Paolo Rossi – I contadini del conte della Chiusa (parte seconda), la contessa “Emma Zorze”
2016/12/01, Vergato – I contadini del conte della Chiusa (parte seconda)
La contessa “Emma Zorze”
Continua il racconto di mio padre :
“ Cosa potevo comprare con quelle 50 lire che il Conte mi dava a fine mese come compenso per andare ogni settimana alla macelleria di Vergato a prendergli la fiorentina ?
Un ingresso al cinema….forse, oppure due liquirizie……..ero contento, ma dovevo tentare di avvicinarmi anche alla Signora Contessa, che a quanto pare oggi ormai nessuno ne ricorda il nome.
Si chiamava , Emma Zorze era una bella signora, magra, vestita sempre benissimo, con corsetti stretti che non so come facesse a respirare, collarino in velluto nero, cappellino, guanti e ombrellino.
Si presentava così in pubblico e agli appuntamenti importanti della vita sociale ed aristocratica.
Quando la intravedevo in giardino e nel suo cortile, era sempre impeccabile pur essendo vestita con abiti più dimessi del solito. Aveva spesso tra le mani un libro che venni poi a sapere essere di giardinaggio.
Forse pochi sanno che la contessa era una grande appassionata di giardinaggio, e amava i roseti al punto di farsene piantare interminabili siepi ai bordi del viale del giardino. (foto 2)
Anche in questo caso, come già con il Conte, feci in modo di farmi scorgere e di attirare un po’ la sua attenzione.
Non mi ricordo come, forse “fingendo” di giocare, da solo, ad alta voce, o forse “beccato” nel spiarla, mi trovai a tu per tu con lei.
Mi fece vedere quel suo libro di giardinaggio e mi chiese di aiutarla a potare le rose.
Mi diceva……..taglia qui, taglia lì, ed io eseguivo. Posso dire che imparai a potare le rose con le indicazioni di una Contessa……
In alcuni giorni diventò per me un’ appuntamento immancabile, tanto che per essere da lei in orario, al mattino riuscivo a ripulire la stalla e a governare le bestie nella metà del tempo che solitamente impiegavo.
Lateralmente alla fontana dei pesci del giardino, la Contessa Emma Zorze aveva fatto scavare dal fattore due grandi e profondi fossati. Un giorno mi chiamò e mi disse che li dovevo riempire con strati di terra, foglie, letame e sabbia.
“Ecco altre 50 lire guadagnate”, pensai.
Quegli spazi di terreno li utilizzò successivamente per piantare gli asparagi che tanto gradiva. Li piantava e raccoglieva addirittura lei. Guai chi si avvicinava alla sua piccola e produttiva piantagione di asparagi.”
Vi sono anche altri ricordi strettamente legati alla famiglia del Conte e della Contessa, come per esempio sulla figlia della coppia, che a quel tempo più che ventenne si recava spesso a salutare i miei nonni.
“ Camminava per i campi e per l’aia, e andava anche nella stalla senza scomporsi per gli odori naturali del letame delle bestie e neppure per tutte quelle mosche che svolazzavano.
Un giorno vidi pure suo marito. Era incuriosito dai miei due cardellini che tenevo rinchiusi in una gabbietta di legno. Mi venne vicino e mi chiese se quei due uccellini fossero i miei. Tirò fuori dal taschino del panciotto una banconota da 100 lire e mi disse:
“se li lasci volare via, questa è tua” !!! Non aveva neppure fatto in tempo a terminare la frase, che i cardellini, secondo me, erano già volati oltre il fiume….!!!
Solo successivamente mi dissero che era un uomo facoltoso ed importante di Venezia, altrimenti avrei “rilanciato” per alzare la posta …. !!! “ (foto 3)
Un ultimo meritevole cenno riguarda i nipotini del Conte e signora, che invitavano la nipote di mio padre (mia cugina Luisa) a giocare nella loro casa.
