la famiglia” Edgardo Ferrari intervista i fratelli parte 2°

2023/01/18, Vergato – Lo sfollamento, l’Ospedale portato a Roffeno, Tolè e il lavoro con i tedeschi, poi il fratello Franco ferito, Rina Marchi (ritrovata la foto) che lo cura… tutto in questa puntata!

Dopo la parte dell’introduzione al libro/bozza di Rino Nanni, ecco il primo capitolo con un’interessante cronaca del periodo di guerra, ricordiamo che Rino è nato nel 1928 di conseguenza a quel tempo aveva 16 anni.

ESPERIENZE E RICORDI DEL PASSATO Aprile 1945 – Ottobre 1981 – Il libro /bozza dell’on. Rino Nanni già sindaco di Vergato nel 1951.

La seconda parte dell’intervista di Edgardo Ferrari ai fratelli Nanni – Il video in versione Facebook che anticipa le pagine che andremo a leggere nelle prossime uscite

Lo stesso videointervista in versione YouYube

1944: LA GUERRA DISPERDE LA FAMIGLIA (3)
Per la nostra famiglia il giorno della liberazione non fu lo stesso per tutti. Eravamo stati disseminati a cominciare dalla primavera del 1944. Col bando di chiamata alle armi della classe 1926, emesso dalla Repubblica Sociale Italiana (meglio nota come Repubblica di Salò, costituita da Mussolini appena liberato dai tedeschi dal suo esilio sul Gran Sasso, in Abruzzo), e firmato dal Ministro della Difesa Maresciallo Graziani, il fratello maggiore Renato, prese la via della montagna, entrando nella divisione garibaldina operante sullo Appennino modenese, con centro in quella che fu per alcuni mesi la “libera Repubblica di Montefiorino” al comando del “generale” Armando, che sarà poi e per lungo tempo Sindaco di Pavullo.
Di Renato avemmo scarse e sporadiche notizie fino alla Liberazione. Per tutti egli era stato chiamato alle armi, inviato al fronte senza che sapessimo dove, in quanto non funzionava più neppure il codice di “Posta militare” costituito da una serie di numeri, senza indicazioni di località, che solo gli uffici e i comandi conoscevano.

Ricordo una sua visita a casa, durante una notte dell’estate ’44.
Si fermò poche ore, anche perché il Casone di sopra, dove abitavamo, era luogo pericoloso per il forte movimento di persone, per l’uso che spesso ne facevano i tedeschi come tappa dei loro spostamenti e soprattutto perché il proprietario, il grande invalido della guerra 1915-18 Alfonso Guccini, (aveva ambedue le gambe amputate) era amico dei fascisti, aveva ricoperto la carica di Podestà di Gaggio Montano e proprio nel corso di quei mesi aveva fatto catturare due piloti inglesi lanciatisi col paracedute dopo che l’aereo era stato colpito.
Una seconda volta lo incontrai a Finocchia, oltre Razola, ove i partigiani spesso sostavano durante i loro spostamenti: luoghi che frequentavo regolarmente e in continuità, sia perché a Bago tenevamo del bestiame per sottrarlo ai tedeschi, sia perché ero ormai in contatto con Quadri Antonio a cui spesso consegnavo materiale di vario genere e conoscevo molti dei partigiani della zona.


Renato passò poi il fonte nell’inverno del 44, con una tragica attraversata del Reno in piena, durante la quale tre partigiani morirono, e si sistemò a Monzone di Monte Cavalloro presso i nonni materni. Ma questo noi lo sapemmo solo alla Liberazione.
All’inizio dell’autunno l’altro fratello, rispetto a me più giovane, in quanto nato nel 1933, Franco, di 11 anni fu colpito da una scheggia di granata che esplose sul davanzale del vano scale al 1* piano provocandogli una grossa ferita ad una gamba.
Dovemmo operare una sommaria medicazione, in cui si prodigò soprattutto una sfollata ospitata con la famiglia al Casone: Rina Marchi, un membro dei numerosi fratelli Marchi, in genere commercianti, che dopo la liberazione e per qualche tempo saranno i Dirigenti DC di Vergato, emarginati poi durante gli scontri più aspri degli anni difficili della guerra fredda, perché non furono mai dei faziosi, ma sempre coerenti al loro spirito di ferventi cattolici praticanti.

Foto fam. Marchi – Rina Marchi a sinistra con una parente, la mamma, la sorella Olga e il fratellino Riccardo – Casetta di Calvenzano 1935.

Attrezzammo poi una scala di legno a pioli (la classica scala che usano i contadini) ricavandone una rudimentale barella che io stesso, nostro padre e Valerio Venturi, figlio della “Giannina” di cui parlerò ancora, portammo a spalla, lungo il Vergatello fino a Rocca di Roffeno, ove era stato portato l’Ospedale di Vergato. Ricordo benissimo quel viaggio, non solo perché fu estremamente faticoso, ma anche perché ci trovammo durante il percorso, più volte, sotto veri e propri scrosci di cannonate, da cui ci riparavamo alla meglio dietro alberi o rocce. All’Ospedale il primo giudizio dei medici fu quello di amputare la gamba. C’erano carenze di attrezzature, oltre che di locali, di medicinali: bende ed altro. Alle raccomandazioni di mio padre, i medici promisero di fare il possibile per non amputare. Io e Valerio tornammo durante la notte nonostante il coprifuoco (del resto giravamo spesso di notte), mentre il babbo rimase fino al giorno dopo per seguire i primi, interventi. Franco ebbe salva la gamba, grazie ad una serie di interventi, che si svolsero nell’arco di vari mesi, ma anche con lui perdemmo i contatti quando l’Ospedale da Roffeno fu trasferito a Bologna, presso il Collegio S.Luigi. Ciò avvenne verso la fine dell’inverno 1944 e noi lo sapemmo solo perché la mamma che ogni tanto si recava a Roffeno, trovò improvvisamente i locali vuoti. Non avemmo più notizie finché giunto il giorno della liberazione avviammo le ricerche in città. Franco fu però dimesso dall’Ospedale in maggio e fu l’ultimo a ricongiungersi alla famiglia.

