Chi è la Rossa dal Vergato? La Rossa è una Zagna…ce lo spiega Umberto

Vn24_160216_La Rossa del Vergato-001 copia2016/02/17, Vergato – Chi è la Rossa dal Vergato. La Rossa è una Zagna; Zan, o Zani, o Zuan, o Zuane, o Zanni non è che la trasformazione dialettale, nell’italia settentrionale, di Givanni, o Joane, o Gianni.

Alla formazione della maschera dello Zanni (che vediamo fissata per la prima volta in forma definitiva da simone da Bologna) concorsero due principali fattori; L’uno sociale, l’altro culturale. La povertà e la disoccupazione, probabilmente fin dal secolo XV, spingevano i montanari delle valli intorno a Bergamo a scendere in città in cerca di fortuna, adattandosi naturalmente ai mestieri più pesanti e faticosi, come quello del facchino o del portatore di ceste. In particolare. Sembra che fossero riusciti a monopolizzare il lavoro di facchino nel porto di Venezia e nel porto di Genova. La popolazione cittadina, come succede ripetutamente nella storia del nostro paese, concepì verso i nuovi venuti, pericolosi concorrenti nel lavoro, astio e irritazioni che si espressero in componimenti e raffigurazioni satiriche.

In questo contesto, si inserisce poi, un fattore in un certo senso decisivo e caratterizzante, ossia l’uso del linguaggio dialettale in termini parodistici, o che tali divengono sulla bocca di attori provenienti da altre regioni o paesi. Così il bergamasco tende a diventare gergale nell’uso dei veneziani, i quali dileggiano un linguaggio unicamente sulla scorta di quanto assumano dalla portata dei facchini bergamaschi calati nella loro città e messi alla berlina nelle celebrazioni carnevalesche.

Da facchino a servo personale il passo è breve. La testimonianza del Du Bellay circa la presenza dello Zanni nel Carnevale Romano è del 1554, e offre la certezza che la maschera è già formata, se non nell’attività di compagnie professioniste, almeno nelle sfilate di carnevale. Dalla metà del XVI secolo in poi, si susseguono le testimonianze sull’attività professionale che appare sempre più legata al recitare all’improvviso.

Anche Vergato, alla fine del cinquecento era probabilmente luogo di provenienza dei lavoratori servili, come stava succedendo nelle valli del bergamasco. “La Rossa dal Vergato”, quindi, pur nata dalla fantasia di Giulio Cesare Croce, è una “Zagna” la traspozizione femminile dello Zanni . Essa è pertanto parente stretta di quei lavoratori che sono emigrati da Bergamo a Venezia per cercare lavoro che in seguito hanno dato origine alla maschera di Arlecchino. Anche la Rossa, per bisogno, scende da Vergato fino a Bologna per cercare lavoro.

Per alcuni lo zanni è l’erede diretto della commedia latina, che proprio nel cinquecento era stata riscoperta, sembra però che la figura dello Zanni non si possa ricollegare ai servi di Plauto e di Terenzio, tra il teatro Comico Romano e la Commedia dell’Arte c’è un vuoto di secoli.

Lo Zanni è piuttosto l’erede dei cantastorie dei buffoni e dei giullari, dei saltimbanchi che durante il medioevo continuarono ad esibirsi sulle piazze. Da loro egli ha ereditato la versatilità nel recitare, nell’ uso dei dialetti, nel ballo, nell’acrobazia, nel canto nonchè nell’antica tradizione dei lazzi.

Giulio Cesare Croce poeta, girovago cantastorie. Girava per le strade e per le piazze dalla città e nelle fiere compresa quella di Vergato, recitando le sue composizioni accompagnandosi col violino, e vendendo poi i testi stampati in opuscoli, fogli volanti, “ventole” (fogli di maggior spessore così detti perché servivano una volta letti, a farsi vento). Delle trecento e più opere del Croce, la più nota e significativa è “ le sottilissime astuzie di Bertoldo”.

scrive La Rossa dal Vergato nella secoda metà del cinquecento, che diverra nel 1600 una famosa maschera del carnevale bolognese. Oltre La Rossa scrive “la Simona della Sabuca”  la quale và cercando da filare in Bologna. “Le nozze della Michelina dal Vergato in Sandrello da Monte Budello” con il pasto rusticale fatto a parenti e amici. “E la gran crida “ fatta da Vergon dalla Sambuca per haver perso l’asino del suo padrone.

La Rossa è una Frottola di 563 versi, per lo più settenari piani e tronchi rimati a due a due. Il numero dei versi varia a seconda della redazione (nel 1590 erano 580, scesi a 574 nella seconda tiratura di quello stesso anno) così come muta la lingua: L’edizione citata Bologna, presso gli eredi dei Cochi, a Palazzo Rosso porta la specificazione “in lingua rustica”. Secondo altre stampe, a partire dalla Princepe di Bologna 1590, “in lingua rustica bolognese”.

