Rita Ciampichetti – La Brigida, cap. 4: Passavano i mesi e la Brigida cresceva come l’erba medica
2024/08/03, Vergato – Capitolo 4 – Voglia di cambiare
Passavano i mesi e la Brigida cresceva come l’erba medica quando piove, prendeva solo il latte di sua mamma e l’Elide era felice quando se l’attaccava al seno, si sentiva una cosa sola con la sua creatura e ne provava una soddisfazione enorme, specialmente se Amerigo le si sedeva accanto e le guardava con occhi adoranti. All’inizio della primavera la Brigida riusciva a stare seduta, bisognava stare attenti a quello che riusciva ad afferrare perché lo portava subito alla bocca e tentava anche di fare conversazione con tutti con i suoi “babababa o lalalala”.
Anche se ancora corti si capiva che avrebbe avuto i capelli scuri come il suo papà invece gli occhi erano azzurri come quelli di Elide e sulla guancia destra spuntava ogni giorno più nitida quella piccola voglia a forma di cuore color fragola.
Era poi una bimba buonissima, piangeva raramente se non quando aveva fame e sorrideva a tutti.
Dimostrava però già le sue preferenze, ovviamente oltre la mamma, esplodeva in festa quando tornava a casa dai campi Amerigo e allora se era in braccio all’Elide allungava subito le manine per andare in braccio al babbo che si scioglieva letteralmente d’amore per lei.
Era felice anche quando veniva a trovarle la Natalina, come se capisse che senza il suo provvidenziale intervento forse non ce l’avrebbe fatta.
Il nonno Adolfo invece quando aveva tempo, specialmente alla sera dopo cena, se la metteva sulle ginocchia saltellanti e le cantava vecchie filastrocche che recitavano anche a lui quando era piccolo: “Tróta, tróta Pìr Balóta, trì furmài e una ricóta, un paról ed taiadèl par rimpir al to budel” oppure: “Tirindina pèn gratè, mitîm a lèt che sòn malè pò cusîm una galinîna fóssel fèst anc dmatîna. Galinîna l è ‘n pó póca, cusîvmn anc un óca un óca l è ‘n pó tròpa mitiv ‘na galèñna zòpa pò cavéj la pèl e i òss pò dé la chêren a chi patòz!”
La Brigida già dimostrava con più risate che preferiva la prima, specialmente quando il nonno alla fine la faceva cadere all’indietro.
Anche allo zio Carlino faceva festa, forse perché quando la prendeva in braccio le faceva fare “vola vola”.
La Cesira era avara di complimenti, aveva sempre troppo da fare per perdersi in simili sciocchezze.
L’Elide di questo non se ne dava pace, come poteva una nonna non dimostrare affetto verso il primo nipote specialmente ora che la Brigida era nella fase della scoperta e che ogni giorno c’era qualcosa di buffo che faceva ridere tutti quanti?
Si ripromise di indagare per riuscire a comprendere le vere motivazioni di questo suo atteggiamento.
Al podere dei Veggetti negli ultimi tempi la visita del postino Cornelio sulla sua bicicletta era diventata regolare perché recapitava quasi sempre ad un unico destinatario della famiglia buste e pacchetti.
Il componente della famiglia destinatario di tale posta era lo zio Carlino che si era iscritto alla Scuola Radio Elettra Torino. Di fare l’agricoltore tutta la vita non ne aveva proprio voglia, specie in quei terreni avari dell’Appennino dove vivevano e che garantivano a mala pena la sopravvivenza.
Carlino aveva avuto sempre la passione per l’elettronica e la vista lunga per comprendere che in futuro avrebbe avuto uno sviluppo.
Infatti fino a quel momento erano più diffusi gli apparecchi radio, però proprio in quell’anno in Italia era iniziato il regolare servizio di televisione e questo apparecchio iniziava a fare la sua apparizione nelle case delle famiglie più agiate.
