Chiesa di Vergato – La parola al progettista ing. Rodolfo Rettazzi
2014/10/15, Vergato – In questa relazione dell’ing. Rodolfo Rettazzi, il progettista della Chiesa Arcipretale del Sacro Cuore di Gesù di Vergato, ci vengono illustrati i motivi della scelta del progetto, le ditte che hanno partecipato e non ultime le dimensioni “in lungo e in largo” dell’edificio che ogni giorno abbiamo davanti agli occhi. (Foto e documento: APV-Vergato, per gentile concessione)
Allorché si trattò di progettare « la nuova chiesa di Vergato, dovevano essere presi in considerazione due dati di fatto: il terreno scelto per la costruzione e l’importo, dei lavori a carico dello Stato, derivante dalla valutazione della Chiesa distrutta dalla guerra. Non accenno nemmeno alle lunghe vicende che portarono alla disponibilità del terreno, sul quale aveva posato gli occhi l’Arciprete (mons. Enzo Pasi) fino dal momento della distruzione della vecchia chiesa; osserverò solo come ben difficilmente si sarebbe potuto pensare ad una ubicazione più appropriata: centralissima e appartata nel medesimo tempo, al posto d’onore di un ampio piazzale, già reso decoroso e degno di rispetto dalla sua destinazione a parco senza altri edifici che serrassero troppo da vicino, con un ampio spiazzo e il torrente Vergatello, dietro. Su questo terreno doveva venire eretto il nuovo tempio col suo campanile, disponendo dell’importo a carico dello Stato (30 milioni di lire, ivi compresi l’organo e la parte essenziale dell’arredamento), e prevedendo di aggiungere, appena possibile, la canonica ed i locali necessari per la vita parrocchiale.
Nella progettazione della chiesa fu facile attenersi allo schema caro all’Arciprete, in quanto si tratta di uno schema consacrato dai primi fasti della Chiesa e collaudato dalla pratica di diciassette secoli, mentre in molti casi ben risponde tutt’oggi a sani criteri di economia: lo schema basilicale a tre navate. Si potrebbe obiettare che, con i mezzi offerti dalla tecnica moderna, non c’è bisogno di interrompere lo spazio con colonne o pilastri, ma si può rispondere che l’interruzione di un grande spazio porta tuttavia a vantaggi economici, sia per il minore costo degli elementi di copertura, sia per la minore, altezza che si può raggiungere pur conservando proporzioni ariose e dignitose fra altezza e larghezze; d’altra parte le colonne (di dimensioni tali da non ostacolare seriamente la visibilità) delimitano opportunamente la navata maggiore, destinata ai fedeli che assistono ai sacri riti, dalle navate minori, che servono per disimpegno e per contenere i confessionali e la « Via Crucis» e su cui si aprono le cappelle minori e il battistero.
Nella estrema sobrietà delle linee e nella necessaria modestia dei materiali e della decorazione, si è avuto cura di accentuare, colla gerarchia dei valori impiegati, la gerarchia di dignità degli oggetti e dei luoghi: così, ad esempio, la decorazione pittorica è concentrata attorno all’altare .maggiore; il marmo è riservato in special modo agli altari, al fonte battesimale, alle balaustre ed agli amboni; i pavimenti, «alla palladiana » nel presbiterio; nelle cappelle e nel battistero.
Non mi dilungo in descrizioni, solamente mi piace accennare alle opere d’arte che vengono ad arricchire fin da ora il sacro edificio: la grande pittura absidale, composta a tempo di primato dal prof. Luciano Bettini, molto ben riuscita dai punti di vista religioso e pittorico, ed anche bene sposala coll’architettura della chiesa, di cui valorizza gli elementi superando brillantemente molteplici difficoltà che la costringevano; la « Via Crucis », a bassorilievo in terracotta, modellata con originalità e vigoria dal prof. Gildo Alti, e la Madonnina del Battistero, dolcissima tavoletta umbra del ‘400, donata dalla signorina Carolina Vitali seguendo i desideri del defunto cognato cav. Emilio Veggetti.
