Rita Ciampichetti – Mo và bän a radécc!!

2020/02/06, Vergato – Rita Ciampichetti – Mo và bän a radécc!!

Non c’è che dire… il nostro dialetto è particolarmente colorito e ricco di espressioni e modi di dire che esprimono tutta la simpatia, la cordialità, l’ arguzia, la paciosità grassa di noi emiliani. Un patrimonio che andrà inevitabilmente perduto a meno che, qualcuno, fino a quando lo assiste la memoria, non si prenda l’impegno di ricordare alcuni detti ed alcune espressioni dialettali che ha sentito dire dai nonni e dai bisnonni e le tramandi alla generazione futura.
“Mo và bän a radécc!!” è un invito diciamo più gentile rispetto ad altri molto più coloriti di mandare qualcuno a quel paese. Questo modo di dire mi è tornato alla memoria ieri, ma con il vero significato intrinseco, mentre facevo una lunga passeggiata con mio marito sulla strada che porta a Castelnuovo. Nelle soste forzate per il fiatone della salita, guardandomi attorno, notavo i campi abbondonati, spogli, completamente privi di vita e mi sono tornate alle memoria le “zdoure” di un tempo che, in questo periodo o all’inizio della primavera, vedevi chinate nei campi, armate di coltello e cesto, a raccogliere appunto i “radécc”
Radicchi è un nome generico, che indica però una varietà di erbe e teneri germogli primaverili che si mettono in insalata o si cuociono.

Quando si era alla fine dell’inverno e gli orti non avevano ancora dato i loro prodotti, le erbe selvatiche rappresentavano per molte mense un’aggiunta preziosa di verdura fresca particolarmente apprezzata, per questo era così frequente vedere in questo periodo tanta gente chinata sui campi incolti intenta a raccoglierle.
Le nonne insegnavano ai bambini a riconoscerle e dove trovarle e tramandavano le varie ricette per cucinarle e servirle a tavola.
Oggi, a quanto pare, rimane una vecchia abitudine passata, praticata da pochi ed ormai in via di estinzione. Nei supermercati fornitissimi trovi ogni genere di verdura e ultimamente non devi nemmeno spendere del tempo per pulirla perché trovi ogni tipo di insalata da sola o mista già pulita e sterilizzata in appositi sacchetti. Vuoi mettere la comodità? Costa in proporzione come il tartufo di Alba, ma il valore dato al proprio tempo non ha prezzo.
Però non posso fare a meno di ricordare quando, da ragazzina, andavo a radicchi con mio padre agli inizi di primavera, quando il sole iniziava a scaldare e la natura iniziava a sbocciare, quando le stagioni erano ancora ben definite nelle loro caratteristiche essenziali. Noi raccoglievamo solo il radicchio selvatico, il germoglio della cicoria selvatica, la pianta che fa i fiori di quell’azzurro bellissimo. Mi portava lungo i fossetti umidi dall’acqua lasciata dalla neve, scegliendo i posti in base alla presenze dei gambi lunghi e secchi della passata fioritura. Armata a mia volta di un coltellino, lo affondavo nel terreno umido, vicino alla piantina, poi con un movimento circolare tagliavo la radice e la tiravo su.
Fatto il pieno, bisognava pulirli, dalle foglie più brutte e lavarli, tantissimo, dalla terra umida attaccata… e ci voleva tanto tempo. Sono buonissimi, un po’ amari, saporiti dagli umori succhiati dalla nostra terra argillosa, li adoro in insalata con le uova sode e le acciughe, oppure come contorno delle cotolette o del coniglio arrosto, ancora meglio in insalata assieme a fettine di pancetta ben abbrustolita e conditi con un buon aceto.
Con mia suocera invece si andava a “streccapògn”. Penso si chiamino così perché una volta raccolti e specialmente quando si mettono a bagno, le foglie si chiudono a pugno attorno alla radice. Non mi piacciono particolarmente, di solito vengono prima bolliti e poi saltati in padella con aglio e olio, oppure conditi anche questi con la pancetta fritta. Per me sono troppo amari, ma mia suocera diceva sempre che “pulivano il sangue” e disintossicavano il fegato dopo l’inverno e teneva da parte l’acqua della bollitura senza sale che beveva.
Mio suocero Gino le diceva: “Rosita, mo’ cum fèt a bovver ‘na purcarî acsè? Qual bevrån l’è amèr cumpàgn al vlen” e lei rispondeva: “Al fà benéssum…. par al feghett, par la pression… e po’ al bov mé!!” e Gino “l’è méj tôr l’Amaro Medicinale Giuliani!”
Ho letto in seguito che gli streccapògn contengono polifenoli che svolgono funzioni antiossidanti nei confronti dei radicali liberi e quindi senza essere poi una erborista la Rosita aveva ragione, a sua volta le proprietà curative di questa erba le avrà sentite dire dai suoi vecchi e quindi la sapienza contadina non deve essere mai sottovalutata.
A me piaceva, oltre al radicchio selvatico, raccogliere erbe più dolci come quella che chiamano in dialetto “grasagalenna” che è la valeriana, o quell’altra specie di radicchio più dolce chiamato “cioccapiatti”.
Questi sono le erbe più conosciute, ultimamente, grazie alla suocera di mia figlia, ho imparato a conoscere anche gli “strigoli” che sono quelle piantine che fanno quei fiorellini bianchi dai calici gonfi che da bambini ci si divertiva a fare scoppiare. Hanno un sapore simile a quello degli asparagi e dei piselli e si mangiano sia cotti che crudi, si fa un buonissimo sugo per condire la pasta ed anche il risotto con gli strigoli è ottimo.
Ma tiriamo su la testa dal prato e ricordiamo un’altra pianta i cui germogli un tempo venivano raccolti: i vizeder.

La pianta è la vitalba, piuttosto diffusa tende a crescere nei terreni incolti, ai margini di fossati e piccoli corsi d’acqua. A causa del suo comportamento infestante, invade e soffoca anche gli alberi. Ricordo che in primavera andavo con mia mamma a raccogliere nelle siepi infestate dalle vitalbe i germogli, quelli apicali, teneri e di pallido colore verde poi, dopo averli bolliti si mangiavano saltati in padella o si faceva la frittata, anche il delicato sapore delle vitalbe ricorda molto quello degli asparagi.
Oggi non abbiamo più né voglia, né tempo, né bisogno di “andare a radicchi”, però penso possa essere utile fare conoscere questa opportunità offerta gratuitamente da Madre Natura alle giovani generazioni, magari a scuola durante le lezioni di scienze o con corsi specifici, non si sa mai …. potrebbero finire i sacchetti pre-confezionati di insalate al supermercato e vuoi mettere la soddisfazione di tornare a casa con il tuo panierino di “armisdanza” di teneri germogli da fare in insalata gratis?

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