Ritorna “la Rita” con un racconto lungo – Storie da leggere prima di andare a letto…

2024/07/19, Vergato – Finalmente ritorna! Dopo i racconti brevi, Rita Ciampichetti ci anticipa le puntate del suo “racconto lungo” che ci terrà compagnia per un po di settimane. Un’uscita a puntate per non appesantire la lettura sui moderni mezzi; tablet, cellulari o pc ma… niente paura le uscite saranno bisettimanali per non perdere il filo.

In questa calda estate, sotto l’ombrellone o in una silenziosa camera da letto le vicende raccontate ci porteranno un po di serenità sulla via dei ricordi per chi li ha vissuti o momenti che mamme o nonne ben conoscono e varrebbe la pena tramandare alle nuove generazioni.

Ma cosa ci aspetta, lo dice Rita in questa breve premessa!

Finalmente sono arrivata a scrivere gli ultimi capitoli di quel racconto lungo e possiamo iniziare a condividerlo con chi ha seguito i miei racconti brevi o con coloro che semplicemente vorranno seguire le vicende che mi appresto a raccontarvi.

Invio perciò i primi due capitoli ed un po’ di immagini di riferimento per rendere più “illustrato” il racconto.

Cos’è il ricordo?

I latini ritenevano che il cuore era la sede della memoria ed infatti il verbo latino recŏrdari deriva da cor cordis che vuol dire cuore.

Quando si riaccendono i ricordi, specialmente quelli felici, senti il tuo spirito che si allieta e nella tua mente si proiettano una sequenza di flash-back di vita passata.

I ricordi possono essere tuoi o di altri, possono appartenere alla tua vita personale o essere letti o ascoltati, ma hanno la capacità comunque di perpetuare e far rivivere in qualche modo le tradizioni, i modi di vivere e le abitudini a volte dimenticate, arricchendo le tue conoscenze.

Dopo l’esperienza di brevi racconti, mi sono detta perché non scrivere un racconto un po’ più lungo che raccoglie un po’ di ricordi in un canovaccio di una storia che intrecci  la realtà con la fantasia?

E’ una storia ambientata nel nostro Appennino in un periodo non troppo lontano, negli  anni che di fatto in Italia hanno determinato il tramonto di quella civiltà contadina che i nostri nonni hanno vissuto.

Se parliamo di tradizioni e civiltà non possiamo prescindere da quello che dovrebbe rappresentare la nostra identità e l’appartenenza ad un territorio: il dialetto.

Ormai in un’epoca di linguaggio elettronico e T9 solo le persone più anziane o i grandi amatori lo parlano ancora, gli anni descritti nel racconto iniziarono a decretare anche  la sua fine in quanto un bambino che parlava il dialetto a scuola veniva severamente ripreso. Oggi mio nipote di sette anni non lo capisce e qualche volta io e mio marito lo utilizziamo se dobbiamo dire qualcosa di particolare che lui non deve sapere.

Mi ha sempre rattristato questo aspetto perché il dialetto, specialmente il nostro bolognese, ha una rara capacità di sintetizzare in poche parole a volte al limite di una  paciosa volgarità manifestazioni emotive complesse.

Per questo motivo nel racconto molti dialoghi sono in dialetto, non ho inserito nessuna traduzione, se lo ha già fatto Camilleri con il siciliano può essere un motivo per iniziare a far conoscere il nostro bolognese.

Non sono una scrittrice e nemmeno una storica, quindi nel racconto ci possono essere inesattezze, siate comprensivi.

Spero però che la lettura di questa storia vi allieti come ha divertito la sottoscritta a scriverla e che i suoi protagonisti possano farvi la stessa compagnia che hanno fatto a me facendo rivivere nel vostro cuore antiche memorie ed emozioni.

Buona lettura.

Rita Ciampichetti 2024

Presto la prima uscita: Cap.1 – Un’inizio difficile…

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