Dove andiamo domenica – VERGATO…”una perla verde sul Reno”
2018/02/27, Vergato – Dove andiamo domenica – VERGATO…”una perla verde sul Reno”
Da una rubrica settimanale pubblicata sul Resto del Carlino degli anni “70” dal titolo “Dove andiamo Domenica”, ecco come veniva reclamizzata Vergato: “una perla verde sul Reno”.
Riportando integralmente il testo dell’articolo curato e scritto da Alberto Drusiani accompagnato da due fantastiche illustrazioni di Umberto Sgarzi, artista bolognese di fama internazionale scomparso un anno fa all’età di 96 anni e alla vita del quale riconducono i link sotto riportati, concedetemi di evidenziare il fatto che ciò che in quell’occasione veniva indicato nell’approfondimento “Cosa si vede” come uno storico luogo di richiamo sul territorio, sia divenuto oggi un posto ahimè quasi dimenticato.
http://www.umbertosgarzi.it/index.php
https://www.granatieridisardegnapresidenza.it/media-e-foto/schizzi-maestro-umberto-sgarzi/
Buona lettura
Paolo Rossi
Era il nome di un panno che rivestiva la nobiltà
La città riscopre l’Appennino. Fra il mare e la montagna esso va riprendendo il posto che per secoli fu suo e che suo è adesso più che mai.
Aria pura, tranquillità, gite fra i boschi, ameni panorami sono l’alternativa alla vita sempre più convulsa: esattamente quello che va cercando chi si lascia alle spalle il cemento, la fretta e il gas di scarico delle automobili.
Vergato, coricata ai piedi dell’Appennino bolognese, mezz’ora di macchina da casa, è in grado di dare tutto questo; dal riposo sulle rive del Reno, con la canna che sonda le acque alla ricerca di un barbo, ai boschi che lo circondano e ai borghi vicini dove arrivare con piacevoli passeggiate.
Quella strada che Luigi Galvani invocava per raggiungere con minore difficoltà l’Appennino e la Toscana doveva portare cento anni dopo alla riscoperta dei tanti paesi che al viaggiatore annunciano, in un panorama dolce e armonioso a colori tenui, le montagne a cavallo tra le due regioni.
In mezzo a questi paesi, coricato sulla riva del Reno, Vergato doveva rivivere la sua seconda, drammatica giovinezza della sua storia. Una storia che risale a ottocento anni fa quando le donne tessevano il famoso panno vergato (di qui la origine del nome del paese) che esigevano i signori.
La montagna bolognese, allora, rispetto alla città era “provincia” nel senso classico, un territorio affidato dal podestà al suo uomo di fiducia, il capitano della montagna. Bisogna andare, tuttavia, al 1395 per veder iniziare i lavori di costruzione della sede del capitano della montagna. Eppure il paese era già noto; chi vuol vestire con eleganza non può ignorare la sua stoffa pregiata; chi vuole bere bene non può ignorare il suo vino; chi vuol fare acquisti non può ignorare il suo mercato che si tiene ogni mese, da sessant’anni, il secondo mercoledì, quello stesso, che poi, si manterrà fino ai giorni nostri conservando un ruolo di preminenza fra quelli dell’Appennino bolognese.
Nel 1447, finalmente, Vergato acquista importanza anche dal punto di vita amministrativo; Galeazzo Mariscotti si insedia, capitano della montagna nel palazzo (l’attuale municipio). Eletto dal consiglio, il capitano è un funzionario mandato a governare la montagna dal comune: deve avere più di trenta anni, essere nobile e forestiero; resterà in carica sei mesi. Suo compito principale è quello di sorvegliare sulla sicurezza della gente del posto. In pratica è il viceré assoluto, con pieni poteri. Quando lascia Vergato, Galeazzo Mariscotti fa murare sulla facciata del palazzo, il suo stemma; e altrettanto fanno quelli che dopo di lui, si alterneranno nell’incarico. Se ne conteranno alla fine del 1700, quando i capitani di montagna verranno soppressi, centonove.
Dopo gli anni tranquilli, la prima devastazione. Vergato conosce il furore e la rovina nel 1809 durante il periodo napoleonico quando duecento persone occupano il paese e lo saccheggiano non risparmiando neppure le carte custodite nell’archivio comunale. Risorge e gli ridanno nuova vita la strada Porrettana (1816-1843) e la ferrovia (1862-1863). Ma ottant’anni dopo, la distruzione sarà pressoché totale: nella seconda guerra mondiale, della chiesa parrocchiale, del palazzo comunale, di gran parte delle case non resteranno che macerie. È risorta ancora, il suo mercato ha ripreso il posto che gli spettava, le case non sono più quelle del medioevo: e lo spirito e l’operosità della gente sono ancora gli stessi. Nella facciata del ricostruito municipio si contano soltanto 97 stemmi.
Che cosa si ordina:
Le specialità sono quelle tipiche della cucina bolognese, e, se possibile, ancor più saporite. Il tradizionale sapore casalingo conservano le minestre dalle tagliatelle, ai tortellini e alle lasagne; una speciale cura, poi, è dedicata alle famose crescentine di montagna, alle salsicce, ai salami, che qui sono nel loro regno, e ai formaggi di produzione locale. Per chi apprezza le cose del buon sapore antico vanno ricordati i dolci delle nostre nonne di cui le massaie del posto conservano a memoria le ricette che non trovereste scritte; la crescenta con l’uva passa, le torte di riso, gli zuccherini di montagna.
Cosa si vede:
Sulla Porrettana, a cinque chilometri da Vergato, a breve distanza dall’antica Pieve di Calvenzano (del secolo IV), sorge un’elegante piccolo santuario: la “Madonna del Bosco”. Le linee architettoniche attuali, rinnovate dopo i danni recati dall’ultima guerra, risalgono alla totale ricostruzione disposta dall’arciprete, il canonico Ungarelli, nel 1908. L’immagine e il primo edificio risalgono invece agli inizi del XVII secolo. Da documenti autentici risulta che nel 1630, mentre una pestilenza devastava l’Italia e l’Emilia, la gente della vicina parrocchia di Salvaro si rivolse con preghiere e pellegrinaggi a questa effige, già conosciuta e venerata in questo stesso posto come Madonna del Carmine. Accolto il voto, la comunità di Salvaro, a perenne gratitudine, fece erigere alla Madonna la nuova chiesa, che fu chiamata da allora della Madonna del Bosco.
Il cardinale Naselli Rocca le impose il titolo di santuario e incoronò la Madonna l’11 luglio 1926.