La Casa del Fascio di Vergato, dalle cartoline ai ricordi
2015/04/28, Vergato – Ritrovata nella sua forma originale nella mostra fotografica visitabile fino al 2 maggio 2015 nell’atrio del Cinema Teatro Nuovo di Vergato, la Casa del Fascio ha suscitato ricordi alcuni dei quali di triste memoria che preferiamo non riportare perchè non documentati. L’utilizzo di tale edificio andrebbe quindi approfondito, per quello che ci risulta vi era un teatro, un dopolavoro e sale per attività ludiche. Mentre da più parti viene confermato che da quelle finestre poste verso il torrente Vergatello ci fu l’ultima difesa di Vergato davanti all’avanzare delle truppe di liberazione che scendevano dalla Ghiaia per entrare dall’attuale via Garibaldi verso il centro del paese come si vede nel filmato “La battaglia di Vergato”. Ci limitiamo quindi alle immagini dei collezionisti di cartoline vergatesi e alla descrizione della storia di un edificio che seppure sostanzialmente modificato esiste ancora ed è sede dell’Unione dei Comuni dell’Appennino.
Tiberio Collina – La casa del fascio di Vergato
[Già pubblicato in “Nuèter noialtri – Storia, tradizione e ambiente dell’alta valle del Reno bolognese e pistoiese”, a. XXVII, 54 (dicembre 2001), pp. 235-240. © Gruppo di studi alta valle del Reno Distribuito in digitale da Alpes Appenninae – www.alpesappenninae.it]
Nel corso delle manifestazioni di Bologna 2000, sono state dedicate a Giuseppe Vaccaro, l’architetto bolognese, diverse giornate di studio. Nel corso di queste giornate la figura di Vaccaro è stata indagata a fondo, come dimostra anche la pubblicazione che le ha accompagnate, per cui a questa e ad altri interventi si rimanda per quello che riguarda la sua opera in generale. Per sommi capi si possono ricordare le sue opere maggiori a Bologna e in altre città: la Facoltà di Ingegneria di Bologna, a porta Saragozza, inaugurata il 28 ottobre 1933; il palazzo delle Poste a Napoli (1931‑35); la Colonia Marina dell’AGIP a Cesenatico (1938); una serie di abitazioni civili a Bologna per l’associazione Mutilati e Invalidi di Guerra e la sistemazione della sede dell’Associazione stessa in via Parigi; nel dopoguerra sono notevoli i suoi interventi nella sistemazione del quartiere INA di Borgo Panigale; il progetto del quartiere coordinato CEP ‑ Barca (1957‑62) di cui tutti rammentano il “Treno”, il lungo edificio di 600 metri che bipartisce l’insediamento; il complesso dello Sterlino (palestre, piscine) del 1967; sono da ricordare anche i suoi contributi di architettura religiosa: S. Antonio Abate a Recoaro Terme (1953), il complesso di S.Giovanni Bosco (1968)1 . Vaccaro morì a Roma nel 1971, quest’anno ne ricorre quindi il trentennale e questa può essere l’occasione per ricordare una sua opera vergatese, minore senza dubbio, ma che nei primi anni trenta venne lodata e descritta da architetti come Piacentini.
Si tratta della Casa del Fascio, opera oggi ancora esistente anche se irriconoscibile e che arricchisce Vergato di un’altra emergenza monumentale di pregio assieme ad altre opere d’arte (Palazzo dei Capitani, il Monumento ai Caduti, le Vetrate di Ontani). La prima idea per la costruzione di una casa del Fascio a Vergato sorse in seguito ad un incontro tra Vaccaro e l’allora Segretario comunale dott. Scardovelli, tra loro vecchie conoscenze e amici (da “L’Assalto” del 21 settembre 1929). In quest’occasione venne concepito il primo progetto che, opportunamente elaborato, venne poi pubblicato nel 1932 a cura di Marcello Piacentini2 , l’eminente capofila dell’architettura di quegli anni. In questo primo progetto, Vaccaro diede corpo alle aspirazioni di grandezza e monumentalità del fascismo vergatese, infatti, rispetto a quello che poi fu possibile realizzare, l’edificio si caratterizza per le dimensioni: due corpi che racchiudono un ampio locale centrale sede di un teatro, con in evidenza sulla facciata gli elementi portanti in cemento armato, in modo da unire alla funzione resistente degli stessi l’effetto di monumentalità richiesto dalla dignità dell’edificio, il tutto in armonia col paesaggio collinare retrostante.
