La lotta alla vespa cinese dà buoni risultati sull’Appennino bolognese
2016/10/12, Vergato – La lotta alla vespa cinese dà buoni risultati sull’Appennino bolognese, la situazione è ormai sotto controllo. Buoni i risultati della lotta biologica alla vespa cinese nell’Appennino bolognese, come confermato dai tecnici della Regione Emilia-Romagna. Ci si prepara però ad un’altra insidia, quella della vespa velutina.
I castanicoltori possono tirare un sospiro di sollievo: la lotta biologica alla vespa cinese ha avuto un ottimo successo in tutta l’Italia settentrionale, e l’esperienza dell’Appennino bolognese lo conferma. Questa piccola ma dannosa vespa parassita è oggi molto diffusa sia in Asia che negli Stati Uniti. In Europa è stata assente fino al 2002, anno in cui è stato accidentalmente introdotta in Italia in una zona a sud di Cuneo. In Emilia-Romagna è arrivata del 2008: induce la comparsa di ingrossamenti tondeggianti detti “galle” su germogli e foglie delle piante colpite, in particolari i castagni nei quali la sua larva compie il ciclo vitale portando ad un rapido deperimento della pianta.
La lotta biologica prevede un programma di introduzioni (i cosiddetti “lanci”) dell’antagonista Torymus sinensis, che sono stati eseguiti in tutto il territorio regionale con la forte partecipazione delle amministrazioni locali. Si tratta di un altro insetto che limita la proliferazione della vespa cinese, nutrendosi delle larve di quest’ultima.
Il Servizio Fitosanitario della Regione Emilia-Romagna coordinato da Nicoletta Vai e Massimo Bariselli conferma che nel 2016 la presenza di galle di vespa cinese in castagneto è ridotta ai minimi termini e anche la salute globale delle piante e la produzione sono in forte ripresa. L’inversione di tendenza, cominciata nel 2014 (anno terribile per la castanicoltura nell’Appennino bolognese), si vede quindi confermata.
La situazione non è però altrettanto rosea nel resto d’Italia. Specie nel centro sud, infatti, nelle zone in cui la castanicoltura è più professionale e in cui si eseguono trattamenti insetticidi per la difesa dalle tortrici, la lotta biologica non sta ottenendo i risultati previsti, le galle sono numerose e la produzione ne risente. Questo perché l’uso di antiparassitari chimici inevitabilmente colpisce anche il parassitoide Torymus, vanificando sforzi e investimenti.
“I buoni risultati ottenuti nella lotta biologica alla vespa cinese sono il risultato dell’ottima cooperazione tra consorzi, agricoltori ed enti locali” commenta Salvatore Argentieri, sindaco di Castel d’Aiano e delegato all’agricoltura per l’Unione dei comuni dell’Appennino bolognese. “Dobbiamo essere soddisfatti del risultato, ma certo non possiamo abbassare la guardia, visto che nuove minacce si profilano all’orizzonte”.
Il riferimento del sindaco alle nuove minacce è rivolto alla temuta vespa velutina, spesso evocata in maniera enfatica come “calabrone killer” o calabrone asiatico. La specie oggi è segnalata soltanto in Piemonte e in Liguria mentre in Emilia-Romagna non è ancora presente. L’insetto è particolarmente pericoloso non solo per l’apicoltura, perché si nutre di api, ma purtroppo anche per le persone, per le reazioni allergiche anche gravi che la puntura può causare. Tuttavia ha uno spostamento lento e gli esperti non prevedono la comparsa in Emilia-Romagna nel breve termine. Ci si sta muovendo per non essere colti impreparati: il sito http://www.vespavelutina.eu, un progetto che coinvolge università, enti di ricerca, associazioni, apicoltori e cittadini mira a monitorare la presenza della vespa e intercettare tempestivamente l’arrivo dell’insetto nei nuovi territori, anche fornendo consigli su come produrre delle trappole economiche e semplici da installare. Non esistono infatti ancora esperienze efficaci di lotta biologica alla vespa velutina.
Di questi e di altri argomenti si discuterà sabato 5 novembre a Capugnano (Alto Reno Terme) alle ore 9.30 nel corso delconvegno dal titolo: “La castanicoltura: una risorsa troppo a lungo sottovalutata” cui interverranno, tra gli altri, la dottoressa Nicoletta Vai e il dottor Massimo Bariselli, del Servizio Fitosanitario Regione Emilia Romagna.
Carmine Caputo
Ufficio Stampa Unione dei comuni dell’Appennino bolognese