Assieme al suo amico Enzo aveva pensato che iscrivendosi a questa Scuola per corrispondenza potevano conciliare l’impegno dei lavori nei campi allo studio in quanto almeno inizialmente non c’era l’obbligo di frequenza. Avrebbero ricevuto comodamente a casa per posta le dispense didattiche e anche materiale per eseguire sia i montaggi sperimentali sia la realizzazione finale dell’apparecchio radio. Sempre per corrispondenza potevano rinviare i test scritti che la Scuola visionava e rinviava con le correzioni ed il punteggio, alla fine del corso sarebbe stato rilasciato un attestato.
L’Elide aveva appoggiato la scelta di Carlino all’inizio osteggiata dalla Cesira che diceva: “La tèra la dà semper da magnèr, la radio dal canzunett!”.
“E’ vero che dalla terra se sei capace di lavorarla puoi ricavarne il sostentamento per non morire di fame, ma è anche vero che se hai la passione per un altro lavoro e questa scuola ti dà la possibilità di raggiungere il tuo sogno e da stupidi non provarci! Occorre avere il coraggio per cambiare la propria situazione e se Carlino l’ha non possiamo che augurargli buona fortuna” così esordì l’Elide quella sera in cui il cognato disse alla famiglia cosa intendeva fare e il cenno affermativo di Amerigo su quello che aveva esposto con tanta decisione la fecero sentire compiaciuta di sé.
Sentiva che era la Brigida che le dava tanta forza, dopo i terribili mesi iniziali di infinita angoscia, di ansie ad ogni suo respiro, sentiva che era come rinata fortificata da quella prova tremenda che ogni madre teme, la paura di perdere il proprio figlio.
Fu anche grazie allo zio Carlino che aveva la vista lunga sull’evoluzione della tecnologia che al podere dei Veggetti stava per arrivare l’energia elettrica.
Per illuminare le serate, peraltro molto corte perché si andava a letto presto, c’era il fuoco del camino, le candele e lampade che utilizzavano come combustibile l’acetilene un gas prodotto dalla reazione chimica generata dal contatto dell’acqua con il carburo di calcio.
In paese era stato costituito un Consorzio con l’obiettivo appunto di portare l’energia elettrica nelle zone rurali e si chiedeva l’adesione a chi voleva partecipare e fu appunto lo zio Carlino che insistette in famiglia cercando di convincere tutti e soprattutto, portando le più ampie motivazioni, persuase Don Basilio che in funzione di proprietà doveva contribuire anche lui.
La Cesira, quando sentì che bisognava spendere, naturalmente si oppose con tutte le sue forze: “Vuèter sî pròpi di sgnurón! La lûṡ .. quàlla dal såul al n’abâsta piò?”
Anche questa volta le toccò prenderla persa e quando i tecnici arrivarono a montare il contatore e venne steso un filo intrecciato che portava la corrente alla lampadina che penzolava sopra la tavola della cucina la Cesira guardò con molto sospetto a quella luce che non faceva né fumo né cattivo odore.
Solo la cucina fu dotata di corrente elettrica, per andare nelle camere di sera si utilizzavano ancora o le lampade ad acetilene o le candele.
Lo zio Carlino, a differenza del suo amico Enzo che dopo l’invio di qualche dispensa decise di abbandonare, frequentò la scuola con ottimi risultati tant’è vero che finito il corso gli offrirono la possibilità di frequentare gratuitamente i laboratori della Scuola Radio Elettra di Torino e lui accettò e fu il trampolino di lancio per trovare in quella Regione del Nord più avanti industrialmente un lavoro remunerativo come operaio specializzato.
“Bene… se Carlino si trasferisce a Nord si libera la camera ed io sposo la Iolanda dla Sera, è dall’altro inverno che ci vado a morosa, mi piace, è una gran lavoratrice e sento che non riuscirò più per tanto tempo ancora a rispettarla!” disse una sera Berto a cena.