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Un particolare riconoscimento è dovuto agli Enti pubblici che hanno facilitato le pratiche laboriose da cui è dipesa la ricostruzione della chiesa, e in particolare alla Direzione Generale dei Servizi Speciali del Ministero dei Lavori Pubblici, al Provveditorato alle Opere Pubbliche per l’Emilia e all’Ufficio del Genio Civile di Bologna.
I lavori sono stati condotti « in concessione » dall’Arciprete di Vergato, che si è valso del consiglio dell’Amministrazione Parrocchiale, e diretti dallo scrivente progettista, colla valida assistenza del geom. Renzo Tebaldi. E’ doveroso menzionare tutte, le Imprese che hanno contribuito all’esecuzione dell’opera, perché tutte, dai Dirigenti alle maestranze, si sono adoperate con perizia e passione alla sua migliore riuscita: dall’impresa geom. Renato Marani di Bologna, appaltatrici delle opere murarie, alla Ditta Fratelli Vecchi di Vimignano fornitrice dei manufatti e delle balze in arenaria; dalla Ditta Generali di Bologna, esecutrice dei pavimenti alla veneziana e alla palladiana, alle Ditte Mauro Cavara di Bologna e Vittorio Bernardi di Vergato esecutrici dei lavori in marmo: dalla Ditta Diamanti Fuzzi Donali di Vergato (infissi e arredamento in legno) alla Ditta Severino Gardesani di Bologna (lavori in bronzo e ottone) e alla Ditta Fratelli Prati di Marzabotto (lavori in ferro battuto); dalla Ditta Livio Gasparri di Bologna (impianti elettrici) alla Ditta Pietro Gombi di Bologna (tinteggiature e lavori di modellazione); dalla Ditta Armando Pasta di Cremona (organo, su progetto dell’ing. Ugo Ughi) alla Ditta Cav. Cesare Brighenti di Bologna (concerto di quattro campane e relativa incastellatura).
Divina Provvidenza, che ha voluto quest’opera e ne ha voluto il compimento senza il minimo incidente, un plauso particolare va all’Arciprete, che con saggezza, tenacia, pazienza e con quel suo caratteristico e comunicativo ottimismo che altro non è se non fiducia grande nella Divina Provvidenza, di questa Provvidenza si è fatto efficace o prezioso strumento, ben coadiuvalo da tutti i parrocchiani, che colle preghiere e con offerte generose e numerosissime hanno fallo sì che la Casa del Signore, possa dirsi anche la « loro » casa.
Per fnire alcuni dati numerici:
Chiesa :
lunghezza esterna m. 35,50
» interna m. 31,50
larghezza facciata m. 19.00
» interno m. 17,40
navata maggiore (int.) m. 9,00
altezza facciata m. 18.00
» navata maggiore (int.) m. 13.30
superficie coperta mq. 582
» interna mq. 476
» a disposizione dei fedeli mq. 356
– Campanile ;
altezza esclusa la cuspide m. 25,50
» compresa la cuspide m. 35.50
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Ma, finito di parlare di ciò che è stato fatto non è fuori luogo un accenno a ciò che rimane da fare: la chiesa appare sostanzialmente finita, ma tutti ben sappiamo (e possiamo immaginare quante piccole e grandi cose potranno aggiungersi a maggiore completezza o a, maggior decoro; anche la facciata rimane in attesa dei muri di cinta che la congiungano cogli edifici che la fiancheggiano e dei relativi zoccoli in pietra. Ma soprattutto mancano tutt’ora gli edifici senza di cui la chiesa, in una parrocchia moderna, è incompleta, quasi un’anima senza corpo: la canonica e l’oratorio. Dovranno essi sorgere presso il presbiterio della chiesa, l’una a ponente e l’altro a levante, e contenere l’una i locali necessari per l’alloggio del Clero, per gli uffici e per le associazioni parrocchiali, oltre a quelli a servizio diretto del culto (a complemento della piccola sagrestia già costruita), e l’altro i locali per la dottrina cristiana e per ricreatorio dei ragazzi; fra questo e il campanile dovrà trovare posto il salone parrocchiale. A quanto la loro inaugurazione?
Ing. Rodolfo Rettazzi