Ettore Bortolotti di Vergato – Tragica storia di fede, di guerra e d’amore
2016/03/26, Vergato – Chi si reca a Vergato in via Roma, l’antica via Marsala, può scorgere sulla facciata del palazzo sede di Unicredit, l’ex Credito Romagnolo, una lapide ben leggibile. Sono riemerse in questi giorni le fotografie della cerimonia di inaugurazione, secondo la scritta sul retro delle foto, era il 5 ottobre 1947, a conferma dell’importanza di queste tracce storiche, abbiamo voluto approfondirne la vicenda che ha portato alla collocazione della lapide.
IN MEMORIA
DI
ETTORE BORTOLOTTI
CRISTIANO CITTADINO IN ESEMPIO
OTTIMO AGENTE
PER BEN SETTE LUSTRI
DEL
CREDITO ROMAGNOLO
SPENTO ASSIEME ALLA CONSORTE
IL 15 DICEMBRE 1944
VITTIME INNOCENTI
DI FEROCE STRANIERA BARBARIE
LA BANCA I COLLEGLI GLI AMICI RIVERENTI
POSERO
Ettore Bortolotti di Vergato – Storia di fede, di guerra e d’amore.
Questo era il titolo dell’articolo pubblicato sulla rivista Nuetèr (nr.?, data ?) a cura di Alfredo Marchi e Franco Gamberi. Una storia tragica come solo le tragedie della guerra possono scrivere e come in altre vicende di quel periodo, la verità rimane nascosta dai dubbi, gli inquirenti del nostro tempo concluderebbero con un… mancanza di movente!
Ripercorriamo quella storia drammatica con gli scritti e le testimonianze del tempo fino ad arrivare a don Dario Zannini, controverso parroco di Sasso Marconi che da sempre si è battuto per una verità che molti hanno voluto rimanesse nascosta.
Da Nuetèr
Era la tarda primavera del 1945, quando gran parte dei vergatesi tornava a riprendere possesso ci ciò che era rimasto del loro paese. Le strade e i sentieri della nostra montagna erano, in quel periodo, percorsi dagli sfollati che a piedi o in bicicletta tornavano con il sollievo della guerra finita, ma con l’ansia e l’incertezza di ritrovare le persone e le cose lasciate. La visione che si presentava a chi faceva ritorno a Vergato era desolante: case distrutte, boschi incendiati, campi incolti e pieni di pericoli mortali, corpi insepolti. L’arrivo in paese non dovette essere meno straziante: la speranza di trovare i propri beni fu per la quasi totalità delusa, le voci vaghe sulla scomparsa di parenti, amici e conoscenti cominciavano a diventare tristi conferme e, fra queste, quella della morte di Ettore Bortolotti non tardò a diffondersi fra i paesani non tanto per l’atrocità con cui avvenne, purtroppo alquanto comune in quei giorni, ma soprattutto per la popolarità di cui il Bortolotti godeva in paese. Ettore Bortolotti era infatti conosciuto per il lavoro che svolgeva quale agente presso la locale banca del Credito Romagnolo, ma soprattutto per l’impegno sociale, civile, politico e religioso profuso costantemente in paese.
La storia di questo vergatese di adozione e alcuni suoi scritti sono già stati pubblicati con la collaborazione di suoi parenti dall’allora parroco di Vergato don Enzo Pasi in un opuscolo stampato a memoria sua, della moglie e della cognata che gli furono compagne nella vita e nel tragico momento della morte (1).
Questa pubblicazione, circolata fra i vergatesi nel ’45 è ormai diventata rara e la storia di fede, di guerra e di amore che vi è narrata è oggi conosciuta certamente da pochissimi. Servendoci di questa pubblicazione, integrata da alcune altre fonti che citeremo e da testimonianze di chi ha conosciuto Ettore Bortolotti, riteniamo interessante riproporne la vicenda spirituale ed umana.
Ettore Bortolotti nacque a Budrio il 16 settembre 1889 da una famiglia di modeste condizioni, ma profondamente ancorata e i valori cristiani. Rimasto orfano di padre dovette interrompere gli studi e lavorò come portalettere. Durante il servizio militare riprese gli studi e conseguì la licenza tecnica che gli consentì di diventare agente del Credito Romagnolo di Molinella. Qui conobbe Annetta Gnudi, che divenne la sua prima sposa. Proprio nell’ambito della famiglia della moglie, Bortolotti raccolse i primi più significativi frutti del suo «apostolato» e della sua fede autenticamente vissuta. Il mattino del matrimonio ebbe questa purissima consolazione: fu battezzata la cognata di 12 anni ed egli e la sua sposa ne furono padrini. Prima di ciò, era riuscito a far ricevere agli altri cognati i Sacramenti di cui erano ancora privi e tutta la famiglia con il suo esempio e con la parola suasiva riprese la pratica di una vita cristiana in vivo contrasto con l’accanimento antireligioso colà imperante (2).
