Domenico Pedrini “il vecchio” da Tavernola

2020/03/02, Vergato – Altri tempi? La visita del prof. Vittorio Sgarbi a Vergato ha rinverdito la memoria e posto l’attenzione non solo sulle opere collocate nella chiesa parrocchiale vergatese ma anche su quelle poste nei dintorni o sui pittori di provenienza locale. Sempre dubbiosa la nascita di Guido Reni ma certa quella di Domenico Pedrini (il vecchio).

Ebbene si! Acora lui il professore in anticipo di vent’anni (1997) sugli eventi di questi giorni; Dario Mingarelli che ne aveva evidenziato l’importanza di valorizzare il pittore nato a Stanco, nel Comune di Tavernola Reno.

Vero o falso? Ecco i documenti che lo testimoniano;

Fra i più accurati inventari della chiesa di Tavernola, vi è quello redatto nel 1827 da don Bartolomeo Corti e dai membri dell’Amministrazione parrocchiale. Il documento elenca fra le pitture “una piccola tavoletta dipinta dal Pedrini il vecchio, che ebbe i natali in questa Parrocchia, rappresentante il Battesimo di Cristo, e collocata sopra il Battistero”. L’opera in questione compare ancora nell’inventario del 1837 con la stessa attribuzione; l’inventario del 1894 la indica nello stesso luogo, ma la definisce un quadretto “di poco colore, e meno pregio”1. Non possiamo entrare nel merito, perché il dipinto è perduto (non va confuso con il tondo del paliotto dell’altare maggiore, che nel 1894 è citato insieme con l’opera del Pedrini, ma che, soprattutto, raffigura la Predicazione del Battista, e non il Battesimo).
Ma se l’opera non è più reperibile, il riferimento al suo autore ci è prezioso, perché ci consente di stabilire che il pittore Domenico Pedrini (“il Vecchio”, dice don Corti, per distinguerlo dal figlio Filippo, anch’egli pittore, vivente ed attivissimo nell’anno di stesura dell’inventario) è una gloria di Tavernola. Di lui, sinora, si ignoravano sia la provenienza sia la data di nascita, che era comunemente collocata nel 1728 (2).

• Di lui scrisse il contemporaneo Marcello Oretti (3): “Domenico Pedrini. Pittore figurista Bolognese. Fiorì nel 1760. Egli è sempre stato inclinato alla Pittura. Domenico Pedrini, quantunque egli attendesse all’Aritmetica né suoi primi Anni nella qual Professione era riuscito bravissimo, mà per assecondare il suo genio procurò di incamminarsi nella Pittura con li insegnamenti di Giuseppe Pedretti, sotto la quale direzione dipingeva opera lodevoli, ma vago di cambiare Maestro passò nella scuola di Ercole Leli (4), è in quella vi si trattenne qualche poco, mà perché cercava il colorito fece studi di imitare li Gandolfi con quali strinse una amicizia che ancora continua, è molto le giova nelle sue operazioni, si esercita ancora nel modellare figure di creta è riescono molto belli, mà il maggiore studio è nel dipingere su un certo gusto che partecipa di maniere di altre scuole, è singolarmente della Veneta per esser stato in què paesi, è singolarmente à Verona, tentò la sorte nella Città di Trento dove si trattenne qualche tempo, si restituì in Patria dove dipinge opere di laudabile mediocrità è cerca sempre più maniera dà perfecionarsi mediante studi continui, con nuove ricerche di pensieri assai eruditi, sperando di vedere altre sue laudabili operazioni. Vive godendo la buona Protezione, del Signor Marchese Costanzo Zambeccari che lo tiene nel suo nobile Pallazzo è nel nobile Appartamento che li serve di stanza dove dipinse nel quartiere nobile è riuscito buon cognitore della maniera delli antichi maestri per la quale abilità viene continuamente chiamato per Giudice stimatore delle Pitture nelli stati che si formano per le mancanze dei suoi possessori”.

Più o meno le stesse cose dice di lui il conte Baldassarre Carrati (5), il quale però annota che il pittore “ebbe il principio da Vittorio Bigari”; che “operò sempre però a olio”; che “resosi caggionevole di petto, dovette per questo soccombere li 23 Aprile 1800 d’anni 72 circa”; e che “neppure di questo trovasi la di lui nascita”.
Pittore dunque, Domenico Pedrini, e vedremo poi se soltanto “di laudabile mediocrità” come diceva l’Oretti, o se di maggiore levatura. E perito d’arte, specie per inventari testamentari. Di questa sua attività vi sono numerose testimonianze: lo stesso Oretti (6) trascrive una “Nota de quadri, disegni, carte della Casa Gamma primo abozzo fatto col signor Domenico Pedrini”. La stima del patrimonio artistico del defunto Giuseppe Gamma, alfiere della Guardia Svizzera, è stata fatta nel 1773 dallo stesso Oretti, che si è avvalso del Pedrini come collaboratore assai qualificato anche per l’essere Accademico dementino, così come per un inventario del 1768 s’era avvalso del settantaseienne Bigari. Nel suo testamento (6 settembre 1788) il marchese Giacomo Zambeccari vuole che la Galleria delle Pitture (ma vi sono anche grafica, scultura ed arredo) del suo Palazzo da S. Paolo

“rimanga unita a maggior decoro della nostra Famiglia, e della Città, e a vantaggio, e diletto de’ studenti, ed intendenti delle belle Arti”7; e subordina ogni modifica alla visita di due Accademici Clementini “da eleggersi ogn’Anno dall’Accademia per ricognizione di una visita (…) E siccome il Sig. Domenico Pedrini Accademico dementino Figurista è molto pratico della mia Galleria, così desidero, che il medesimo sia destinato per uno degli Annuali visitatori finché vivrà, e sarà in istato di poter agire”.

Certamente, Pedrini, come diceva l’Oretti, era di casa a Palazzo Zambeccari (l’attuale sede della Banca Popolare di Milano in via de’ Carbonesi 11, a Bologna) sin dai tempi del marchese Costanzo, e vi aveva eseguito – col Lipparini, col Gambarini e col Rambaldi – pregevoli decorazioni, come già, molti decenni prima, la coppia Canuti-Alboresi. Con Angelo Ferri, e con Carlo Liberali per le sculture, Domenico Pedrini provvide quindi alla ricognizione inventariale, e l’inventario fu sottoscritto il dì 11 marzo 1796. Ma, checché abbia scritto l’Oretti (il quale tuttavia si riferisce ad un Pedrini d’età matura ma non certamente anziana), già nel 1761 il pittore abitava, da solo, nel Palazzo dei Malvezzi Leoni nella via di mezzo di S. Martino: quel nobile edificio del secolo XVI, che aveva sotto il portico il prodigioso Presepio affrescato da Nicolò dell’Abate, ed è oggi contrassegnato dal civico numero 31 di via Marsala. Anche i Malvezzi erano buoni amici e protettori del pittore, che abitava perciò a pochi passi dai suoi antichi maestri, il Bigari (8) ed il Lelli.

Materiale d’archivio; Dario Mingarelli e immagine di Alfredo Marchi dalla chiesa di Sasso Molare.

Continua…

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