La mela “Rosa Romana”, passato e futuro della Valle del Reno?
2019/01/31, Vergato – La mela Rosa Romana, protagonista dell’Appennino bolognese? E’ possibile.
Il sogno di Pietro Vicinelli di vedere la vallata del Reno piena di alberi, coltivazioni nel rispetto dell’ambiente, il recupero dei nostri frutti, potrebbe essere un sogno realizzabile. I primi segni li hanno dati alcuni volonterosi che hanno tentato i primi interventi di impianti e selezione delle specie autoctone. Il primo convegno che si è tenuto a Grizzana Morandi con il sindaco Graziella Leoni e Cesare Calisti, ha visto la possibilità di un salto di qualità della proposta, passando da ricerche di volontari a interventi di istituzioni e specialisti universitari. Apriamo le pubblicazioni su questo sito con l’articolo che il prof. Dario Mingarelli ha pubblicato su una prestigiosa rivista di frutticultura. Un appello è necessario, rivolto a chi possiede terreni in campagna; NON abbattete frutti “vecchi”, meli, peri, ciliegi, viti, noccioli, cornioli, sorbi o altri frutti, potreste pentirvene come sta succedendo ad alcuni di noi…
L’articolo in oggetto pubblicato sulla “rivista Frutticultura e ortofloricultura” e “la prima” con le mele Rosa Romana di Labante, proprietario Danilo Santamaria e la foto di Maggie (fotographed by Graziano Pederzani)
Nelle aree agricole collinari e montane c’è un risveglio di interesse per la frutta antica e per il recupero di varietà indigene che un tempo erano basilari nell’alimentazione delle famiglie contadine e godevano di apprezzamento nei mercati locali.
A Grizzana Morandi, nell’Appennino Bolognese, nella circostanza della sagra delle produzioni tipiche del circondario, svoltasi il 12 novembre scorso, l’incontro su “Frutti antichi tra arte, cultura e paesaggio” ha disvelato le strategie politiche di un Comune molto attivo (sindaco Graziella Leoni) nel promuovere lo sviluppo economico e turistico del territorio che, nella fattispecie, si lega all’eredità artistico-culturale lasciata da Giorgio Morandi. Il tutto in un’ottica di conservazione di un paesaggio e di un’architettura rurale cesellati dall’uomo attraverso i secoli.
Il relatore Silviero Sansavini, dell’Alma Mater Studiorum di Bologna, ha illustrato un possibile percorso di salvaguardia e valorizzazione delle specie arboree da frutto particolarmente pregiate e in via di estinzione. È emerso dal dibattito come le zone appenniniche siano straordinariamente ricche di varietà antiche degne di essere mantenute per conservare la biodiversità del territorio e anche perché capace di creare un mercato di specialità locali di eccellenza.
L’attenzione si è rivolta soprattutto alla “Rosa Romana”, mela tipica della zona, ivi coltivata da tempi immemorabili e, come hanno dimostrato le analisi e gli studi sul campo, capace di sostenere una vantaggiosa coltivazione. Si è proposta l’istituzione di un consorzio o un’associazione che possa agire per rilanciare la coltivazione di questa mela che sembra avere tutte le caratteristiche di qualità per un rilancio verso un qualificato mercato di nicchia. La coltivazione biologica di questa mela può aiutare a creare valore aggiunto.
È in atto anche uno studio per il riconoscimento e la definizione molecolare (DNA) delle mele di altre varietà sopravvissute per definire lo standard qualitativo idoneo al marchio e all’utilizzo per il fresco e per la preparazione di succo e altri trasformati. L’auspicabile costituzione di un’associazione di scopo dei coltivatori è legata alla registrazione di un marchio, alla programmazione degli investimenti, all’individuazione delle aree più vocate e alla stesura di un piano di marketing per accompagnare le vendite.
Il dibattito svoltosi dopo la relazione ha palesato una solida volontà di partecipazione e di adesione al progetto, che ha come primo obiettivo la piantagione di 20-30 ha di nuovi-vecchi meleti.
Dario Mingarelli Vergato (Bo)