Rita Ciampichetti – La Brigida, cap. 6: Stava per prenderlo per il collo per spezzarglielo senza pietà
2024/08/08, Vergato – Rita Ciampichetti – La Brigida: Capitolo 6 – Tragedia o commedia
L’Elide aveva appena finito di allattare la Brigida, la mise in terra e le diede un pezzetto di pane duro da smangiucchiare giusto per alleviarle un po’ il fastidio che aveva in bocca per la nascita dei dentini molari che la facevano tribolare, indossò poi il grembiule e iniziò a pensare a come mettere in fila tutte le attività che l’attendevano nella giornata.
La Cesira che era rientrata in cucina dopo essere andata ad aprire il pollaio le disse: “Alàura, incu métten só dû o tri pgnâti par fer al bród, adés a vàg fóra a tirèr al còl a socuant galéin, in st mänter pànsa tè a la verdùra: pistinèga, sàrrel, zivålla…” e così dicendo la donna prese l’uscio lasciandolo aperto.
La Brigida che già camminava abbastanza speditamente le andò dietro.
Come ogni arzdora che si rispetti anche la Cesira allevava con amore galline, anatre, oche, conigli e il maiale, li curava se si ammalavano, si preoccupava se non ingrassavano, ma quando arrivava la necessità del loro sacrificio supremo non aveva compassione, perciò si avvicinò decisa al branco di animali da cortile che tra l’echeggiare dei diversi “cò cò” e “qua qua” beccavano sull’aia felici ed ignari i chicchi di granoturco prima generosamente elargiti ed afferrò per le ali il grasso cappone dal piumaggio rossastro che iniziò a strillare, passatemi il termine, come un’aquila.
Stava per prenderlo per il collo per spezzarglielo senza pietà, quando la Brigida alle spalle iniziò ad urlare: “Nooo, nooo bua cocca! Tattiva, nooo, nooo cocca mia!”, afferrò la nonna per il grembiule, la nonna con il cappone starnazzante le diede uno strattone, la Brigida cadde, ma trovandosi all’altezza del polpaccio nudo della Cesira pensò bene di affondare quei begli incisivi nuovi nuovi nella ciccia ancora soda della nonna.
La Cesira strillò lasciando andare il povero cappone che arruffando le penne, alla velocità della luce, scappò nel campo vicino, la Gaudenzia e la Desolina che erano appena arrivate si precipitarono per aiutare in qualche modo la Cesira e non lo avessero mai fatto perché le quattro oche bianche del cortile, memori del coraggio e delle gesta delle loro antenate del Campidoglio, aprirono le ali e iniziarono a rincorrere le due donne per loro estranee cercando di beccarle furiosamente. Nel trambusto generale di grida sia animali sia umane volarono per aria anche le cassette da cui spuntavano le lunghe zampe pelose dei conigli e le teste penzolanti dei galletti.
Alla vista di tutte quelle bestiole esanimi per terra la Brigida sembrò impazzire, una vera e propria crisi isterica che fece accorrere l’Elide che prese di volata in braccio la bambina disperata e la rifugiò in casa.
La Cesira massaggiandosi il polpaccio che in bella vista portava il calco esatto della dentatura di una bambina di diciotto mesi, scossando la testa con le altre due donne disse: “Al dgeva mè che cla fiôla l’è brîśa nurmél…”, la Gaudenzia, mentre cercava di darsi una riassettata e contemporaneamente menava un calcio all’oca più velleitaria, le rispose: “Suvvià Cesira, l’è ‘na patoza d’un an e mezz!” “Seee, però i dîśen che la matéńna lôda la sîra” replicò stizzita la consuocera, mentre cercava nel frattempo di completare il lavoro tirando il collo senza pietà a due galline bianche e rincorrendo nel campo il povero cappone che ormai sperava di averla scampata.
Salutò poi le due donne, portò in cantina le cassette con gli altri animali sacrificati e iniziò a spennare furiosamente lì le galline per il brodo cercando per quanto possibile di sbollire il nervoso.
Intanto l’Elide tentava inutilmente di consolare la Brigida che piangeva ancora disperata balbettando tra un singhiozzo e l’altro “No bua cocca! No bua cocca!”, alla fine la piccola era talmente stanca che andò da sola ad accucciarsi nella corga, abbracciò Fufi che nel frattempo era entrato in cucina e le si era accoccolato accanto e si addormentò ancora singhiozzando.
L’Elide tirò un sospiro di sollievo, con tutto quello che aveva da fare non le ci voleva anche quel contrattempo di dovere consolare la figlia.