Mia cugina mi ha riferito che a lei quei due bambini non piacevano poi tanto, e che giocare con loro era una noia tale che piuttosto preferiva andare a mietere il grano di notte, come in tempo di guerra. L’unico motivo per il quale ci andava era perché alle 16.00 la governante serviva la merenda. Una pera e una bella fetta di formaggio a testa.
“ Mia mamma si chiamava Stella mi teneva sempre d’occhio –chissà perché – e ogni volta che mi vedeva avvicinare ai giardini e agli spazi del conte mi sgridava urlando.
Mica raccontavo ai miei genitori che il Conte mi dava 50 lire al mese, così come non dissi a nessuno che pure la Contessa mi dava 50 lire ogni qualvolta terminavo un lavoro per lei.
Per la scomparsa dei miei cardellini poi…….”erano scappati perché avevo chiuso male lo sportellino della gabbietta”.
A dire la verità lo dissi però al fratello di mio padre, si chiamava Giovanni, (indicato dalla freccia bianca in una storica foto di Vergato). (foto 5)
Era un pezzo di pane d’uomo, per me non era solo uno zio, era come un secondo padre, un fratello maggiore, un esempio di vita. Una volta, credo di avergli addirittura regalato 50 lire dal tanto che gli volevo bene.
Lui era addetto agli animali, mio padre alla vigna e al terreno, e mia madre alla preparazione dei formaggi. Le mie sorelle e mia nipote invece si occupavano soprattutto della casa, dei panni, ma al bisogno anche di alcuni lavori nei campi.
Quanti ricordi…….il forno, il pollaio, i campi arati con il bue “Gildo”, quanti ricordi…….gli attrezzi da lavoro, il suono del martello che colpiva il ferro sul battifalce, le feste che si facevano nei giorni di mietitura, l’ospitalità che si dava al calzolaio che si fermava da noi un giorno e una notte e che ci riparava le scarpe, quanti ricordi…….. c’era pure l’arrotino e l’impagliatore, che di tanto in tanto passavano da casa. (foto 6)
Le serate invernali e fredde le trascorrevamo nella stalla. Dentro a quelle quattro mura faceva più caldo. La legna o il carbone per riscaldare casa scarseggiavano e costavano molto. In quel luogo c’era comunque un mondo fatto di semplicità e condivisione vera.
Ci si ritrovava a “veglia” tra famigliari e conoscenti raccontando favole, aneddoti e storie passate che rendevano ogni serata emozionante e unica. “
Tornando infine al conte Amedeo Nanni Lèvera, nei successivi anni fu costretto a vendere i terreni e le case della Chiusa. Nel 1960 i miei nonni si trasferirono a Vergato e divennero mezzadri di un terreno di proprietà Bontà.
La nuova casa colonica era ubicata esattamente dove attualmente sorge la struttura più recente dell’ Ospedale di Vergato. (foto 7)
Sarebbero ancora tanti, tantissimi i ricordi di infanzia ed adolescenza da raccontare, tutti quanti segnati dalla miseria e dalla povertà che una guerra aveva lasciato in eredità ma contraddistinti soprattutto dalla forte reazione di un Paese e di una Comunità che voleva a tutti i costi risollevarsi, ricostruire, rinascere.
* * *
Nel ringraziare mio padre, mia madre e mia cugina che con pazienza hanno fatto sì che si potesse ricostruire meglio possibile i frammenti di vita di quel periodo, un particolare ringraziamento lo devo a Stefania che mi ha aiutato a rivedere e correggere il testo.
Grazie infine alla redazione di Vergato news 24 che da anni svolge un efficiente servizio di informazione per i cittadini, costituendo inoltre un importante archivio storico locale e multimediale. Paolo Rossi
Immagini di proprietà famiglia Rossi – n. 2-3-5-6 (parte prima) n. 7 (parte seconda).
Le restanti immagini sono state selezionate dalla rete.