Unione dell’Appennino: sì all’energia eolica ma le regole vanno riviste

2017/08/05, Vergato – Unione dell’Appennino: sì all’energia eolica ma le regole vanno riviste. La giunta dell’Unione dei comuni dell’Appennino bolognese ha comunicato la volontà di richiedere la revisione di una normativa che rischia di produrre eco mostri sui crinali. Durante la seduta del consiglio dell’Unione dei comuni dell’Appennino bolognese svoltasi a Vergato lunedì 31 luglio, il presidente Romano Franchi ha comunicato ai consiglieri l’intenzione della giunta dell’Unione di chiedere un intervento, prima di tutto alla Regione Emilia-Romagna e inseguito al parlamento nazionale, perché si valuti di modificare e perfezionare la normativa relativa agli impianti eolici.

La normativa, che l’Unione richiede di rivedere, prevede infatti che la misura della portata di un impianto eolico non sia la sua dimensione strutturale, ma la potenza di energia prodotta. Gli apparati con potenza inferiore a 60 KWh sono agevolati dallo Stato che per loro ha pensato alla cosiddetta “PAS” (Procedura Abilitativa Semplificata): in merito i Comuni non hanno voce in capitolo, essendo la stessa utilizzata per agevolare l’iter abilitativo delle installazioni considerate di “pubblica utilità, ed indifferibili ed urgenti” da una normativa del 2003.

Ha fatto molto discutere infatti in questi giorni l’episodio che si è verificato nel Comune di Monzuno, dove  sono iniziati i lavori per l’installazione di una pala eolica nei pressi della strada provinciale che conduce a Rioveggio all’incrocio con la strada comunale per la località Gabbiano. A fronte delle proteste allarmate da parte dei cittadini, che da subito si sono resi conti della notevole dimensione dell’impianto in questione, – supera i 100 metri di altezza – l’amministrazione comunale di Monzuno ha infatti risposto che da un punto di vista normativo l’installazione è in regola e gli amministratori locali in merito possono fare poco.

La ditta che sta eseguendo i lavori infatti sta impiantando un impianto eolico che potrebbe produrre un megawatt, ma depotenziandolo evita tutte le verifiche sull’impatto ambientale dello stesso, visto che in questi casi l’autorizzazione non è neppure richiesta, essendo sostituita da una dichiarazione da parte della ditta installatrice accompagnata dalla relazione di un tecnico abilitato. Insomma, sembra essere di fronte ad uno di quei casi in  in cui prima si maledice la burocrazia invocando la semplificazione, poi ci si rende conto che i controllori hanno le armi spuntate.

Non solo: se i comuni non si attengono alle procedure possono essere chiamati a pagare i danni all’azienda che ha fatto richiesta di installazione. Per la normativa attuale tutti i terreni sono utilizzabili per la realizzazione di impianti di energia rinnovabile, con le eccezioni stabilite dalle Regioni nell’ambito delle loro competenze. A conferma di ciò recenti sentenze dei tribunali amministrativi hanno condannato quei comuni che hanno introdotto criteri di localizzazione degli impianti diversi dalle linee guida statali o dalla normativa regionale.

Con le norme attuali a ben poco, quindi, servono le proteste dei cittadini che nel caso di Monzuno hanno fatto rilevare come, oltre al valore paesaggistico dell’area in questione, l’impianto sorgerebbe su una frana dormiente e la pala (della misura di 31 metri) ruoterebbe direttamente sulla strada comunale che conduce a Gabbiano.

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