Vergato – Storie di fascisti, socialisti e partigiani

130516_Carletti Cl-108 copia2015/05/13, Vergato – Dall’archivio delle foto della famiglia Carletti emergono le foto di Arturo Colombi, cugino di Gina Colombi e fratello del nonno di Claudia. Mentre per la storia personale di Arturo Colombi (Bruno, nome da partigiano) vi rimandiamo alla biografia vogliamo ripercorrere quel periodo vergatese. Foto: Claudia Carletti per gentile concessione.

Il 16 novembre 1919, nelle elezioni politiche, i suffragi al PSI su scala comunale risultarono la maggioranza dei voti validi. Nelle elezioni amministrative dell’autunno 1920, fu invece la lista del Partito Popolare che conquistò la maggioranza, così come in altri sei comuni della montagna bolognese. Scatenatosi lo squadrismo. Vergato fu occupato una domenica del marzo 1921 dai fascisti e il fatto suscitò uno scontro con un gruppo di lavoratori di sinistra.
130516_Carletti Cl-106 copiaIl 21 aprile 1921 nella frazione di Riola “di ritorno da Camugnano i fascisti entrano nei locali del Circolo, bruciando e devastando i mobili” (Fascismo, 286).
La sera del 17 maggio successivo fu compiuto un attentato contro l’abitazione del segretario del fascio di Vergato e, in seguito, vennero arrestati una quarantina di antifascisti, in larga parte anarco-sindacalisti e, con loro, Arturo Colombi (classe 1900), immigrato da Massa Carrara nel 1909, muratore, segretario della Lega muratori dal 1919 e segretario della sezione comunista locale nel 1921 (Dizionario). Ventidue furono denunciati con l’accusa di complotto e attentato dinamitardo; dodici di loro – compreso Colombi – incarcerati, furono poi assolti nel dicembre a conclusione dell’istruttoria. Gli anarco-sindacalisti, propensi a dare vita a un gruppo di “Arditi del popolo”, furono convinti a confluire nell’organizzazione comunista. Seguirono altri scontri fra comunisti e fascisti. Uno dei maggiori avvenne in località Pioppe di Salvaro il 1° maggio 1922, nel corso del quale i comunisti, visto il pericolo di essere sopraffatti, strapparono i moschetti dalle mani dei carabinieri e i bastoni dalle mani dei fascisti respingendo l’attacco.

