RICORDI D’ESTATE … Si partiva per un mese, un tempo. Non si andava lontano, mai all’estero.
Le nostre erano vacanze di prossimità, spesso di convenienza.
Si tornava, ecco tutto; perché in Italia molti si erano già spostati, nel fermento del boom:
per lavorare.
Era una nazione orgogliosa, quella là: con tanto lino e pochi jeans.
Del resto, ne aveva ben donde: il PIL cresceva a due cifre e l’utilitaria, piccola per carità, era parcheggiata di fronte la casa dei nonni.
Insomma, d’estate si tornava: per ricordare, certo; ma anche per riprendere un discorso antico, quello dei padri e dei figli, tra due generazioni ormai distanti eppure adese, almeno nel dialogo. Agosto era quasi una stagione lunga, fatta di cinema all’aperto (erano pochi i temporali tropicali), granatine, ghiaccioli (allora COF), Mottarelli, Cornetti. La coppa gelato più grande, manco a dirlo, era quella “del nonno”.
Allora non capivamo, ma oggi sì.
E poi ogni anno ci veniva proposto un gioco dell’estate.
Indimenticabile quello delle due palline mosse su e giù col movimento del polso. Quanti lividi alla mano!
C’erano poi le serate danzanti, con in coda le star del momento.
Altri tempi? Non solo.
I grandi, se volevano vendere dischi, dovevano proporli alla clientela.
Non c’era internet, non esistevano le radio private, così gli acquirenti bisognava raggiungerli dov’erano: in vacanza, appunto.
Ecco allora un trionfo di occhi blu (Lisa li aveva), di parole scritte sulla sabbia (Franco I° e IV° scrivevano di continuo “t’amo”), di Sapori (di sale, questa volta) degustati con una venere che esce dall’acqua.
Il vento sarebbe comunque cambiato.
Non sappiamo quando (o perché), ma abbiamo iniziato a guardare altrove.
Senza nonni, e senza il coraggio per far sì che fossimo noi a sostituirli, si è iniziato a guardare verso spiagge più bianche, mete maggiormente esotiche: obbedendo a edonismi di provincia diventati linguaggio universale.
Sono arrivati i Lati B edizione schiaccianoci (i sederi!) e quei ventri piatti che lo stesso Tiepolo avrebbe scartato.
Ma tant’è, il mondo globale (e più piccolo) da noi voleva questo: tanto valeva uniformarsi.
Oggi non sappiamo più chi siamo, questo è il punto; e non è solo a crisi.
Mancano i riferimenti, i comportamenti coerenti, il senso della vita e del ricordo. Occorrerebbe il coraggio di tornare sui propri passi, almeno per capire da dove si è partiti. Si risolverebbero tante cose.
Si partiva per un mese, un tempo. Sopra i bagagli, c’era la macchina fotografica, caricata con un rullino.
Le pose erano consuete: le mamme con le mani sui fianchi, i bambini a occhi stretti per via del sole in faccia; dietro, il mare, o la casa d’infanzia; di fianco, i nonni.
Ogni anno tornavamo a casa con “inventario” di persone: quelle rimaste o le nuove entrate.
Lo chiamavamo ricordo, e vive ancora nel cassetto buono.
Dopo le ferie d’agosto, non mi ricordo più il mare.
Non ricordo la musica, fatico a spiegarmi le cose.
Per restare tranquilla, scatto a mia nonna le ultime pose …
[Chiedi chi erano i Beatles di Norisso e Gaetano Curreri]
“Chiedi chi erano i Beatles” è una canzone. Parla di una ragazzina che chiede spiegazioni sulla vita. Scatta le ultime foto alla nonna, per sentirsi tranquilla.
Non vuole rammarichi o rimpianti, almeno quando aprirà quel cassetto.
Quest’anno altre bambine (e molti di noi) posteranno le foto sui social, inquadrando attraverso l’ultimo tablet.
Più avanti, scartabellando, non troveranno nulla di sé e del proprio vissuto.
Vediamo di non dimenticare la fotocamera e cerchiamo di usare il telefonino solo per avvisare che siamo arrivati.
Per il resto, prudenza sulle strade.
Luciano Marchi
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“Le fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso il momento”.
[Henri Cartier – Bresson]
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