Castelnuovo – Guerra

Alla fine del novembre 1944, dopo l’eccidio di Marzabotto, il fronte si fermò per lasciare passare l’inverno. Gli Americani si attestarono sulla sponda destra del Reno e lo oltrepassarono solo fino alla zona di Riola. Vergato e i suoi dintorni divennero “terra di nessuno” e i tedeschi, già in fuga, si attestarono sulle colline che sovrastano la valle: dal crinale di Castel Nuovo, a Susano e giù verso la Porrettana, per ripassare il fiume prima di Marzabotto.
Fu così che decretarono lo spostamento della popolazione civile più a nord e lo attuarono, sotto il loro controllo, facendoci partire di notte con quello che avevamo addosso e al massimo qualche fagotto sottobraccio.

Castelnuovo_Guerra

– 4 –
Lo stesso Guccini, che era loro tanto amico, e che come grande invalido viaggiava con cavallo e calesse, fu intruppato e alla fine del viaggio gli sequestrarono il cavallo. Facemmo la prima tappa nella chiesa di Cereglio e proseguimmo fino a Tolè. A Tolè gli uomini furono messi da una parte e agli altri fu detto di arrangiarsi
Io fui considerato un uomo, nonostante i miei sedici anni e una statura piuttosto bassa (sono cresciuto in seguito) e quindi inserito fra i prigionieri. Riuscii però a fare uscire dal gruppo mio padre che raggiunse gli altri della famiglia e trovarono ospitalità in una casa contadina nei pressi di S. Prospero, ove rimasero qualche mese. In quei mesi la nonna paterna Caterina (Catireina) fu colpita da trombosi e rimase notevolmente paralizzata. Riuscimmo a portarla su un barroccio fino a Bologna, ove fu ricoverata in Ospedale e vi morì, senza che ne sapessimo nulla fino a liberazione avvenuta. Di lei abbiamo poi trovato il luogo di sepoltura in Certosa dopo un lungo peregrinare.

Tolè_Guerra


Poco dopo il ricovero della nonna, mio padre fu colpito da un’ernia che doveva essere operata d’urgenza. Anche, lui fu portato su un carretto all’Ospedale di Bazzano, da dove venne dimesso nel marzo ’45. Nella casa di S.Prospero erano così rimasti mio madre e Alfonsino,
Il più piccolo, che aveva poco più di due anni e vivevano con quei pochi soldi che i tedeschi davano a noi in cambio del lavoro prestato, circa 500 lire al mese. Mia madre poi faceva una vita da cani, viaggiando sempre a piedi, spesso con Alfonsino sulle spalle, prima per andare a Roffeno per trovare Franco, poi a Bazzano dove era ricoverato mio padre e sempre sotto i bombardamenti e cannonneggiamenti che in quella zona non cessarono mai.

Tolè_Guerra


Fu così che nel marzo del 45 mia madre e Fonsino si spostarono a S.Lorenzo in Collina (Monte S.Pietro) ove si recò anche mio padre quando fu dimesso dall’Ospedale.
La mia sorte non fu molto diversa. A Tolé fummo smistati in squadre e sistemati in portici e fienili, per essere impegnati nei lavori necessari ai tedeschi, guardati giorno e notte da soldati armati, nutriti con immangiabile brodaglia e come ho detto, pagati con 500 lire al mese che regolarmente passavo alla famiglia.

A me toccò una squadra di amici e compagni quasi tutti conosciuti: Dante Guernelli, Nino Pasqualot, Cichela, Alberto della Tabina e altri, in tutto una ventina e fummo alloggiati ai Basettini, una casa colonica posta sul Torrente Ghiaia, oltre Tolé e giù verso Savigno. venivamo impiegati in lavori di manutenzione della strada da Tolé a Monte Pastore, nello scavo di trincee e di rifugi anti-aerei. In verità non ci trattavano molto male, se non per il vitto, la lunga giornata di lavoro col freddo e la pioggia e i continui rischi delle cannonate e dei bombardamenti e mitragliamenti aerei. Maltrattamenti veri e propri non ce ne furono. Nemmeno quando, partita dagli alleati l’offensiva di aprile, cominciò la ritirata e fummo obbligati a seguirli facendo una prima tappa a Castelletto di Serravalle, da dove fuggimmo e fummo ripresi. Il giorno dopo si compì la seconda tappa, fino ad un casolare oltre Calcara da cui ritentammo con successo la fuga e ci nascondemmo per la notte in una stalla ospitati dal contadino. Fui dunque l’ultimo a perdere il contatto con i genitori, perché fino al marzo, dai Bazzettini potevo spesso raggiungere i miei, anche se per pochi attimi. Da quella data sapevo solo che dovevano trovarsi presso i parenti Lolli, a S. Lorenzo di Monte S.Pietro.
Questa fu l’odissea della nostra famiglia dal ’44 alla Liberazione.
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Renato partigiano, Franco ricoverato, la nonna Caterina pure, io al lavoro con i tedeschi come prigioniero, il babbo all’Ospedale di Bazzano, la mamma rimasta sola con Fonsino prima a S. Prospero, poi a S. Lorenzo in Collina.

Nella prossima puntata; GLI ANNI DI GUERRA

Guarda gli articoli precedenti; https://vergatonews24.it//?s=rino+Nanni

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