Dopo la prima guerra mondiale fu trasferito all’agenzia del Credito Romagnolo di Vergato. Bortolotti cominciò così a far conoscenza con i vergatesi che in banca avevano modo di parlare con lui e si sa che dietro ai soldi che si depositano o si prendono a prestito ci sono le aspirazioni, le preoccupazioni e molto del carattere di un uomo. Soprattutto doveva essere facile allora questo rapporto diretto, quando il «banchiere» era spesso il consulente finanzia-
Le foto del palazzo in questi giorni
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rio e diventava spesso un consigliere e un secondo confessore con cui si parlava di cose che nessun altro doveva sapere.
Ettore Bortolotti partecipò anche attivamente alla vita politica di Vergato; iscritto al Partito Popolare fu consigliere comunale fra il 1920 e il 1925 distinguendosi per la decisa opposizione al neo partito fascista e alle sue violenze.
. ..dove rifulse il suo spirito di decisa e civica consapevolezza, fu nell’energica e sistematica opposizione organizzata e sostenuta da un forte gruppo di animosi, contro le turbolenze prepotenti e sanguinarie che condussero poi il nostro paese al ventennio della dittatura e al disastro abissale della seconda guerra… furono proprio le continue ansie dovute ai seri pericoli ai quali egli era esposto e dei quali non si curava quando era impegnata la sua missione pubblica e privata, che fiaccarono la debolissima resistenza del cuore ammalato della sposa (3).
Marchi Francesco ci racconta del clima che regnava a Vergato in quegli anni e ci narra un piccolo episodio di cui Bortolotti fu uno dei protagonisti:
«All’inizio degli anni ’20 c’era a Vergato un clima di violenza provocato da una squadra di una ventina di picchiatori fascisti. Erano tutte persone del paese o di frazioni vicine. Qualche volta alcuni picchiatori venivano chiamati anche da altri posti per intimidire a bastonate le persone che si opponevano all’affermazione del fascismo.
Questi violenti non usavano solo le legnate per imporsi ma anche armi da fuoco. Ricordo che mio padre chiuse nel proprio negozio, per proteggerla, una persona che fuggiva dai fascisti. Quando questi trovarono la porta della bottega sprangata vi spararono contro, perforando la porta alcune lattine d’olio e lasciando un eloquente segno nel muro che mio padre lasciò sempre lì in vista per diversi anni, finche non si cambiò negozio.
Un ‘altra volta, sempre la stessa banda, andò in una frazione di Castel d’Aiano. Per poter entrare in un locale dove forse si ballava, uno di loro si vestì da carabiniere, fece uscire un uomo e l’ammazzarono. Al processo furono tutti assolti. Un ‘altra volta – prosegue Francesco Marchi – , mio padre, Vannini Giuseppe e Bortolotti Ettore ritornavano da Cereglio, dove erano stati per fare propaganda al Partito Popolare, quando furono assaliti al buio dai picchiatori fascisti. Mio padre e Vannini ne presero parecchie, un po’ meno invece Bortolotti. In genere i picchiatori fascisti presero di mira gli attivisti del partito Socialista, del partito Popolare e i pochi anarchici che si esponevano apertamente. Fra i socialisti fu bastonato Sabatini Umberto. Di più non ricordo anche <<perchè me alora a jera un ragaz!>>
Nel 1925 quando Bortolotti aveva 36 anni, morì Annetta Gnudi, la prima moglie, stroncata da un attacco cardiaco.
Solo e senza figli vagheggiò per breve periodo l’aspirazione di farsi religioso. Anche il fratello Angelo era morto sacerdote nell’Ordine dei Servi di Maria. Don Ettore Mattioli che reggeva la parrocchia di Vergato gli fece capire che la sua vocazione restava ancora l’apostolato laico fra la nostra gente ed egli con rinnovato impegno si dedicò alla parrocchia e alle iniziative di carattere sociale.
Don Giorgio Pederzini parroco di Vergato, che negli anni ’40 fu cappellano nella stessa parrocchia, riferisce il seguente particolare su Ettore Bortolotti: «Dopo la Messa del mattino si portava l’Eucarestia alla moglie ammalata, lui mi accompagnava volentieri e durante il percorso non cessava mai di pregare; era per la sua spiritualità in uno scalino più in su».
Particolare impegno profuse nell’organizzare la cooperazione fra le classi più umili, mettendo loro a disposizione i servizi e lo spirito di solidarietà che caratterizzarono le Casse Rurali di quegli anni. I primi anni del ’900 videro fiorire nella nostra zona un gran numero di Casse Rurali e Popolari legate alla diocesi di Bologna (4). Queste casse cattoliche a sostegno dei contadini, degli artigiani e degli operai della zona (5) avevano lo scopo di dare, alle classi sociali più deboli, un aiuto più efficace ed organizzato di quello che erano riuscite ad offrire in precedenza le Opere Pie, gestite dalla locale Congregazione di Carità.
A questa azione di aggregazione sociale e di mutuo soccorso, oltre ai cattolici, parteci-
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Continua… chi avesse materiale originale, foto o documenti li dovrebbe inviare e saranno pubblicati in sequenza con il materiale in nostro possesso…