Monte Cavalloro – Le Chiese del dott. Luigi Ruggeri – San Giorgio di Monte Cavaloro; abbandonata!
2014/10/26, Vergato – Un escursionista (Esseci) di passaggio nella zona di Montecavaloro, (Montecavalloro o Monte Cavaloro o ancora Monte Cavalloro), ci ha inviato alcune fotografie sia dell’esterno, ma ancora più interessante, dell’interno della chiesa ormai sconsacrata e in stato di abbandono. Emergono luci e colori che ci parlano di popolazioni che in quella chiesa si sono ritrovate per feste patronali, cerimonie funebri, battesimi e matrimoni. Tracce di un’organo che nel silenzio delle foto ci pare ancora di sentire, come il gracchiare della macchina per posizionare la statua sopra all’altare, ancora in funzione nella chiesa di Liserna, poi ancora tracce di disegni di statue, composizioni floreali e rifiniture. Un popolo che apparentemente non ha lasciato traccia ma solo per quelle persone che le tracce non le vogliono trovare. Grazie, a quella persona che ci ha inviato le foto, abbiamo cercato di saperne di più di quelle macerie e abbiamo trovato un’avvincente storia di quella chiesa che sembra dire; non voglio crollare!
Da; Le Chiese Parrocchiali della Diocesi di Bologna ritratte e descritte -1847 Vol.II nr.71 Dott. Luigi Ruggeri; riprodotto in maniera digitale da MMR.
San Giorgio di Montecavaloro – Ben popolata, ed antichissima comune era questa , formata di tre distinte parrocchie, e disseminata in alcuni borghi, o casolari, che insieme noveravano oltre un migliaio d’individui; munita di rocche, e castelli, e provveduta di municipio, e d’agguerrite milizie, senza contare la natural difesa. che le prestavano il fiume Reno, la malagevol via , e l’eminente ed isolata sua posizione. Le sue terre fertili e ben coltivate nutrivano bastantemente quella popolazione agricola , mentre le copiose greggi, alimentate negli estesi suoi pascoli, la faceano doviziosa più d’ogni altra terra di queste montane regioni. Delle tre chiese parrocchiali, una era dedicata a S. Giorgio. l’altra a S. Nicolò (ambe col nome di Montecavaloro) e I’ ultima consacrata all’Arcangelo Michele era detta di Lisano, perché soprastava alla borgata di tal nome. Esistevano queste chiese fin dal secolo IX, ed obbedivano coi loro popoli all’Arcivescovo Ravennate il quale , oltre la spiritual podestà , esercitava sul comune una piena ed assoluta giurisdizione. Venivano frattanto le guerre a ricomporre il civile reggimento : e sulla fine dell’ indicato secolo vedevasi il Pontefice Formoso con prudente consiglio sottrarre la comunità di Montecavaloro al governo del Metropolita di Ravenna per assegnarne le rendite colla civile giurisdizione al Vescovo di Bologna. Le tre chiese venivano quindi sotto poste al plebanato di Roffeno ed un magistrato giuridico andò pel nuovo ecclesiastico Signore a reggere quella ricca , e pacifica contrada. Ma non per questo gli Arcivescovi di Ravenna aveano pensato di dimettere affatto il dominio d’una si pingue comunità ; che più volte in appresso studiarono ogni maniera di ricuperarlo, o commettendone l’invasione a qualche nobile tiranno di questi luoghi, o suscitante contese appo i Pontefici, e gli Imperatori ; a talché ogni Vescovo di Bologna per conservare il proprio diritto era necessitato di riportare una nuova investitura o conferma di questa civile autorità. ll paterno , e temperato governo de’ bolognesi Pastori avea resa felice , e prospera questa popolazione, perché godendo essa di una specie di religiosa immunità, non era travagliata dalle aggressioni , e dalle violenze de fuorusciti, che di continuo straziavano queste infelici regioni. Ma volle sciagura che dopo alcuni secoli, e specialmente nel 1320 insorgessero gravi discordie tra il Vescovo ed il Senato di Bologna e che perciò venisse quegli privato di ogni laicale giurisdizione per cui I’intera comunità di Cavaloro dovette con altre terre di Vescovile domìnio piegarsi alle leggi, ed all’austero regime del bolognese Consiglio , perdendo a un tratto quella guarentigia d’immunità, che per tanti anni avea difesi i suoi figli dalla ferocia, e dalle ire de fuorusciti predoni. Cambiate cosi le sorti di questo popolo. trovasi nelle storie che sul cominciare del 1323 la sua ròcca era tenuta da Falzardo , e da Bisio da Montasico in qualità di castellani ; e che nel dì 7 Ottobre dell’anno stesso il Consiglio ne decretò la distruzione con altre molte del contado. sia per alleggerire le pubbliche spese, sia per togliere il rifugio ai banditi, che le avessero espugnate. Ma ciò non si eseguì. Fu anzi allora che questo comune cominciò a dar segni dì vita con leghe, fazioni, e battaglie, locchè formava la vita di quel tempo. Nella guerra, che si facevano i comuni fra loro, questo luogo non essendo abbastanza forte per reggersi, né tanto vicino alla città per avere soccorsi , andò alternativamente in balìa del più potente. Ora il bolognese Senato, ora i famigerati conti di Panico, ora i conti da Mangone lo facevano soggiacere al lor dominio e quel balestramento non si effettuava senza molti affanni, come suole accadere nei mutamenti di signoria.
