Enrico Carboni – I Ponti del Diavolo (seconda puntata)

2016/11/21, Vergato – Dopo il forte interesse suscitato dalla prima puntata, gli appassionati di storia e leggenda troveranno ancora motivo d’interesse in questa avvincente seconda puntata;

I PONTI DEL DIAVOLO; I ponti di Castrola e di Suviana sul Limentra di Treppio 

Di dimensioni minori rispetto ai primi due esaminati nella prima puntata de I ponti del diavolo, ma non di minore importanza per il loro valore storico testimoniale, sono i Ponti di Castrola e Suviana che troviamo sul Limentra di Treppio, distanti fra di loro pochi chilometri. Non abbiamo notizie di particolari leggende che ne attribuiscano la costruzione al diavolo, ma ne hanno tutte le caratteristiche: sono entrambi a schiena d’asino, con un unico arco e uno dei due ha pure un’edicola votiva su di una spalletta.

Il primo, il più antico, è conosciuto come il ponte di Castrola e si trova su un’antica strada ormai scomparsa, che collegava i territori della valle del Limentra con i territori  delle valli del Brasimone, del Setta e del Bisenzio. Ne è documentata l’esistenza fin dal 1189 come bene appartenente all’importante Abbazia benedettina di Montepiano, collocata proprio sul valico fra Setta e Bisenzio, come risulta da diversi e documentati atti di donazione dai quali è possibile dedurre l’importanza strategica che il ponte e il castello, che si trovava nel borgo sovrastante di Castrola, hanno avuto nel medioevo. ( Il ponte di Castrola dal Medioevo al secolo XIX – Renzo Zagnoni – Nueter 2001).

Tale importanza è confermata anche da Paolo Guidotti che ritiene che anche i Crociati bolognesi, in marcia verso i porti toscani per imbarcarsi per il medio oriente, passassero proprio sul ponte di Castrola , allargando notevolmente il ruolo e l’importanza di tale struttura fino alla dimensione interregionale in quanto collegava Bologna alla Toscana lungo uno dei percorsi che dalla Porta di Saragozza, risalendo la valle del Reno, portavano ai passi appenninici. (Paolo Guidotti: I ponti sul Limentra contributo alla storia politica, economica e sociale di una vallata appenninica-Il Carrobbio 1975 ) 

Dello stesso avviso anche Arturo Palmieri che ne delinea anche il possibile percorso a partire dal ponte di Panico, che consentiva di passare in sponda destra di Reno, abbandonando quindi il fondovalle spesso pericoloso per problemi di brigantaggio e di tumultuose piene che allagavano la sede stradale rendendola impraticabile, per salire per la via più sicura dei monti prima a Caprara, poi a Veggio, Grizzana, Tavernola, Monteacutoragazza, Vimignano, ( col vicino Montovolo sede del santuario più famoso e importante del tempo, presso il quale si teneva anche una fiera annuale molto frequentata e dove arrivavano merci e bestiame anche dai territori toscani), Vigo,(sede della prima Podesteria istituita nella montagna bolognese), Carpineta, scendeva poi nel Limentra a Castrola, attraversava il ponte omonimo per salire poi a Casio(sede del primo Capitanato della montagna), dove si univa con l’altra strada proveniente da Savignano (ponte di Riola) per proseguire in direzione di Moscacchia, Pavana, Collina  per poi raggiungere Pistoia, Lucca e Pisa. (Arturo Palmieri- La montagna bolognese nel medioevo – Bologna – 1929).

Risulta evidente che trattasi di un percorso alternativo a quello principale che attraversava il Reno sul ponte di Riola, per arrivare a Casio attraverso Savignano, ma certamente di un percorso che poteva diventare sostitutivo, specie in occasione delle frequenti interruzioni del ponte di Riola a causa delle piene che ne distruggevano le pile facendo crollare qualcuno dei numerosi archi.

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Fig. 5 – Il ponte di Castrola sul Limentra di Treppio in una foto di Luigi Fantini del 1968, che lo mostra ancora in buone condizioni, sullo sfondo il Monte Vigese.

A proposito del passaggio dei crociati sul ponte di Castrola, nulla vieta di pensare che nel loro viaggio verso la terra santa, fosse implicita una visita propiziatoria al santuario di Montovolo, rendendo quindi inevitabile il loro passaggio sul ponte di Castrola per poter raggiungere Casio e riprendere il viaggio sulla via principale per la Toscana. Del resto anche la  costruzione sul Montovolo dell’oratorio dedicato a S. Caterina  d’Alessandria, costruito pare negli anni immediatamente successivi alla fine della quinta crociata, cui parteciparono certamente anche i bolognesi, rafforza l’idea che siano stati i crociati a volerne la costruzione al loro rientro, rafforzando il loro legame con il santuario, sottolineato anche dal simbolico parallelismo fra l’ ”alpe gemina” di Montovolo e il Monte Oreb nel Sinai, la “ montagna sacra” per eccellenza, anch’essa contraddistinta da due cime. (vedi in proposito: Montovolo – Il Sinai Bolognese – Bologna 2011)                                                                                                        D’altra parte l’importanza del ponte di Castrola oltre i confini comunali e di vallata è testimoniata anche dal fatto, raccontato sempre dal Palmieri, che in occasione di una forte piena che nel 1370 aveva distrutto parte del ponte di Riola e il ponte di Castrola, che allora era probabilmente in legno, il Senato bolognese dispose sì la ricostruzione delle arcate  distrutte del ponte di Riola, ma anche l’immediata e prioritaria ricostruzione dell’impalcato in legno del ponte di Castrola, che evidentemente  costava meno e che poteva esser eseguito in meno tempo, per ripristinare comunque subito i collegamenti e gli interessi commerciali fra Bologna e la Toscana.

