Ritorna Rita Ciampichetti con un racconto a puntate: La Lastra del Diavolo
2021/09/11, Vergato – Ritorna Rita Ciampichetti con un racconto a puntate: La Lastra del Diavolo.
Sara si rigirò nelle lenzuola che sapevano ancora di chiuso, aprì gli occhi e fissò le grosse e vecchie travi di castagno del soffitto polveroso.
Un ragno, indisturbato, stava tessendo la sua tela. Allungò il piede di lato e lo fece scorrere in su ed in giù nell’antico letto di bandone da una piazza e mezzo.
“Antenore si è già alzato… sarà fuori a fare dei lavori o dei “ciapini” come li chiama lui…” pensò stiracchiandosi, attese ancora qualche minuto, poi, quasi violentandosi, decise di alzarsi e di affrontare la giornata che l’attendeva.
Si sentiva indolente, quella vecchia casa, lassù in un minuscolo borgo dell’Appennino Emiliano, suo marito Antenore l’aveva fortemente desiderata e finalmente posseduta. Casigno è una piccola ed antica frazione di Castel d’Aiano e lì, in tempi ormai passati, avevano vissuto gli antenati di Antenore il quale, purtroppo, come i salmoni, aveva sempre sentito dentro di sé il richiamo di quel territorio ed il desiderio fortissimo di possedervi un podere.
Da qualche anno era riuscito a realizzare il suo sogno e da allora tutte le sue energie fisiche e materiali le aveva spese in quel sito, facendolo diventare di fatto il suo rifugio. Non è che non lo volesse condividere con lei, tutt’altro, un altro forte suo desiderio era quello di stabilirsi lì definitivamente, magari dopo la pensione. Per tale motivo cercava di coinvolgerla in ogni cosa che faceva, l’idea però non riempiva Sara di sincero entusiasmo, non è che il posto non le piacesse, ma la prospettiva di abitarvi stabilmente non l’attirava per niente.
Sara pensò a suo marito, quanto erano diversi, decisamente agli antipodi.
Antenore era un semplice, come lo definiva lei, figlio della terra, manuale più che celebrale, in grado di fare qualsiasi cosa che implicasse energia fisica e manualità, un uomo senza sfumature: bianco o nero, giusto e sbagliato, sincerità e ipocrisia, bene e male, si e no, estremamente pratico e con interessi concreti legati alla sua realtà. Sara no, i suoi interessi spaziavano negli universi della storia antica, dell’arte, della filosofia, sentiva dentro di sé la necessita di volere capire il perché degli aspetti e dei misteri della vita, a volte arrivando al limite del trascendentale. Tale suo modo di essere la portava distante anni luce da suo marito che non riusciva a comprenderla e spesso la liquidava con un secco: “Sei fuori come un balcone!!!!”
Cosa li univa e li faceva stare ancora assieme? Una attrazione fisica pazzesca, come il ferro con la calamita e in quella dimensione di sempre autentica vera passione, anche con il passare degli anni, riuscivano a trovare una comunione che travalicando quella ovvia dei corpi riusciva a fare parlare lo stesso linguaggio anche alle loro anime.
Sorridendo sorniona pensando alla notte appena trascorsa, Sara scese la ripida scala di legno che portava sopra alle camere e si trovò nell’ampia cucina con il camino acceso. Infatti anche se erano i primi giorni di settembre e la temperatura al giorno era ancora elevata, la mattina appena alzati non dispiaceva affatto il tepore dato dal fuoco, dalla cucina passò al bagno che faceva parte di un ampliamento aggiunto in seguito all’edificio originale e calpestando prima una sconnessa e rovinata pavimentazione di cotto rosso e dopo una risplendente e moderna ceramica si ritrovò dal 1600 al XX secolo.
L’unica richiesta che aveva fatta ad Antenore era stata che in fase di ristrutturazione della casa venissero conservate il più possibile le vecchie caratteristiche quali ad esempio le pavimentazioni, le aperture delle finestre, le altezze. Purtroppo l’ampliamento era già stato fatto precedentemente e d’altra parte era impensabile l’idea di una abitazione priva del bagno ed essere così costretti ad espletare le proprie funzioni fisiologiche come si faceva qualche secolo fa.
Dopo essersi lavata, legati a coda di cavallo i lunghi capelli biondi e bevuto un veloce caffè uscì sotto al portico e diede una occhiata in giro per vedere dove era Antenore.
Lo vide giù al limitare del campo intento a piantare con il mazzuolo un palo destinato a sorreggere la recinzione, lo raggiunse e mano a mano che si avvicinava non poteva fare a meno di ammirare il fisico di suo marito, a torso nudo, alzava il braccio e con forza e cadenza lenta e precisa colpiva con la mazza la cima del palo, i robusti muscoli, non da palestrato, nello sforzo si gonfiavano sotto la pelle abbronzata dal sole dell’estate trascorsa. “Non male per un cinquantenne” pensò, mentre una ondata di calore l’attraversò dallo stomaco alle guance facendola come al solito arrossire.