In una dette grandi escursioni, eseguite verso la metà del secolo XIV dai conti di Panico, uniti a que’ di Veggio, ed a Guidinello da Monte Cuccolo. fu questo castello rovinato e distrutto, gli abitanti dispersi, e predati gli armenti, lasciando sulle disertate campagne il lutto, la miseria e la disperazione. Il Senato, che a tempo non potè soccorrerli con armi, ed armati, cercò di alleviarne le perdite colle essenzioni per un decennio dalle gabelle, e con l’affrancamento perpetuo da ogni tassa di mercato, e dai canoni e livelli enfiteotici.
Esterminati finalmente que’ prepotenti Signori dal valore di Testa Gozzadini, e di Giuliano Malvezzi, il contado respirò di una vita queta e tranquilla, e le campagne a poco a poco si ripopolarono di mandriani e di agricoltori. Tolto poi ogni futuro pericolo d’invasione e di guerra, tornarono i popoli a reggersi a comune , unendosi quello di Montecavaloro coll’altro conterminante di Castelnovo per formare una sola Massaria, dipendente dal capitanato generale della montagna , che risiedeva in Vergato; e senza che alcun’altra novazione sopravvenisse a tribolarlo, serbò una tal forma di governo sino all’anno 1796.
Ma quanto avea cambiato il comune di possanza e di civil condizione, altrettanto erasi mutato dalla sua origine l’aspetto de’ terreni, e la forma de’caseggiati. Le guerre continue vi distrussero le torri ed ogni altro fortilizio di difesa, depauperando i coIoni colle rapine, e colle devastazioni; frequenti terremoti, frane e scoscendimenti schiantarono e travolsero boscaglie, campi, e rigogliose piantagioni: e la falce inesorabile del tempo, che giammai riposa, tolse e consumò tutto quanto negli edifizi, ne’monumenti, e ne’ costumi delle generazioni aveano risparmiato la ferocia degli uomini, e i fenomeni della commossa natura.
Il viandante che dalla strada dietro Reno contempla oggidì il territorio di Montecavaloro , non vede che una sola chiesa sulla cima del poggio, due piccole Borgate, e poche case civili sparse fra gli abituri colonici su d’un vasto terreno, arborato e coltivato nella parte alta, squallido, deserto, e sterile nell’inferiore. La sua popolazione, ridotta a 250 anime, vive dei prodotti agricoli, e di un limitato commercio; e que’ fondi, che attualmente si coltivano, sono abbastanza fertili, e producono frutta, uva buonissima, ed ogni qualità di cereali.
Dall’altipiano, ove trovasi la parrocchia, si gode nei giorni sereni di un bellissimo orizzonte; e l’ occhio nudo verso levante, e mezzodì può spaziare su tutte le terre, che stanno a cavaliere de’ monti secondari sino all’ultimo appennino. Dopo il 1796 questo luogo fu sempre compreso nel comune, e governatorato di Vergato, distante dal medesimo miglia 4, e lontano da Bologna miglia 25.
Passando ora a discorrere della parte ecclesiastica, è duopo anzi tutto notare che prima del nono secolo mancano affatto notizie storiche, tanto per le politiche vicissitudini, che per te cose di religione. Ignorasi quindi le origine delle tre chiese parrocchiali di sopra dette, e la loro precisa situazione, sapendosi soltanto che il diritto di eleggere i rettori apparteneva ai rispettivi parrocchiani.
Sino a cominciare del secolo XV le tre parrocchie furono distinte; e soltanto dall’atto di rinuncia, che il sacerdote D. Antonio q. Zannino di Sanguineta fece nel!’anno 1416 alla chiesa di S. Giorgio apprendiamo che l’altra di S. Nicolo era vi stata annessa e concentrata. Passati poi tre anni, e cioè nel 1419 , un decreto del Sub-collettore apostolico Don Benvenuto soppresse anche la cura di S. Michele di Lisano, e I’unì in perpetuo alla medesima chiesa di S. Giorgio. Fu allora mestieri di ampliarla, come avvenne di fatto, lasciando intatta la primitiva chiesuola la quale (levandovi il quadro di S. Giorgio, che fu portata al nuovo altar maggiore) divenne la cappella del S. Rosario. Più sotto altre due cappelle si vedevano; la prima dedicala a S. Antonio Abate, e l’ ultima già dedicata a S. Michele, poi soppressa e convertita in nicchia del S. Fonte Battesimale , quando il Vescovo Campeggi lo concesse a questa chiesa circa I’anno 1551. Dall’ altro lato non esistevano cappelle, né altari; e l’ intero corpo della fabbrica per meschinità d’ornamenti, e per difetto di luce, e di ampiezza non rispondeva all’augusto rito pel quale erasi edificata.
