Rita Ciampichetti – La Brigida, cap. 2: Vicende di una famiglia dell’Appennino Bolognese e non solo

2024/07/25, Vergato – “Chèro té sócc’mel la mi sgnòura! 

Accoglienza prevedibile per il racconto “lungo” di Rita Ciampichetti, chi attende le prossime puntate e chi evidenzia lo stile del racconto come riconducibile a un noto scrittore. La Rita è la Rita e i suoi racconti “lunghi” o brevi allietano le serate dedicate alla lettura sull’onda dei ricordi.

Capitolo 2La Brigida – Vicende di una famiglia dell’Appennino Bolognese e non solo

Voglia di vivere

Quando Amerigo tornò dal paese e comunicò il nome che aveva dato alla figlia fu una di quelle rarissime se non unica volta che l’Elide non si trovò in accordo con lui.

Guardò quel faccino rosso e un po’ grinzoso che si intravedeva fra le copertine e i vari cuscini e disse: “Amerigo ti sembra il nome adatto per questa povera nostra creatura, Leonia….è persino troppo impegnativo per una donna già adulta!”.

Guardò anche lui la bambina e rispose: “Il significato di questo nome si riferisce a qualità come il coraggio, la fierezza e la nobiltà e vedrai Elide che questo uccellino ce la farà e diventerà una donna forte e coraggiosa”.

Molto dubbiosa l’’Elide rispose sospirando: “Speriamo… intanto penso sia meglio battezzarla subito, almeno se dovesse succedere…” e a questo punto non riuscì a trattenere un singhiozzo.

Certo..certo.. vado subito da Don Basilio e gli chiedo il favore di venire qui, non possiamo portarla fuori rischiando che prenda freddo… si è tanto raccomandata la Natalina” e riprese l’uscio di casa.

La Natalina, che aveva passato la notte in bianco seduta su una sedia in camera con l’Elide, aveva approfittato della Gilera di Amerigo che andava al paese a denunciare la nascita per fare un salto a casa a rinfrescarsi un po’, però presa di nuovo dagli scrupoli aveva messo in una borsa una bilancia pesa bambini ed era andata a cercare Amerigo per farsi riportare su.

La prima cosa che fece si accertò che la Cesira stesse provvedendo per il brodo ed infatti dalla pentola sulle braci del camino proveniva il caratteristico profumo e la conferma che dentro ci fosse la gallina era data da una cassetta di legno vicino al camino stracolma di piume bianche svolazzanti.

Brava la mia Cesira! Vedo che quando volete poi tutto sommato non avete quel caratteraccio di cui tutti parlano!” esordì la Natalina entrando in cucina.

“Chèro té sócc’mel la mi sgnòura! Ajò fat fòra ‘na bèla gallénna c’la faseva ancora gl’ôv!”, brontolò la Cesira mentre sul tagliere stava impastando un po’ di farina per fare due tagliatelline da mettere nel brodo.

Brava, così il brodo viene più buono e le ovine bollite che la gallina aveva ancora dentro le serviamo alla nostra paziente in una bella tazza di brodo e tagliatelline!” commentò la Natalina mentre saliva in camera non dando peso al tono polemico della Cesira.

Trovo l’Elide sotto l’imbottita che si stringeva al seno la sua creatura, le chiese come andava e lei rispose che era sempre così, appena lo richiedeva lei l’attaccava, ma il latte non era ancora arrivato.

La Natalina disse che c’era ancora tempo, aveva partorito nella notte e l’importante era che la neonata succhiasse anche solo quel po’ di siero che produceva.

Poi constatò che comunque la stanza era troppo fredda “Elide occorre che ti trasferisci nella stanza più riparata della casa, dove c’è il fuoco del camino. La cucina è sufficientemente calda e legna per fare andare il fuoco anche la notte ne avete. Ti fai mettere un materasso giù e tu e la tua bimba state lì giorno e notte al calduccio! Adesso ti aiuto ad alzarti da letto e scendiamo, voglio essere al caldo quando peso questo scricciolo! Il dottore mi ha detto che la viene a vedere prima di mezzogiorno”.

L’Elide nonostante la magrezza ed il travaglio appena passato si sentiva abbastanza in forze per alzarsi dal letto, si vestì, la Natalina prese la cassettina di legno con la neonata e scesero le scale.

