L’Unione dell’Appennino bolognese punta al biodistretto
Avviati una serie di incontri e di analisi per intraprendere un percorso che porti il territorio dell’Unione dell’Appennino bolognese a candidarsi come “biodistretto” incentivando i produttori agricoli a investire nel biologico.
16 giugno 2017 – L’Unione dei comuni dell’Appennino bolognese ha avviato una serie di incontri con le associazioni di categoria del settore agricolo per individuare un percorso che porti il territorio a candidarsi come biodistretto, cioè un’area in cui la valorizzazione dei prodotti biologici si coniughi indissolubilmente con la promozione del territorio e delle sue peculiarità.
Si tratterebbe del primo biodistretto dell’Emilia-Romagna, visto che in questo momento in Italia ci sono 13 biodistretti in Campania, Calabria, Lazio, Toscana, Liguria, Lombardia, Piemonte, Marche, Basilicata, Trentino Alto Adige.
Per “biodistretto” si intende un’area che valorizzi l’economia e le tradizioni locali attraverso da una parte la ricerca di mercati locali per i produttori, il riconoscimento del valore dell’agricoltura biologica, l’attivazione di servizi territoriali, dall’altra la valorizzazione della sicurezza alimentare attraverso la conoscenza dei luoghi di produzione del cibo e dei processi di produzione. Ovviamente un biodistretto ha anche una favorevole ricaduta turistica.
Uno dei primi passaggi obbligati per raggiungere questo obiettivo è quindi favorire la crescita dell’agricoltura biologica. Da questo punto di vista i comuni dell’Unione dell’Appennino partono da una situazione vantaggiosa, visto che già oggi la gran parte dei produttori si è convertita all’agricoltura biologica. Si tratta però di favorire il graduale passaggio al biologico di tutte le aziende del territorio: ovviamente tale passaggio non è banale, perché gli investimenti necessari a produrre secondo i canoni dell’agricoltura biologica non sono irrisori e prevedono di introdurre innovazioni nei cicli produttivi, nelle infrastrutture e persino nelle abitudini di agricoltori e allevatori.
“Crediamo molto nel biodistretto – commenta il presidente dell’Unione Romano Franchi – perché crediamo che si sposi perfettamente con un territorio come il nostro. I nostri produttori non possono competere sul mercato attuale sul fronte della quantità, dove ci sono multinazionali che raggiungono facilmente la grande distribuzione. Possono però competere sulla qualità, sulle esigenze di consumatori attenti alla sicurezza alimentare e alla tracciabilità della filiera.”