La realizzazione, dal primo momento del suo concepimento alla sua inaugurazione, richiese una decina d’anni. L’entusiasmo con cui venne avviata, evidentemente, non fu sufficiente e gli anni che seguirono videro il ridimensionarsi dell’entità del progetto e una continua penuria di capitali: lo testimoniano le continue richieste ai sottoscrittori di mantenere gli impegni presi all’atto dell’avvio del progetto e il loro ridimensionamento, forse perchè assunti troppo entusiasticamente3 . La realizzazione concreta dell’opera fu affidata all’impresa Rubini, artefice già di altri importanti edifici a Vergato e nella sua forma definitiva risultò essere più modesta di quella del primitivo progetto, ma lo stesso bisogna riconoscerne la qualità, almeno per quello che le foto d’epoca consentono,
(1) L. Vignali, Ricordo di Giuseppe Vaccaro, in “Strenna storica bolognese”, XL 1990, pp. 425‑432; MG. Muroio, Giuseppe Vaccaro nel movimento moderno, ibidem, XLV, 1995, pp. 403‑433. Cfr. anche l’opuscolo edito in occasione delele celbrazioni di Bologna 2000. 2 M. Piacentini, Opere di Giuseppe Vaccaro, in “Architettura”, 1932, pp. 513 e ss. 3 Ringrazio Alfredo Marchi per le testimonianze messe a disposizione. – 2 –
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La costruzione che ci viene mostrata dalle cartoline è costituita da un unico corpo di fabbrica dalle linee sobrie e regolari, con l’ingresso principale sul lato corto e l’accesso consentito da ma scalinata semicircolare. Le facciate sono scandite da finestroni verticali che rendono l’effetto solenne di un colonnato classico pur nella sobrietà dello stile razionalista. Al complesso è unita una torre quadrata in mattoni rossi, che contrasta, per il colore e la sua verticalità, con l’intonaco bianco e l’orrizzontalità del corpo dell’edificio. Questa torre è un po’ la cifra caratteristica di molte realizzazioni di Vaccaro. Nel caso in questione è sicuramente una “torre Littoria”, cioè un omaggio al regime polifico dell’epoca, trattandosi appunto di una Casa del fascio, ma una torre quadrata in mattoni rossi la si trova anche in altre opere che non sono immediatamente riconducibili alle celebrazioni del regime, come la facoltà di Ingegneria, o che sono di periodi posteriori non certamente sospetti, come il complesso di S. Giovanni Bosco della fine degli anni ‘60. Per cui alcuni critici vedono in questo elemento un omaggio di Vaccato alla tradizione delle torri delle città medievali, e di Bologna in particolare, che ne rendono così caratteristico il profilo. Gli eventi bellici, dal ‘43 alla fine della guerra, sono ancora vivi nella memoria di molti vergatesi e molli possono ricordare che la Casa del Fascio non uscì indenne dai bombardamenti e dall’avanzata delle truppe alleate.
Tuttavia l’edificio non subì danni definitivi tali da doverlo condannare alla demolizione. Come il resto del patrimonio del disciolto Partito Fascista, venne incamerato dal Demanio e destinato all’uso di uffici pubblici. Venne quindi affidato all’Intendenza di Finanza per ricavarne la sede dell’Ufficio del Registro e per questo il Genio Civile si incaricò del suo recupero e ristrutturazione, secondo un progetto che il Comune aveva elaborato già dal ‘46 (4) . La parte dell’accesso, quella colpita dai bombardamenti, venne demolita, la torre fu eliminata e trasformata nell’attuale ingresso, l’ultimo piano fu destinato ad abitazione per il personale della Finanza in servizio. Attualmente la ex Casa del Fascio chiude il lato meridionale della piazza della Pace insieme alla chiesa parrocchiale e al vecchio edificio d’angolo che ospita ancora la tipografia; il colore bianco dell’intonaco e del cemento armato è stato coperto dalla tinta rosso mattone, ma sono ancora leggibili i vecchi finestroni verticali che ne ritmavano la facciata; i mattoni della torre littoria sono ancora visibili nell’attuale ingresso e nell’interno sono stati conservali alcuni grossi travi che ne assicurano la stabilità e che invadono i nuovi spazi ricavati dalla successiva ristrutturazione.
(4) Archivio del Genio Civile, presso l’Archivio della Regione Emilia‑Romagna nel deposito di S. Giorgio di Piano.