130516_Carletti Cl-107 copiaDurante gli anni del regime fascista, Colombi – che nel frattempo era emigrato in Francia nel 1923 e dal 1931 era divenuto responsabile del centro interno del PCI – nel 1933 venne arrestato a Genova, nel corso di un viaggio clandestino in Italia, e nel luglio 1934 venne processato dal TS e condannato a 18 anni di carcere. Dopo aver scontato 7 anni e 6 mesi di pena, tradotto a Bologna nell’aprile del 1941, venne condannato a 5 anni di confino e relegato nell’isola di Ventotene. Anche due nativi di Vergato subirono condanne al confino di polizia per atti d’opposizione (Confinati).
Quando in Spagna scoppiò la rivolta capeggiata dal generale Francisco Franco, due vergatesi parteciparono nelle file degli antifascisti internazionali in difesa di quella repubblica: Augusto Mezzini e Giuseppe Melli. Mezzini (classe 1911), socialista, passato in Belgio, poi in terra iberica per un anno dall’ottobre 1936 e, in seguito, ritornato in Belgio, venne arrestato e deportato a Mauthausen. Melli (classe 1911), autista, emigrato in Belgio nel 1928, comunista, militò in terra iberica dal settembre 1936 al febbraio 1939. Fu internato in un campo di concentramento in Francia e quando rientrò a Bologna nel settembre 1941 fu detenuto in carcere fino all’8 settembre 1943, quindi divenne partigiano nella 36″ Brigata “Garibaldi” (Dizionario).
130516_Carletti Cl-110 copiaDopo l’8 settembre furono raccolte le armi abbandonate del disciolto presidio territoriale di stanza nella località “Serrini” che poi saranno consegnate a partigiani del luogo ed alla Brigata “Stella rossa”. Dopo la riedizione del fascismo con la costituzione del PFR, a Vergato agì un forte ed agguerrito contingente di GNR composto in gran parte da militi originari del luogo che andavano a caccia di prigionieri inglesi fuggiti dal campo di concentramento di Fossoli (Carpi), di antifascisti e di renitenti alle chiamate di leva. Una ventina di giovani, tra cui anche dei quindicenni, furono duramente malmenati e alcuni poi deportati in Germania o costretti ad arruolarsi nelle file dell’esercito della RSI. Fra il giorno 19 e il 22 novembre fu arrestato un gruppo di giovani che stava organizzandosi per combattere i nazifascisti. Furono interrogati e poi messi a disposizione delle SS tedesche e, dopo oltre un mese di carcere, il 30 dicembre 1943, vennero rimessi in libertà, eccetto Liano Nicolini che fu internato in campo di concentramento.
130516_Carletti Cl-109 copiaDiverse famiglie di Riola diedero ricovero e protezione a nuclei familiari di religione ebraica rischiando l’arresto o addirittura la vita. Dal novembre 1943 con l’aiuto della famiglia Chiappelli riuscirono a sfuggire alla ricerca di un gruppo di GNR alcuni membri della famiglia Formiggini e la più anziana del gruppo, una ottuagenaria, trovò un rifugio sicuro. Franco Formiggini ha ricordato che riuscì “a passare il confine con la Svizzera il 31.12.1943”. Grazie alla stessa popolazione furono salvati i Coen, la loro fabbrica di pellicceria ed altri loro beni. Furono sottratti dalla deportazione in Germania membri delle famiglie De Pazz, Calò, Samaia, Finzi, Sinigaglia e Jacchia. Il 27 novembre 1943 Vergato subì il primo bombardamento aereo angloamericano che provocò numerose vittime e danni ingenti.
Nei primi mesi del 1944 i vergatesi che scelsero la macchia si affiliarono alla brigata “Stella rossa”, poi alcuni passarono nelle formazioni partigiane operanti nel “distretto di Montefiorino” al comando di “Armando” (Mario Ricci).
Sempre nel mese di giugno, tra le montagne di Finocchia e Labante, in Castel d’Aiano (v.), col concorso di un gruppo di vergatesi, si costituì una formazione, che nel tempo diverrà un battaglione aggregato alla 1a Brigata della Divisione Modena e che, dopo il gennaio 1945, verrà nominata “Pilota” dal nome di battaglia di un proprio caduto, Dario Pedrini. La formazione venne affidata a Gino Costantini “John”, nativo di Castel d’Aiano e vergatese d’adozione. In seguito il gruppo giunse a contare quasi cento uomini e si pensò di articolarlo in tre distaccamenti. Uno rimase a Costantini, uno venne affidato a Tullio Quadri di Vergato e l’altro a Dante Chiari di Castel d’Aiano.
L’azione più rilevante del battaglione in territorio vergatese fu quella compiuta nella frazione di Tolè, che “rimase per sette ore occupata dai partigiani e furono saldati alcuni conti con i facoltosi fascisti del luogo”. Diverse furono le azioni di disturbo compiute particolarmente sulla strada Vergato Zocca. A Susano alcuni partigiani attaccarono il reggente del fascio di Vergato, Pietro Cristalli, il quale, il 5 agosto a Sasso letto presso Tolè, aveva fucilato tre partigiani. Il gerarca, che transitava in motocicletta, rimase illeso nonostante i colpi avessero crivellato il veicolo e il milite sul sedile posteriore. L’intero battaglione agì nella zona tra Vergato, Castel d’Aiano e Zocca, effettuando continui spostamenti come è nella logica della guerriglia. Dopo gli eccidi che colpirono i dintorni di Monte Sole tra la fine di settembre e i primi di ottobre 1944 – noti con il nome di “strage di Marzabotto” -l’ampia striscia di territorio, che va da Montese, nel modenese, attraverso Gaggio Montano, Vergato, Vado di Monzuno, Livergnano di Pianoro, fino a sud di Imola, venne fatta sgomberare dai tedeschi, i quali, dopo lo sfondamento anglo-americano della Linea Gotica, furono costretti ad attestarsi più a Nord, creando una vasta “terra di nessuno” fra le opposte Armate che si fronteggiavano.
La formazione di Costantini, lasciati i monti attorno a Cadenzano, il 20 ottobre passò oltre le linee tedesche e la “terra di nessuno” giungendo a Castel di Casio. Là rimase una ventina di giorni e, in seguito, alle dipendenze del 2° Corpus-OSS Detachement, della 5a Armata americana, si stabili a Oreglia, in comune di Grizzana (v.), dove svolse attività di guida per gli americani.
I tedeschi dopo avere, il 28 e 29 settembre, completamente distrutta la stazione, lasciarono la frazione di Riola. A Riola, raggiunta dagli Alleati, fu nominata una giunta per il comune di Grizzana (v.), il cui territorio era semiliberato nelle frazioni a Sud del capoluogo. Qui fu anche predisposto un gruppo di persone che ebbero l’incarico di costituire gli amministratori del comune di Vergato da insediarsi dopo la liberazione del capoluogo. Un gruppo di vergatesi, intenzionato a raggiungere Riola, già liberata, oltre il fronte tedesco, venne massacrato in località La Chiusa di Cavacchio, un chilometro a nord del capoluogo. Avvenne nella notte fra il 13 e 14 dicembre. Le vittime, intercettate da un reparto nazista, furono 13. Sei furono trucidate dentro alla rimessa di un caseggiato, sette furono avviate sulla scaletta esterna che dallo stesso caseggiato saliva sul ciglio della strada statale 64 e su quei gradini furono uccise ed abbandonate. Le vittime erano sei donne e cinque uomini, il più anziano dei quali ottantaquattrenne, un bimbo di 9 anni e una bimba di 7 (EAR).
Nel marzo 1945 la Brigata GL svolse attività di pattuglia a copertura delle forze americane prevalentemente in direzione di Vergato-Salvaro-Pioppe di Salvaro.
Dal 27 novembre 1943 al 13 ottobre 1944 Vergato subì 23 incursioni aeree degli Alleati di varia entità che provocarono ampie distruzioni. Posto al centro della “terra di nessuno” subì cannoneggiamenti, mina-menti, nuove distruzioni, che colpirono duramente abitazioni, strade, ponti, ferrovia e campi. Nel territorio comunale su 1.755 fabbricati esistenti ne furono danneggiati 1.074: 214 distrutti completamente, 157 danneggiati al 75%; 304 al 50%; 313 al 25%, 86 poco meno del 25%.
Vergato venne liberata il 14 aprile 1945.
Dal CLN con l’approvazione del Governatore alleato, pochi giorni dopo la Liberazione, venne designato a sindaco Giovanni Sabatini e costituita la Giunta comunale.
Fonte: L. Arbizzani, Antifascismo e lotta di Liberazione nel Bolognese, Comune per Comune, Bologna, ANPI, 1998
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