Ferdinando Petri – Frane… poi non si parli di disastro imprevedibile…

2018/03/05, Vergato – Ferdinando Petri, la frana di Marano di Gaggio Montano e un’altra che preoccupa da vicino gli abitanti del capoluogo vergatese, quella di Spezzola sulla Sp.25 Vergato-Zocca

Conosco bene, per esperienza diretta, quella frana. Ci ho lavorato  22 anni fa, quando si mosse travolgendo la Statale e divorando due edifici. Ricordo bene gli accurati sopralluoghi fatti insieme all’ing. Sergio Palmieri, all’epoca Direttore dell’Ufficio di Piano della Comunità Montana di Vergato, e al geom. Marco Rami, a quel tempo (come oggi) valente funzionario dell’ex Genio Civile regionale. Dopo molte giornate di incessante lavoro con i mezzi meccanici per contenere il corpo di frana, creare vie di scarico alle acque superficiali e impedire che la massa in movimento raggiungesse il fiume, l’immensa colata di argilla rallentò la sua discesa fino quasi ad arrestarsi.

Fu così possibile costruire una scogliera al piede e una lunga cintura in gabbioni, opere che hanno egregiamente funzionato fino a poche settimane fa, e ricostruire il tratto di Porrettana. Ma le frane di scivolamento, come questa, purtroppo non si fermano mai del tutto: sembrano dormire per anni, e qualcuno imprudentemente ci costruisce sopra, ma poi basta u’estate particolarmente siccitosa come quella passata, che secca il terreno aprendo crepe qua e là, poi un autunno/inverno ricco di precipitazioni, con la pioggia e la neve che portano acqua in profondità… ci vuole poco, attraverso le crepe estive che nessuno ha chiuso, a portare l’acqua fino ai 10-15 metri di profondità del vecchio piano di scivolamento, ed ecco che come un vecchio trattore la frana si rimette in moto con nuova e imponente violenza. Si sta muovendo (metro più metro meno) circa 1 milione di metri cubi di argilla. Con un peso specifico che va dai 1.800 ai 2.600 kg per mc, parliamo di una “bomba” di almeno 1 milione e 800.000 tonnellate di materiale.

Chi può fermare un mostro simile? Quello che i tecnici dell’ex Genio Civile e dell’Unione dei Comuni hanno fatto e stanno facendo è il massimo possibile: mantenere aperto l’alveo del Reno, rinforzare il piede della frana con massi ciclopici da scogliera, sagomare il corpo di frana ripristinando fossi e vie d’acqua per togliere lubrificante alla massa in scivolamento.E vigilare. Monitorare attentamente. giorno per giorno, ora per ora, l’evolversi della situazione, per salvare il salvabile, cioè il Reno e la ferrovia. Se il Reno dovesse chiudersi il disastro sarebbe epocale. Occorre andare avanti, continuare a lavorare sulla grande massa di argilla finchè non si vedranno segnali di rallentamento, di stasi della frana. E anche dopo occorreranno opere di salvaguardia che diano alla zona un pò di tranquillità per i prossimi decenni. Ma adesso siamo in guerra e bisogna combattere senza fermarsi.

Magari facendo tesoro di questa esperienza: il nostro territorio purtroppo è ricco di dissesti idrogeologici come quello di Marano, frane cosiddette qiescenti che potrebbero risvegliarsi proprio dopo un’estate molto secca e un inverno molto umido…Gabba, Prunarolo, Rodiano, Pianaccio, Spezzola e tante altre: la montagna bolognese è costellata di emergenze potenziali, e la regione (che le ha censite) lo sa bene. Occorre più attenzione, più prevenzione, più cura. Occorre investire risorse nella sicurezza dei versanti, altrimenti è inutile parlare di attrattività turistica, di arte, di valorizzazione  dell’Appennino. Piaccia o non piaccia questo termine, siamo una terra disagiata. Se oltre all’ospedale ci lasciamo portar via anche la terra sotto piedi, cosa ci resterà da fare? Emigrare un’altra volta? Un’ultima cosa. La frana che sta portando via un tornante della SP25 sotto Spezzola avrà molto verosimilmente un’accelerazione  al disgelo. Sarebbe appena il caso di intervenire SUBITO con opere preventive, con movimentazione di materiale, con risagomatura del versante. Se si aspetta che anche quel dissesto si muova, addio strada. Lo dico e lo ribadisco: si faccia qualcosa prima che sia troppo tardi, lo si faccia immediatamente. Poi non si parli di disastro imprevedibile…

Ferdinando Petri

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