Mons. Matteo Zuppi da padre Antonio parla di perdono e non solo “di Assisi”

2019/08/02, Vergato – Calvenzano – Una serata indimenticabile quella del 2 agosto 2019 a Calvenzano parrocchia a pochi chilometri dal centro abitato di Vergato. Un connubio tra spiritualità e condivisione del “pane” e della polenta. Gli Alpini di Vergato e i volontari, protagonisti della parte organizzativa e culinaria, la Banda Giuseppe Verdi di Riola a intrattenere e sottolineare i momenti significativi della serata, le autorità civili e militari con il sindaco Giuseppe Argentieri accompagnato da una nutrita schiera di assessori e consiglieri, il luogotente Marco Pierantozzi, comandante della locale stazione della Guardia di Finanza e infine una vasta platea di parrocchiani e cittadini intervenuti in una serata di agosto che il maltempo preannunciato ha voluto salvare. Ritorneremo su questa serata con foto e filmati ma l’argomento di oggi è racchiuso in tre fogli che il vescovo ha “donato” a Vergatonews24.it e ai suoi lettori, oltre alla sua presenza, un momento di meditazione sulle parole che sentiremo anche in video ma che ci hanno fatto ritornare a casa con quel qualcosa in più che spesso non ci accorgiamo di avere portato con noi.

Trascrizione digitale passibile di errori…

Oggi è il giorno di perdono. E’ solo grazia. Non si merita, non lo otteniamo per caso, non è una “fortuna” riservata a pochi, non si paga con qualche sacrificio (anche se riceverlo ci fa capire che vale la pena sacrificare l’orgoglio pur di essere liberi dal peccato e sentire la gioia di essere suoi, senza inganni, amati e amanti). Il perdono non ce lo possiamo dare da soli. Che tristezza le auto assoluzioni, come quelle dei farisei, che in realtà ci fanno sentire a posto ma non risolvono il problema e dopo stiamo peggio! Voglio mandarvi tutti in paradiso, voleva San Francesco. In realtà è la volontà di ogni discepolo di Gesù perché questa è la sua volontà che chiediamo sia fatta in cielo come in terra, che nessuno vada perduto e tutti siano accolti nella casa del cielo. Gli umili, cioè i piccoli, sono innalzati. I grandi no, perché sono troppo pieni di sé, non si fanno aiutare, sono pesanti pieni della considerazione del proprio. Imparassimo tutti ad aiutare gli altri, invece di mandare all’inferno, anzi di augurarsi di restarci, con le nostre condanne digitali che però rischiano spesso di diventare reali. Quante volte sentiamo condanne senza perdono, giustificate dal rancore, ignoranti, senza redenzione. Chi condanna gli altri condanna se stesso. Chi manda gli altri in paradiso trova la via del paradiso. Il paradiso non è soltanto la vita oltre la vita, la Casa del Padre, la pienezza della nostra vita che tutti dobbiamo cercare con amore, facendoci amare e imparando per questo ad amare. Il paradiso dobbiamo offrirlo, farlo trovare regalando il perdono, usando misericordia, smettendo di dire pazzo al nostro fratello anche perché diventiamo omicidi, regalando il nostro cuore in elemosina perché il nostro tesoro sia davvero nostro e rimanga. Mandare in paradiso aiutare a vedere, sentire il paradiso nell’amore che Gesù ci dona già oggi e che ci comanda di vivere amandoci gli uni gli altri. Paradiso è mettere la salvezza degli altri al di sopra della propria e così trovarla. Dice Papa Francesco: “Si tratta di non chiedere più: sarò salvato? Ma: che cosa vuole Dio da me perché altri siano salvati?”. Si capovolge la preoccupazione, rendendola così simile a quanto suggeriva Martin Luther King a proposito del buon samaritano che non si chiese “cosa accadrà a me se mi fermo”, quanto piuttosto “cosa accadrà a lui se io non lo aiuto”. Per questo mandare in Paradiso inizia nella misericordia riparando quello che il male ha causato, ricostruendo quello che divide, togliendo i semi sempre fecondi del male con l’unica forza capace di vincerlo, che è l’amore. Riparando: sì, dobbiamo e possiamo riparare le tante ferite che sanguinano ed alle quali non possiamo mai abituarci e che solo la misericordia può guarire. Chiedere misericordia nella preghiera e regalarla fermandoci come il samaritano davanti ad ogni sofferenza, affrancando dal male per cui l’altro non è mai il suo peccato. Attenzione: non significa fare finta di niente, non dire nulla, ma di scegliere sempre la via dell’amore, intelligente, fermo, che genera una persona nuova per cui l’uomo non sarà mai il suo peccato. Vogliamo l’amore per gli altri e non la condanna. Non è contro è per. Quando capiamo il