Quando la Cesira venne a conoscenza che la nuora e la nipote avrebbero soggiornato per un bel po’ nella sua cucina le venne uno “smalvino”, non tanto per la loro costante presenza, quanto piuttosto per il fatto che occorreva tenere il fuoco acceso anche alla notte.

Alla sera, se non c’erano delle veglie, si andava a letto presto, non si aggiungeva più legna nel camino e la Cesira, sempre ultima ad andare di sopra, faceva il giro per controllare la chiusura di porte e finestre, poi ricopriva le braci che languivano lentamente nel focolare con la cenere, faceva con le mollette sopra un segno della croce e si ritirava. Alla mattina scendeva presto, attizzava le braci ancora accese, aggiungeva piccoli bacchetti e pezzi di corteccia secca, soffiava dentro una lunga canna per dare ossigeno alla combustione e quando divampava di nuovo una bella fiamma aggiungeva i pezzi di legna più grossi, ai tempi dell’antica Roma sarebbe stata una vestale.

A questo ruolo teneva moltissimo, anche perché le dava modo di controllare il consumo della legna, quindi il pensiero che l’Elide per tenere al caldo la figlia la notte consumasse più combustibile di quanto necessario la faceva andare fuori dai coppi.

Mo sóppa, anc questa! Mo la basta la laggna c’avegna par l’ invcrcn?

La Natalina alzò gli occhi al cielo, l’Elide abbassò mestamente la testa.

Adolfo, che fino ad allora se ne stava in silenzio seduto su una sedia fumando la sua pipa tanto che nemmeno la Natalina si era accorta che c’era, a quel punto sbottò verso la Cesira come non aveva mai fatto durante i lunghi anni della loro convivenza: “Dai mò un tâi Cesira! Che dû marón, l’è da iersîra ch’et fa ‘na gnola!  Par piaair .. a nin pos piò, bóna lè! D’la laggna ai n’è par tachèr füg  al borg, a Vargà ed anca tè!”

Tutti si voltarono verso Adolfo guardandolo stupefatti, in quei pochi secondi aveva detto alla Cesira con un tono di voce perentorio ed inequivocabile che era ora di piantarla, la Cesira rimase talmente annichilita da questo insolita e mai sperimentata reazione di suo marito, non lo aveva mai visto “Andèr fòra dai cópp” che non seppe come e cosa replicare e non le rimase che continuare a tagliare furibonda con la coltellina le tagliatelline a costo di rischiare le dita.

Nel frattempo Amerigo era salito su alla Chiesa e stava bussando alla porta della canonica. Gli venne ad aprire la Giulia Giógglia, la perpetua di Don Basilio, chiese se il parroco era in casa e venne accompagnato nel suo ufficio.

Con il berretto in mano Amerigo raccontò quello che era successo alla notte e chiese a Don Basilio di venire ad impartire alla piccola il sacramento del battesimo a casa.

Don Basilio nicchiò un po’ e rispose: “Non sto bene neppure io e venire con questo tempo giù al podere, capisci anche tu vero Amerigo? Poi se si viene a sapere in giro tutti pretenderebbero che andassi a casa loro magari adducendo la scusa che il neonato ha il raffreddore o la tosse….portatemela su a mezzogiorno quando è più caldo..

Amerigo che iniziava a perdere la pazienza rispose molto seccato: “La Leonia è nata di sette mesi, pesa poco più di un chilo e mezzo, non ci hanno dato la sicurezza che riesca a passare la settimana, in queste condizioni io non la porto da nessuna parte, se la prende lei la responsabilità che, se dovesse capitare quello che non voglio nemmeno pensare, questo piccolo angelo va a finire al Limbo anziché in Paradiso?” e così dicendo uscì senza nemmeno salutare né Don Basilio né la Giulia  e sbattendo la porta.

Dal nervoso decise di fermarsi all’osteria a bere un grappino e a raccontare agli amici che c’erano quello che era successo.

Quando rientrò li trovò tutti in cucina, a capo della tavola Don Basilio con un gran sciarpone di lana che ricopriva in parte la cotta e la stola, il chierichetto con secchiello e aspersorio dell’acqua santa, pronto per celebrare il sacro rito del battesimo.