Dopo tante notizie e informazioni sul ponte di Castrola nel medioevo, per alcuni secoli a seguire non se ne sa più nulla. Del ponte di Castrola non parla più nessuno, probabilmente è crollato e nessuno ne ha disposto la ricostruzione, anzi in qualche occasione si afferma non esservi mai stato nessun ponte sul Torrente Limentra, quasi se ne fosse persa persino la memoria.

La ripresa d’interesse avviene alla metà del XIX secolo quando l’esigenza di un ponte che colleghi i territori  del versante destro del Limentra con Porretta che è divenuto importante centro di attività e commerci e con la nuova strada Porrettana appena realizzata e che garantisce un sicuro percorso verso Bologna, ripropone il problema del ponte di Castrola. In realtà non mancano le discussioni fra chi lo vuole a Castrola (le comunità alte della valle del Limentra, Bargi, Suviana, Carpineta, Guzzano ) e chi lo propone a Lodio o addirittura più a valle alle Rovinacce (le comunità basse della valle, in particolare  Vigo e Verzuno). Alla fine dopo molte discussioni e petizioni rivolte alle autorità competenti, la decisione ricade su Castrola  ed il ponte attuale, o meglio ciò che ne resta, viene costruito a spese delle comunità di Camugnano e Castel di Casio negli anni 1848/ 1851 su progetto dell’Ing. Lorenzo Lorenzini di Borgo Capanne, modificato in corso d’opera da d. G. Lorenzelli, ( Paolo Guidotti: I ponti del Limentra….) e versa oggi in un deplorevole stato di abbandono e minaccia prossima rovina come bene si nota nelle Fig.e 7 e 8.

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Fig.6 – Il disegno del ponte di Castrola nel progetto originario di L. Lorenzini; sotto il disegno del medesimo ponte, come venne poi costruito con le modifiche in altezza di d. G. Lorenzelli (da Paolo Guidotti: I ponti del Limentra….)

Fig. 7- Lo stesso ponte di Castrola ripreso nei primi anni 2000 da Sergio Venturi (IBC), le spallette del ponte sono ormai quasi del tutto crollate ed è rimasto solo l’arco..

Fig.8 – Il ponte di Castrola come si presenta oggi con gli accessi sbarrati da robuste cancellate in ferro che in teoria(sono aperte!) dovrebbero impedire ai curiosi di salire su ciò che ne resta.

Il ponte di Suviana o dei Cinghi o del Dotti – Castel di Casio-Camugnano (BO)

Poco più a monte del ponte di Castrola, sullo stesso Limentra di Treppio (orientale o inferiore), in località i Cinghi o la stretta di Suviana, troviamo l’omonimo ponte, detto anche del Dotti dal nome dell’Architetto che lo progettò nel 1766.  Costruito infatti su disegno di Giacomo Dotti, figlio del più famoso Carlo Francesco, progettista fra l’altro del Santuario di San Luca, appaltato dal Senato bolognese a Giovanni Pellegrino Comelli di Bargi, che si offrì di anticipare parte delle spese necessarie alla costruzione, come si poteva leggere su una targa in una edicola votiva che si trovava sulla rampa di destra del ponte, fu completato nello stesso anno con grande partecipazione delle comunità di Suviana e Bargi che l’avevano fortemente voluto.

Questa ardita ed elegante costruzione, a schiena d’asino e ad un solo arco, è costruita con pietra arenaria lavorata e ciotoli fluviali legati con malta di calce. Sulla sommità del ponte dal lato nord è fissato nella muratura lo stemma del Senato bolognese che autorizzò e finanziò l’opera, scolpito in arenaria. Le due spallette sono ricoperte da copertine in arenaria scalpellata con giunzioni ad incastri semicircolari. Ad una estremità del ponte sul versante bargese si erge una edicola votiva nella cui nicchia si trova una formella di terracotta policroma raffigurante la B.V. di S. Luca. (vedi art. a cura di Paolo Biavati e Alberto Gigli su Nueter n. 2 – 1979)

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Fig. 9 – Il ponte di Suviana come appare oggi all’interno della centrale idroelettrica, proprio sotto all’imponente paramento della diga, in buone condizioni di conservazione. Sulla sommità dell’arco si nota ancora lo stemma del senato bolognese che finanziò l’opera nel lontano 1776