Brigà. La Rossa inizia con un’allocuzione tipicamente teatrale, il lungo monologo, o “mascherata carnascialesca “, della Rossa, “da dire in maschera a carnevale” (Bologna 1590) o in “su le veglie” come risulta dalla seconda tiratura (1590), destinata ad essere recitata fuori città a svincolata dalla prima occasione. Analogo incipit ne la Simona della Sambuca, in lingua rustica di montagna.

Bon dì, bon dì brigà,
iè nsun in sta cuntrà
ch’vuia una masara?
S’ben à son muntanara
e chà sia mal vestì,
per quest an psì
saver quel cha so far;
mò sa stad ascultar
av dirò ca son,
e anch la cason
ch’m’ha cunduta qui,

perch’a bram anca mì
ch’qualcun m’chgnossa:
am ciam la Rossa
di mal’accumpagnà,
ch’fù za’ maridà
in Cecch Stintarin.
(….)
Sal ie fus qui un patron
o parrona ch’m’vles,
chi m’ provin ades, ades
chi vdran quel cha so’ far…
An m’vuoi mo’ vantar
saver far i piè ai gat,
mo’ av digh ben cha so’ quel
ch’va fat in tuna cha.
(….)
Quand a voi cavar
e po’ la vò lavar
al poz o in tun fussà,
e li tutta sbrazzà
a lav prima i strazzua,
e pò dria i linzua,
over ai camis,
e sal iè sù di sfris
a tuoi un struffion,
e lì con dal savon
a tin dagh una mnà.
Vultandi d’ogni là,
pr far chi viegnin nit.
Av sò dir c’h’a i net
tot al mi cervel,
po’ tuoi al matarel,
sal iè d’la tela nova,
e perch’a sò cha i zova
a bastunarla ben,
a i do tant, ch’ la vien,
pastosa e mulsina,
ch’la par prupi urtighina,
sben l’è filident.
(…)
S’a vli saver sa son
perfeta in cusinar,
cha farè da manzar
a Re e Iperator;
a so far dal savor
d’ch’sort a savi dir,
es sò ben impir
i pulastr, e i capun
e far di maccarun,
d’ l’ tort e di turtia.
(…)
Prchè cun dal didal
an n’o paragon,
a so far l’urel maton,
al gasgh a un fazulet,
punt mort, e cavalet,
punt indrie, e sot man,
dam pur l’agoch a in man,
e lassam d’nar;
samvrì po’ adruvar
pr donna de guern,
dam pur al guern
d’tutta la cha a mi,
prchè d’ dì in dì
avanzzarì chuel,
prchè cun l’dunzel,
e cun i sirvitur,
ch’ tirin zo da mat,
a strinzrò d’fat
a tutt la misura;
lassà pur po’ la cura
a quella s’sa far,
ch’si vran manzar
cun la testa in tal sach
sguazzar, e vivra sal
i vivran del sò,
prche mi tgnarò
l’chiav dal mie là,
es tgnarò chiavà
prfin i sufafanin.
(…)
Orsù sa iè qualcun
ch’m’ vuia in sta cità
e ch’ vuia sgurtà,
sigond ch’vol l’usanza,
over chgnusanza
ai la darò in tun trat;
tiren pur al cuntrat,
ch’a n’v’mancarò,
e dal salari po’
a la rimet a vù

  • la maschera della Rossa fa la sua comparsa nel carnevale di Vergato per la prima volta nel 2003 al fianco del principe di Montepetto, già maschera del carnevale vergatese fin dagli anni cinquanta.
  • Da maschera del carnevale a burattino il passo è breve, la Rossa compare anche nel casotto dei burattini, della locale compagnia, al fianco del dottor Balanzone e Faggiolino.
  • Come tutte le maschere per vivere hanno bisogno di un ambiente che può essere il teatro, il carnevale, il casotto dei burattini, uno spazio dove possa mostrare le sue qualità. il teatrino dei burattini o delle marionette ha salvato alcune maschere da una sicura scomparsa, lo stesso Balanzone può ringraziare grandi e piccoli burattinai che tramandando le sue caratteristiche lo hanno mantenuto giovane e vivace.
  • La Rossa, sfortunatamente. un tempo famosissima maschera del carnevale Bolognese è passata di moda e col tempo è stata dimenticata. Di lei sappiamo che parla in un dialetto rustico popolare che probabilmente negli ambienti della Bologna ricca suscitava una certa ilarità, sappiamo che lascia Vergato per cercare lavoro.
  • Questa maschera fa il suo debutto nel teatrino dei burattini nel 2008 con una farsa della tradizione. La trama prende vita con Balanzone in cerca di una servetta, ora si direbbe collaboratrice domestica. Si presenta la Rossa dal Vergato che decanta le sue qualità, viene assunta e il suo primo incarico è quello di aspettare Fagiolino. Nascerà un malinteso, un gioco degli equivoci che darà il via alla commedia.