La madrina fu la Natalina, padrino lo zio Carlino e quando Don Basilio chiese: “Che nome diamo alla piccola?” Amerigo rispose “Leonia

Don Basilio rifletté un po’ e disse: “Il 10 di gennaio si festeggia la Beata Leonia Aviat, fondatrice della congregazione delle Suore Oblate di San Francesco di Sales e protettrice di giovani donne operaie, avete scelto un nome significativo!” e procedette con il rito.

Venne intiepidito un mestolino di acqua benedetta e versata qualche goccia sulla fronte di Leonia che fece un muso e che la Natalina si affrettò ad asciugare subito.

Don Basilio non volle nemmeno un cordiale, se ne andò quasi in contemporanea con il dottore che entrava e che lo salutò chiedendogli come stava.

La Natalina espose al medico con professionalità l’andamento del parto e del periodo successivo, il dottore visitò sia la mamma che la bambina e con una certa gravità disse: “Apparentemente sembra che non ci siano malformazioni gravi,  non dobbiamo sottovalutare il fatto che doveva stare ancora quasi due mesi nella pancia e completare il suo sviluppo. Pesa comunque quasi millecinquecento grammi e questo è un aspetto positivo. Dovete assolutamente evitare sbalzi di temperatura, datele latte materno tutte le volte che lo richiede e mi raccomando, massima igiene .. che nessuno tocchi la bambina senza essersi accuratamente lavato le mani. Non nascondo che il periodo più critico per il feto è quello di passaggio dal settimo all’ottavo mese di gravidanza. Superato questo scoglio ci sono buone speranze di sopravvivenza”.

L’Elide beveva sillaba dopo sillaba quello che diceva il dottore cercando di imprimersi in testa gli aspetti a cui doveva stare più attenta.

Il medico ripose gli strumenti nella borsa, scrisse una ricetta per una cura ricostituente per la neo mamma, accettò volentieri il cestino di uova e le due bottiglie di vino che Adolfo gli allungò e salutando tutti i presenti con una alzata di cappello uscì per concludere il suo lungo giro di visite.

La Natalina aiutò ad attrezzare l’angolo nurse in cucina per l’Elide e la piccola e dopo avere promesso che sarebbe passata verso sera, ritornò a casa veramente esausta per le ventiquattro ore passate.

Nei giorni seguenti al podere dei Veggetti ci fu il via vai dei parenti, degli amici e con qualche scusa anche dei curiosi che venivano a vedere questa bambina così piccina e come da tradizione portavano doni corroboranti per la mamma come Marsala, uova, carne o porta fortuna per la piccola come un paio di scarpine di lana.

All’Elide venne finalmente la più esondante montata lattea che la Natura può donare ad una neo mamma, la Leonia piangeva come un gattino solo quando aveva fame e sua mamma si dedicava a lei giorno e notte, sorvegliando ogni suo respiro e movimento, fulminando con lo sguardo chi si avvicinava con i vestiti o le mani sudicie, la sua attenzione era focalizzata solo ed unicamente alla salvaguardia ed al benessere di quell’esserino indifeso che non era riuscita a trattenere dentro di sé più a lungo. Amerigo che per stare assieme a loro dormiva anche lui in cucina  a costo di alzarsi con le ossa doloranti, le sussurrava che non doveva sentirsi in colpa, che così aveva voluto il destino e che lui era ottimista perché sentiva che la Leonia ce l’avrebbe fatta.

La bambina giorno dopo giorno dimostrava tutta la brama di vivere che teneva in corpo, forse quel desiderio era stato talmente forte anche quando era nel ventre di sua madre, una tale smania di vedere come era quel mondo i cui rumori le arrivavano ovattati  che l’avevano incuriosita così tanto da farle venire la voglia di dare una sbirciatina fuori almeno due mesi prima.

L’Elide osservava ed annotava speranzosa tutti quei piccoli cambiamenti positivi, fino a quando una mattina …….

…..continua… con il capitolo nr.3

Rita Ciampichetti, 2024

Vai al capitolo 1 – https://vergatonews24.it/2024/07/21/la-brigida-vicende-di-una-famiglia-dellappennino-bolognese-e-non-solo-cap-1/

Vai alle puntate precedenti qui; https://vergatonews24.it//?s=rita+ciampichetti

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