cuore di Dio che ci ama siamo pieni di amore per gli altri. Certe cose si capiscono solo cuore a cuore! Per questo dobbiamo avere attenzione, quando il cuore si indurisce, non siamo più “piccoli” con un cuore tenero, vulnerabile, che piange con chi è nel pianto, che non è autosufficiente oppure doppio. A leggere certi commenti, a sentire i giudizi viene da chiedere dov’è finito il cuore? Troppe persone vivono rinchiuse nel rancore e covano odio, perché incapaci di perdono, convinte cioè di non doverlo chiedere (i presunti giusti condannano a morte, lo fecero per primo con Gesù!), rovinando la vita propria e altrui. Non si vive senza perdono sia la vittima che il colpevole! Non c’è futuro altrimenti, perché resti inchiodato al male subito o fatto. La misericordia è questo. Allora, non restiamo come il fratello maggiore, che pensa ingiusta la misericordia e preferisce stare solo a casa, non va a cercare e non aspetta più il fratello, non lo vuole, parla al padre come se fosse suo figlio e non avesse niente a vedere con lui! Il padre non può fare a meno del fratello. Solo essendo misericordiosi troveremo noi misericordia, cioè la festa dell’amore. E ritroveremo anche noi il fratello e anche noi saremo ritrovati come fratelli! Dobbiamo avere indulgenza. Sembra così strana in una generazione che preferisce condannare, stigmatizzare, che vuole sentirsi forte, contare, dimostrare la propria capacità nell’offendere, nel condannare, nel colpire l’altro, che parla male. Ci si sente forti e qualcuno urlando e facendo sentire piccoli gli altri. Per un giusto è difficile perdonare! Si sente di non poterlo fare. L’unico giusto perdona! Perché dovremmo perdonare una persona che ci ha fatto del male? Perché noi per primi siamo stati perdonati, e infinitamente di più. ‘Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori’. I debiti sono i nostri peccati davanti a Dio, e i nostri debitori sono quelli a cui anche noi dobbiamo perdonare. “Quando siamo noi in debito con gli altri, pretendiamo la misericordia; quando invece siamo in credito, invochiamo la giustizia!”. Oggi è come se fossimo andati tutti alla Porziuncola, invitati da San Francesco, grande che si fece piccolo, importante che scelse di non contare nulla, ricco e orgoglioso che sposò la povertà e l’umiltà, uomo semplice, perché questa è una caratteristica dei piccoli, certo non dei sapienti e dei dotti, figlia della grazia, vera sorella della sapienza, madre della giustizia., che non sa dire né fare il male, che esamina se stessa e non condanna nel suo giudizio nessuno, che non desidera per sé alcuna carica, ma la ritiene dovuta e la attribuisce al migliore, che lascia le tortuosità delle parole, gli ornamenti e gli orpelli, come pure le ostentazioni e le curiosità a chi vuole perdersi, e cerca non la scorza ma il midollo, non il guscio ma il nocciolo, non molte cose ma il molto, il sommo e stabile Bene. Questo è il frutto del perdono: essere piccoli per essere amati da Gesù, contenti di stare con lui amati e per questo forti per amare chiunque. Il perdono di Assisi significava che non dovevi compiere cose esagerate per avere il perdono, spesso contro gli altri (le crociate),

ma poche cose spirituali, perché il perdono è misericordia piena. Con San Francesco preghiamo così: Onnipotente, eterno, giusto e misericordioso Iddio concedi a noi miseri di fare, per la forza del tuo amore, ciò che sappiamo che tu vuoi, e di volere sempre ciò che a te piace, affinché, interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo, possiamo seguire le orme del tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, e, con l’aiuto della tua sola grazia, giungere a te, o Altissimo, che nella Trinità perfetta e nella Unità semplice vivi e regni glorioso, Dio onnipotente per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Matteo Zuppi, Calvenzano 2/8/2019

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