La Cesira gongolò, la Iolanda Fedeli era proprio la nuora che le piaceva e le motivazioni erano queste.
La sua famiglia erano agricoltori come loro, abitavano alla Serra in un piccolo podere è vero, ma era il loro, la Iolanda era alla buona come lei, senza tanti “ziricuclein“, ben in carne e con fianchi poderosi. Da quello che sua madre Gaudenzia diceva in giro le piaceva più lavorare nei campi assieme agli uomini piuttosto che stare in casa a fare le faccende domestiche e questo andava più che bene visto che dovevano dire addio alle due braccia di Carlino.
Quello invece che gli altri dicevano sottovoce era che la Iolanda “l’aveva al zarvèl d un sardån”, una sempliciotta che rideva con tutti, ma molto più volentieri con gli uomini. Con il fisico che il Signore le aveva dato era adatta ai lavori pesanti ed effettivamente nei campi era alla pari di molti uomini, riusciva a caricare da sola due “ballini” di fieno alla volta.
“La Iolanda l’è brèva par la canpâgna, ma l’è dimondi piò brèva par la campurèla! D’arpiat, di drè dal pajer, ai piès dimond fèr l’amåur …e non con Berto Veggett” confidò un giorno la Peppina, la bottegaia madre della Fernanda, in un orecchio alla Giulia che era andata in negozio a comperare mezzo etto di mortadella per il pranzo di Don Basilio… e qui la Giulia, mentre l’ascoltava attenta, spalancò la bocca e contemporaneamente si fece un veloce segno della croce e rispose implorando “Zitto, par caritè! S’an da spusèrs tra pôc!, c’an vaga brîṡa fòra la ciacra!”
“Mo chèra la mî dòna, qué a psî stèr trancuélla, a sån brîṡa ‘na ciacaranna! Mè a bèd såul ai prasû dla mì stanèla” replicò piccata la Peppina.
Infatti Berto, appena avuto il benestare della Cesira, era subito corso alla Serra e chiesto alla Iolanda di sposarlo e lei gli aveva risposto con entusiasmo che certo che si sposavano e anzi ne aveva tanta voglia che occorreva farlo al più presto, intanto lei il corredo lo aveva già tutto pronto.
Anche la Gaudenzia sua madre aveva una gran voglia di sposarla e a Giuseppe della Ca’ Nova, che passava tutti i giorni a prendere il latte appena munto per portarlo al caseificio, confidò: “I Veggetti i én såul i cuntadén de prit, ma l’è d’la brèva zent e c’la ragazôla l’ha ‘na sverzura adòs che prémma la tôl marè méi l’è!”.
Fatto sta che nel suo giro quotidiano negli altri poderi Giuseppe della Ca’ Nova si sentì autorizzato a confidare alle diverse arzdore: “A i ò sintó dîr che la Iolanda dla Sèra la tôl maré ed gran volè parchè la i tîra cumpagn ‘na balèstra!”
Fu così che quel mese di giugno dell’anno 1955 venne scelto per celebrare lo sposalizio di Berto Veggetti, contadino del prete con la Iolanda Fedeli della Serra.
Iniziarono nei due poderi tutte le attività frenetiche che precedono il giorno del matrimonio secondo gli usi e costumi di quella civiltà contadina che stava imboccando il viale del tramonto all’alba dell’esplosione del boom economico italiano.
La Brigida aveva compiuto circa un anno e mezzo e già sgambettava felice di qua e di là eccitata per tutta quella confusione facendo ciao ciao con la manina a tutti quelli che vedeva. Era sempre sorvegliata dall’Elide che non la perdeva di vista una attimo e fu proprio grazie a quell’attenzione verso la bambina che ormai le veniva così istintiva dopo i due mesi di angoscia in cui temeva di perderla che le fecero notare alcune particolarità davvero singolari nel suo comportamento.
Tutto era iniziato alcuni mesi prima.
…. continua….
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