Quando la Cesira rientrò in cucina non disse nulla all’Elide si limitò a consegnarle le galline spennate, sventrate pronte per essere messe a fare il brodo con gli odori, qualche osso e pezzi di doppione comprati dal macellaio.
Le sue rimostranze si fecero sentire all’ora di pranzo al rientro di Amerigo e di Adolfo, Berto non c’era perché era a casa dalla Iolanda per mettersi d’accordo sulle ultime decisioni da prendere riguardo al matrimonio.
Piagnucolando la Cesira raccontò quello che era successo alla mattina facendo vedere il segno dei denti della Brigida nel polpaccio, Amerigo iniziò a ridere, Adolfo no: “Adès pò Cesira t la dśmétt parché t am è bèle fât vgnîr só i quajón! La pinéñna l’è scnsébbil, t’avev pròpri da tōla tèg a tirèr al col a una gallénna?”.
“A questa po’ no! L’è vgnò da par sé la vostra pinéñna chèro al mî Dolfo!”, rispose piccata la Cesira.
All’alterco fra i coniugi pose fine Amerigo: “Basta ora, quello che è stato è stato, è una bambina ancora troppo piccola per capire certe cose, quando sarà grande comprenderà che alleviamo gli animali non solo per compagnia! Vi chiedo scusa per lei mamma, mi dispiace che vi abbia morso, ora pranziamo!”.
Fu una giornata di gran lavoro per tutti, per le donne in cucina e per gli uomini in campagna e approfittarono di tutte le ore di luce che quei lunghi giorni di giugno mettevano loro a disposizione, cenarono molto tardi ed andarono a letto presto tranne l’Elide e Adolfo.
L’Elide mise prima a letto la Brigida, che dopo la scenata della mattina era stata buonissima per il resto della giornata, poi ridiscese giù in cucina per controllare le pentole del brodo, accaldata andò a sedersi fuori a prendere un po’ di quel fresco che le serate di giugno a volte dispensano per alleviare tutto il caldo patito al giorno da uomini, animali e piante.
Adolfo stava rientrando dalla stalla dove era andato a dare un’ultima occhiata ad una vacca che doveva partorire a giorni e si sedette accanto alla nuora, tirò fuori la pipa, la riempì di trinciato forte, l’accese bene tirando due o tre boccate e le parlò: “Elide io ho da dirvi una cosa a proposito della Brigida” quando parlava con l’Elide Adolfo usava l’italiano.
“Ditemi pure..lo so oggi ha fatto un po’ tribolare..” rispose sommessamente l’Elide temendo già il possibile argomento.
“Lo sapete che qualche volta porto con me la Brigida nella stalla perché vedo che le piace tanto, l’altro giorno l’avevo in braccio perché voleva accarezzare la Bianca, quando ha toccato la vacca con la manina, la Bianca ha scosso la testa ed ha muggito, a quel punto la Brigida non si è per niente spaventata, si è voltata, mi ha guardato implorante facendo la mescola e mi ha detto “Banca bua, Banca bua!”, poi con la manina le ha mandato un bacino. In un primo momento non ci ho fatto caso, ma poi sono tornato nella stalla e mi sono accorto che la Bianca non stava bene, aveva la pancia gonfia, tant’è vero che poi sono andato giù al paese a chiamare Carboni il veterinario che dopo averla visitata mi ha detto che se non interveniva subito la vacca non avrebbe superato la notte”.
“O beh Adolfo, sarà stata una coincidenza! Cosa volete la Brigida dice sempre che lei o qualcuno ha delle bue perché le piace la filastrocca: “Merda merdina, merda di gallina, merda di galletto domani è beli secco” rispose l’Elide senza convinzione
“No Elide, sono troppo vecchio perché me la facciate bere! Lo avete notato anche voi! Siete sua madre, ma io l’ho notato di più… perché anche mia zia Brigida aveva lo stesso dono o difetto secondo come uno la pensa”
“…e quale sarebbe?” chiese l’Elide.