Nello stesso punto in cui è stato costruito il ponte dei Cinghi, esisteva prima un altro ponte, costruito nel 1710 da Matteo Acquafresca, esponente della famosa famiglia di Bargi, crollato qualche decennio dopo. Si trattava di un ponte di legno di cerro a due archi con una pila centrale in muratura che sosteneva i due impalcati e che avrebbe dovuto garantire un collegamento stabile e duraturo fra i due versanti della valle del Limentra. In realtà la pila centrale in muratura, non sufficientemente ancorata e armata, si rivelò fragile ed il ponte subì quasi subito danni a seguito di piene tumultuose del torrente e a nulla valsero i lavori di rinforzo, nel giro di pochi decenni del ponte crollò e non rimase nessuna traccia. Questa esperienza negativa della pila centrale in muratura consigliò ai progettisti dei ponti ottocenteschi di cui oggi parliamo, di scegliere l’unico arco come soluzione più idonea date le caratteristiche statiche dei terreni e le condizioni idrauliche del Limentra. (vedi in proposito Paolo Guidotti – I ponti sul Limentra: contributo alla storia … – Il Carrobbio n. I – 1975 )

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Fig. 10 -.Il ponte di Suviana fotografato nel 1928 all’inizio dei lavori di costruzione della diga. Notare l’edicola votiva presente sulla spalletta di sinistra nella posizione originale quando il ponte era ancora integro. (Archivio fotografico Comelli; foto erroneamente attribuita dal catalogatore dell’archivio al ponte di Castrola, mentre trattasi indubitabilmente del ponte di Suviana.)

La foto di Fig. 10, proveniente dall’archivio fotografico della famiglia Comelli,  oltre a confermare il ruolo avuto dalla potente e facoltosa famiglia di Bargi nella costruzione del ponte, è interessante perché dà conto di una condizione del ponte preesistente alle modifiche che si sono rese necessarie in sede di esecuzione dei lavori di costruzione della diga e della relativa centrale idroelettrica e quindi ne documenta l’ originario aspetto; in particolare la diversa collocazione dell’edicola votiva che oggi si trova arretrata di alcuni metri e spostata verso l’alto su una lunga e ripida scalinata, mentre in origine si trovava sulla spalletta di sinistra del ponte come ben si vede dal confronto fra le foto di Fig.10 e di Fig.11.

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Fig. 11 – L’edicola votiva come appare oggi, arretrata e spostata in alto lungo una ripida scalinata

La foto di Fig. 10 è poi interessante perché documenta proprio l’inizio dei lavori di scavo per tagliare le rampe di accesso del ponte e fare posto alle condotte che adducono l’acqua del lago alle turbine; nella foto si vede solo l’inizio di tali lavori che nel prosieguo taglieranno completamente le rampe del versante destro spostando indietro di alcuni metri e verso l’alto l’edicola che quindi è stata smontata e ricostruita dove la vediamo ora(Fig.11). Analoga operazione è stata eseguita sul versante di sinistra  per fare posto alla galleria di derivazione e allo scarico di fondo della diga (vedi Fig.13 ).

Dal che si deduce che il ponte pur lodevolmente conservato è stato modificato e completamente defunzionalizzato, privato come è stato di parti importanti per fare posto alle infrastrutture della diga e della centrale. Sotto al ponte non scorre più acqua né sopra al ponte transitano persone, animali e merci, ma unicamente qualche addetto ai lavori di ispezione e controllo. Le foto che seguono danno conto delle modifiche intervenute durante le varie fasi dei lavori di costruzione.

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Fig.12 – Il ponte dei Cinghi(Cigni?), visto da sud, cioè dall’attuale invaso, all’inizio dei lavori di “scarificazione”(eliminazione totale della vegetazione e di messa a nudo degli speroni rocciosi “cinghi” per impostarvi il paramento della diga), che caratterizzavano la stretta di Suviana.

 

 

 

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Fig. 13 – Lo stesso ponte visto da valle negli stessi anni a lavori preliminari iniziati:la galleria di derivazione e lo scarico di fondo che si vedono realizzati sul versante sinistro di Suviana.

 

 

 

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Fig.14 – Lo stesso ponte ormai privato delle rampe e delle strade di accesso in una fase avanzata dei lavori di costruzione della diga e della centrale idroelettrica, iniziati nel 1928 e conclusi e inaugurati nel 1932-X anno dell’Era Fascista come si può leggere in alto sul paramento della diga

Il ponte dei cinghi è stato risparmiato, anche se tagliato e modificato ed ora si trova in mezzo agli edifici, alle turbine ed ai tubi di scarico della diga, ma comunque in buono stato di conservazione. Essendo l’area della centrale tutta recintata, non è possibile accedervi senza uno specifico permesso, per cui non resta che affacciarsi dal parapetto della diga e rivolgere lo sguardo verso il basso per mettere a fuoco questo importante frammento della storia della valle del Limentra e dei suoi abitanti.(Fig. 15)

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Fig. 15 -. Il ponte visto dal parapetto verso valle della diga di Suviana, interrotto in sponda  sinistra dal canale di scarico di fondo, a destra dalle condotte che adducono l’acqua alle turbine

 Nella prossima puntata(terza) i ponti di Case Morotti sul Limentra di Sambuca in Comune di Sambuca e di Lagacci sul F. Reno in Comune di Granaglione