Racconta la Rita – I miei suoceri, la Rosita e Gino, non speravano di diventare nonni…

2020/03/22, Vergato – Rita Ciampichetti1 h

I nonni

I miei suoceri, la Rosita e Gino, non speravano di diventare nonni. Gli eventi della guerra, il duro periodo della ricostruzione li aveva fatti incontrare e sposare non più giovanissimi. La Rosita ha avuto il suo unico figlio, mio marito, alla veneranda età di 39 anni, normale ai nostri giorni, ma nel 1950 abbastanza inusuale almeno per il primo figlio. Invece i successivi eventi hanno fatto in modo che all’età vicino ai 70 anni diventassero, a distanza di poco, nonni delle mie due bambine: Francesca e Laura.
Vivevamo tutti assieme e, considerato che alla nascita delle mie figlie frequentavo ancora la scuola e che successivamente sono andata a lavorare, le hanno praticamente cresciute loro.
Mentre io e il loro padre eravamo durante il giorno assenti per il lavoro, Francesca e Laura crescevano felici circondate dall’affetto di Gino, della Rosita e della Nonnina, la Maria nonna di mio marito, in una grande casa con un altrettanto grande terrazzo dove potevano giocare tranquillamente senza alcun pericolo.
Francesca, molto più vivace di Laura, fin dai primi anni ha dimostrato un carattere indipendente, curioso, un po’ spericolato, insomma si è capito subito che sarebbe appartenuta alla specie “una ne pensa, cento ne combina”, se voleva qualcosa ce la metteva tutta per ottenerla tanto che Gino scossando la testa diceva sempre “L’è cumpagna ala màza e la bietta”.
Le avevano regalato un bel triciclo rosso con tanto di cassettina rimorchio e con quello faceva infinite pedalate in terrazzo.
Un giorno, dal rientro dal lavoro, non vedendo Gino in casa chiedo a mia suocera dov’è e lei risponde “L’è a maron!” io; “A maron?? Moh i croden ancora in te castagnè??? Li aven beli affugà e adess han da sughères …” la Rosita: “No.. no … l’è a tôr so i maron da la strè e da l’ort!!” . Mi affaccio al terrazzo e vedo Gino chinato a raccogliere i marroni sparpagliati fra la strada e il giardino e capisco al volo cosa poteva essere successo, confermato con riluttanza dalla Rosita.
Quella birichina della Francesca, circa quattro anni, aveva caricato a diverse riprese i marroni stesi in terrazza ad asciugare nel rimorchio del triciclo e si era divertita a scaricarli giù in strada e nel giardino sottostante.
Cosa fa un bravo genitore??? Sgrida la creatura cercando di farle capire che quelle cose lì non sono da fare e minacciando una punizione nel caso si ripeta.
Mentre sto sgridando la Francesca minacciando un castigo dal basso arriva la voce di mio suocero:
“Lâsa stèr ch’la patòza, puvreina , an l’ha brisa fat aposta!!!” “Ah nooooo?”.
Alla sera, mio marito dopo avere ascoltato il racconto: “Se l’avess fat me da cinno, set te la sfilza d’scupazzon propria ben dèe!!!”.
L’affetto reciproco e profondo che ha legato Gino e la Rosita a Francesca e Laura fatto di complicità, indulgenza, protezione e che è stato restituito con infinito amore dalle nipoti nel periodo di lunga malattia che ha preceduto la loro morte, l’ho veramente compreso solo quando, circa tre anni fa, sono diventata a mia volta nonna….. non sperandolo più.
Questo episodio mi è venuto in mente, oggi, in cucina mentre preparavo una torta di mele, asserragliata in casa come tutti voi, con tanto tempo a disposizione per pensare all’attuale situazione.
In questo periodo così difficile che ci accomuna tutti, nessuno escluso, durante il quale ci sorregge solo la speranza che tutto finisca al più presto, l’aspetto che mi ha letteralmente sconvolto sono state le ragioni illustrate dal premier inglese Boris Johnson e dai suoi consiglieri scientifici, per cui essendo la diffusione del contagio ormai inevitabile, molto meglio non fare nulla, raggiungere così un contagio del 60% della popolazione e pertanto l’”immunità di gregge”. E’ evidente che molte famiglie avrebbero dovuto prepararsi a piangere dei «morti fra i loro cari» ed essendo ormai assodato che quelle più anziane sono a rischio, in Gran Bretagna, se andava avanti questa soluzione, ci sarebbe stato un gran sterminio di “ nonni”, ovviamente escluso l’inossidabile Sovrana, la Regina Elisabetta II (God save the Queen).
Per fortuna tale affermazione è stata oggetto di profonde critiche da parte della maggior parte dell’opinione internazionale ed in particolare l’Italia ha sottolineato invece il peso nelle sue scelte dato dal valore attribuito alla famiglia e al rispetto per gli anziani e i soggetti più deboli. E’ stato citato Enea, eroe troiano che porta in salvo sulle spalle il vecchio padre Anchise fuggendo da Troia in fiamme, è stato ricordato l’antico rispetto per i Lari, gli spiriti protettori degli antenati defunti che, secondo le tradizioni romane, vegliavano sul buon andamento della famiglia, della proprietà o delle attività in generale. Per tale ragione, per riuscire a proteggere i più deboli di noi, i nostri genitori anziani, i nostri nonni che stiamo percorrendo la soluzione difficile del contenimento attraverso l’isolamento sopportando tutte le conseguenze psicologiche immediate per la perdita di libertà e quelle future, che saranno inevitabili, di tipo economico e sociale. Ebbene nell’ingresso del mio appartamento, sopra un vecchio comò, ci sono i ritratti incorniciati di Gino e della Rosita e tutte le volte che passo davanti mi guardano felici e sorridenti. Da qualche tempo, pur non sentendomi un’antica matrona romana, non posso fare a meno di pensarli come Lari ed invocare la loro protezione sulla famiglia, comunque sarà suggestione, ma riescono a trasmettermi una certa serenità. Mi sembra di sentirli quando la Rosita raccontava che era sopravvissuta ai bombardamenti della guerra ed era tra i seppelliti dalle macerie nel crollo della casa della Repubblica e Gino infermiere della Croce Rossa nella ritirata di Russia e con le attività di sminamento, vicende vissute di sacrifici inauditi, di fame e di successiva voglia di rinascita dopo avere perso tutto….. se ce l’hanno fatta loro, ce la faremo pure noi, la tempra italiana è la stessa dei nostri padri.

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