“Mia zia Brigida parlava con gli animali, o meglio capiva quello che dicevano e loro capivano quello che diceva lei, non chiedetemi come. Però è stata la sua dannazione perché tutti la prendevano in giro e non le credevano, anzi le davano della matta….per questo scappò di casa così presto e non si fece più sentire per anni. Da adulta forse mise a frutto questa sua capacità perché mio padre mi raccontò che in una delle sue lettere scrisse che oltre all’emporio e alla rivendita di pellami si era fatta la fama di riuscire a guarire gli animali e quindi aveva tante richieste che le venivano generosamente ricompensate”
“Ma voi siete proprio convinto che la nostra Brigida sia… così?” chiese l’Elide
“Non ne ho la certezza, ma anche quella voglia di fragola a forma di cuore sulla guancia… ci sono tante somiglianze. Per ora non diciamo nulla a nessuno, che questo discorso rimanga fra noi, gli altri non riuscirebbero a comprenderlo e penserebbero ad una disgrazia”
“Nemmeno con Amerigo?” disse l’Elide
“Nemmeno con Amerigo, è troppo concreto, queste cose sanno troppo di magia o peggio stregoneria, inizierebbe a vederla come qualcosa di anormale e ne soffrirebbe, non voglio certo che la nostra Brigida viva l’esperienza di mia zia così come me l’ha raccontata mio padre. Vediamo come cresce e cosa fa, poi prenderemo una decisione” e con quest’ultima affermazione Adolfo spense la pipa battendola sul muro e andò a dormire.
L’Elide si fermò fuori un altro po’ meditando su quello che si erano detti, tanti atteggiamenti di sua figlia confermavano i sospetti di Adolfo.
L’aveva osservata quando portava un pezzetto di pane secco a Reno, il bracco da caccia di Amerigo, che era legato ad una catena che scorreva su un filo di ferro così da consentirgli un po’ di libertà.
Quando il cane vedeva arrivare la Brigida ancora un po’ incerta sulle gambette, non abbaiava come al suo solito, ma uggiolava poi prendeva con delicatezza il pezzetto di pane dalla manina stando attento a non fare movimenti bruschi con il rischio di farla cadere, si accucciava per terra e lei si sedeva accanto, lo accarezzava e lo abbracciava.
Un giorno, dopo averlo guardato, aveva alzato gli occhi al filo, si era aggrappata alla catena ed aveva iniziato a tirarla piangendo, come se volesse strapparla via.
Tutti temevano un po’ gli assalti di quelle quattro oche da guardia tranne ovviamente la Cesira e quindi l’Elide rimase esterrefatta quando un giorno vide la Brigida che camminava battendo le manine e le quattro oche quasi più alte di lei che la seguivano dondolanti in fila indiana.
Un’altra abitudine all’inizio l’aveva lasciata perplessa. Aveva cercato molto presto di abituare la Brigida a fare capire quando aveva la pipì o la popò, il fatto di dovere lavare le pezze di stoffa era un buon incentivo in quegli anni per toglierle il prima possibile. La popò però la Brigida non la voleva fare proprio nel vasino, ma iniziava a dire: “Cacca muuu!” e bisognava portarla nella stalla. Si metteva quindi in chinino davanti alle mucche e con i pugnetti chiusi spingeva fino a quando non aveva finito, dopo di che si alzava e guardava le mucche che nel frattempo erano state in silenzio ad osservarla, a quel punto, tutte quante quasi in coro iniziavano a muggire e lei felice batteva le manine.
L’Elide la prima volta aveva avuto l’impressione che le bestie si complimentassero con la bambina per quanto era stata brava, poi razionalmente aveva cancellato subito quel pensiero.
Sospirò e disse fra sé “Sarà quello che Dio vuole”, quello che sentiva con certezza è che avrebbe comunque difeso sua figlia e le sue stranezze contro tutto e contro tutti ed ai suoi occhi, anche se l’avesse vista chiacchierare con le trote del torrente, sarebbe sempre stata una bambina normale.
L’amore incondizionato di una madre travalica ogni tipo di ostacolo e di pregiudizio, appunto perché non pone alcuna condizione.
L’Elide a volte si chiedeva se era normale quel suo desiderio di protezione e di attenzione nei confronti della Brigida o se scaturiva da una voglia di rivalsa nei confronti di quella madre sconosciuta che l’aveva abbandonata appena nata privandola dell’affetto materno e destinandola ad una infanzia senza il calore di una carezza, di un abbraccio e la consolazione di una coccola.
Aveva imparato fin dalla più tenera età a contare solo su se stessa e l’unico sincero amore nei suoi confronti che aveva percepito per la prima volta dopo venti anni era stato quello palesato da Amerigo in quella sera d’estate dopo che avevano ballato assieme ad una festa di paese.
Le dispiaceva un po’ non dovere fare partecipe della cosa Amerigo, però si consolò nel pensare che aveva in suo suocero Adolfo un alleato con il quale condividere le sue preoccupazioni.
Così dicendo tornò in casa, spense il fuoco da sotto le pentole del brodo e andò a dormire pure lei.
E venne il giorno delle nozze: quattro patate e tre castagne cotte!
…continua
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