Pur si mantenne in sì vergognosa abbjezione per ben quattro secoli; e forse ancor vi sarebbe se la Provvidenza divina non avesse dato a questa cura nell’anno 1819 l’attuale meritissimo paroco D. Gìoanni Ugolini, ottimo prete, quanto espertissimo agronomo, e valente meccànico. Veduto egli lo squallore del tempio, e posto in animo il pensiero di rifabbricarlo, ne scandagliò la spesa e la confrontò coi sussidi che da’ popolani potea raccogliere. Poi fece calcolo dei sagrifizj e del dispendio, che a lui toccherebbe di assumersi, e senz’altro si accinse all’opra, correndo il mese di Ottobre dell’ anno 1824. La parola e l’esempio di sì zelante pastore eccitò gli animi dei popolani in guisa , che superando ogni credibile aspettativa, condussero a termine il lavoro in soli tre anni di tempo. Tutto in cosi breve spazio fu rinnovato, dalla maggior cappella in fuori, perché già ricostruita nell’ anno 1645 , allorché reggeva la chiesa il benemerito d. Domenico Bolognini. Una semplice , ma decorosa facciata rallegra l’ esteriore aspetto di questo sacro edificio. L’ interno a volta reale con eleganti cornici, capitelli, ed ornati d’ordine jonico, ripartito in quattro eguali cappelle con ampj intercollonj, nei quali è collocato l’organo da un lato, e il pulpito dall’altro, fanno un insieme di bellissimo effetto, e mostrano che allo stesso paroco Ugolini ( cui devasi il disegno e la direzion del lavoro ) non sono estranee le nozioni pratiche d’ una perfetta eurìtmia , e di una solida e ben’intesa architettura.
Dopo ultimata la chiesa, che fu anche provveduta di nuovi quadri agli altari, di biancherie, di arredi, e suppellettili, l’instancabile paroco fece a sue spese riattare, ed ampliare la canonica, procurò un buon ristauro al campanile ( già edificato colla sua guglia piramidale nella seconda metà dello scorso secolo) fece che il comune erigesse un nuovo cemitero, e poscia applicò indefesso, e pazientissimo a dissodare i terreni della prebenda, piantandovi alberi, e viti, e facendo estesi prati artificiali, di modo che le rendite di quel beneficio sono ormai triplicate di quel che erano: tanto può lo zelo e I1 infaticabile carità di un uomo, cui informò lo spirito non la spregevol dottrina del secolo, ma la sola divina legge dell’Evangelo!
Il gius-patronato di questa chiesi spettava, come si disse, ai popolani; i quali nell’ anno 1487 aderirono all’unione della chiesa stessa colla prebenda canonicale di Monsignor Paride Grassi nobile bolognese, poi Vescovo di Pesaro, e Ceremoniere del Pontefice Leone X. Quando questi poi vi rinunziò (locchè accade nel 1527) il titolo di rettore di Cavaloro fu dato a D. Parisio Morbioli, che durante i due anni di sua amministrazione fece demolire le già cadenti chiese di S. Nicolo, e di S. Michele. Nel 1529 venne quindi curato D. Michele Cimadori , il quale nel 6 Luglio 1555 fu onorato della prima visita pastorale. Finalmente bel 1573 vi fu spedito rettore D. Rinaldo Lolli (sempre coll’elezione de’ parrocchiani ) e dopo la morte di questi, non essendo nel termine legale presentato il successore. venne per diritto di prescrizione nominato dall’Arcivescovo. L’affare poi caduto in esempio, e forse trascurato dai popolani, fece che in appresso, ed in perpetuo la chiesi divenisse di liberi collazione della R. Mensa.
Sono in questo territorio due grandi Oratorj. Quello del borgo di Riola, dedicato all’Assunzione di Maria Vergine (spettante al N. U. Sig. Conte Alessandro Turrini Rossi di Bologna ) è antico, ma però ben conservato. ed e dotato di un pio lascito per messe, e per un’annua sagra nel dì 15 Agosto. L’altro è di recente costruzione, posto in luogo inteso la Fornace, già appartenente alla famiglia Gentilini, ed oggi di gius-patronato del paroco pro-tempore; il qual Oratorio per testamento del fu D. Domenico Gentilini, consegnato al Notaro Raggeri junìore nel 30 Settembre 1840 è stato provveduto di un pingue benefico pel mantenimento perpetuo di un Sacerdote uffiziante, e per distribuire ogni anno una determinata elemosina ai poveri del parrocchiale distretto.
La cura di Montecavaloro, che prima del 1568 era soggetta al Plebanato di Roffeno, passò in quell’anno a far parte della nuova Congregazione di Pitigliano o Affrico, alla cui dipendenza trovasi ancora. Viene poi circondata dalla pieve stessa, e dalle parrocchie di Castelnuovo, Savignano, e Vimignano; e diremo per ultimo che questo popolo devoto festeggia nel giorno 23 di Aprile il martirio, e le glorie del suo celeste Protettore.
Dott. Luigi Ruggeri.
Mentre stavamo per pubblicare siamo stati informati che l’arch. Marco Gamberi ha fatto la tesi di laurea su questo complesso. Che sia ancora possibile un restauro?
Le foto di Esseci;