Antenore, vedendola, si fermò e si asciugò il sudore dalla fronte, fece un sorriso e le disse: “Vieni giù a darmi una mano?”, l’ondata di calore si raffreddò immediatamente: “Non ci pensare nemmeno, su in casa c’è un mucchio di faccende da fare dopo tanto tempo che è stata chiusa e poi se vogliamo fermarci una settimana devo fare un salto o su a Rocca o giù a Vergato a fare un po’ di spesa, non è che possiamo mangiare solo scatolette…. Insomma ne ho da fare e …”
“…e da santificare!!!” concluse rassegnato Antenore.
In effetti la mattina, impegnata in tante incombenze, le scivolò via in un attimo, nel primo pomeriggio, stanca, Sara volle concedersi una pausa, Antenore stava continuando il lavoro nella recinzione e quindi, per evitare nuove richieste di aiuto, decise di eclissarsi velocemente e di andare a fare un giro lì attorno.
Da dietro la porta d’ingresso cercò il suo bastone preferito costruito con un ramo di sambuco, forte ed allo stesso tempo leggerissimo, compagno fedele di tutte le sue passeggiate, calzò gli scarponcini, diede dall’alto un urlo di avvertimento al marito e si avviò per la strada.
Pur non volendo risiederci stabilmente tutto sommato a Sara piaceva quella zona caratterizzata dalla presenza di antiche borgate ricche di testimonianze storiche, in quanto il territorio era stato a suo tempo un possedimento matildico.
Dalla loro casa amava spaziare lo sguardo sulla vallata del torrente Vergatello soffermandolo sulle numerose case-torri medioevali resistenti al passare degli anni e risalenti al 1200 e al 1500 dai nomi particolari: Monzone, Poggiolo, Casa Landi, La Valle, Il Palazzo e che aveva dovuto imparare. Alcune di esse conservavano ancora pregevoli particolari nei portali in arenaria, nei suoi giri in una di esse aveva notato scolpito lo stemma degli Angiò e quando lo aveva detto alla proprietaria sulla soglia di casa questa le aveva risposto “Noi l’abbiamo comperata da Rossi, non so chi c’era prima”.
Nei suoi voli di fantasia si divertiva ad immaginare come poteva essere la vita lì vissuta nei secoli precedenti, totalmente diversa rispetto a quella di oggi in quanto dopo lo spopolamento del dopoguerra i borghi avevano purtroppo perduto le loro funzioni originarie legate all’agricoltura e gli attuali pochi abitanti avevano caratteristiche e abitudini completamente diverse rispetto ad un tempo.
Queste riflessioni accompagnavano Sara durante il cammino, aveva imboccato un largo sentiero che si inoltrava tra i castagneti e che salendo avrebbe incrociato quella che veniva chiamata “la strada degli Americani”, un sentiero aperto durante il secondo conflitto mondiale nel triste periodo di permanenza della Linea Gotica che collegava la frazione di Labante ubicato nella parallela Vallata dell’Aneva appunto con Casigno nella Vallata del Vergatello.
Le piaceva particolarmente quel percorso, anche se ultimamente per la presenza dei lupi e dei cinghiali, non lo percorreva più con la stessa leggerezza d’animo, ma stava con le orecchie particolarmente attenta ad ogni rumore, pronta a darsela a gambe levate in caso di spiacevoli incontri.
Per questo Antenore la prendeva in giro ridendo: “Ma se hanno più paura loro di te….rimani sul sentiero, va per la tua strada e non ti succederà proprio niente!”
Imboccò una deviazione ed in lontananza riconobbe quella che tutti chiamavano la “Lastra del Diavolo”.
In ogni parte del mondo trovi racconti e leggende con protagonista il Maligno che quasi sempre viene sconfitto, la lotta infinita tra Bene e Male e Sara si ricordò della leggenda che le avevano raccontato della “Lastra del Diavolo”, un enorme sasso piatto dalla larga piattaforma con sopra incisi strani segni e simbologie collocato al lato del sentiero. L’altra metà del grosso masso è rimasta sul monte sovrastante dove si narra che in tempi lontanissimi avvenne un furioso combattimento tra un Angelo e il Diavolo. Un fulmine spezzò in due il lastrone e naturalmente la metà con sopra il Maligno volò giù nel precipizio e atterrò dove si trova ora.
Sara, seguendo il sentiero, costeggiò il grosso macigno che nella parte iniziale era molto più alto per decrescere formando una larga tavola in pendenza, arrivata verso la fine, all’allargarsi del sentiero rallentò perché notò una persona seduta sul bordo più basso della lastra. Non conosceva nessun abitante della zona, Antenore essendo stato lassù tantissime volte aveva avuto l’occasione di allacciare rapporti di vicinato, lei tranne due o tre persone no.
Passò accanto alla figura seduta e si accorse che era una ragazza di circa una ventina di anni, l’abbigliamento indossato la lasciò un attimo perplessa: un abito lungo a righine grigie con sopra un grembiale color azzurro, un fazzoletto bianco legato dietro alla testa stile pirata, zoccoli ai piedi nudi.
La guardò accennando un saluto con la testa, la giovane alzò gli occhi, la guardò a sua volta, ma in modo strano, come se non la mettesse a fuoco, un lieve e triste sorriso le increspò la bocca, poi distolse subito lo sguardo ritornando a fissare il sentiero là dove curvava e spariva nella fitta vegetazione.
Sara non si fermò, né rallentò il passo, ma proseguì per il sentiero, fortemente turbata, perché ancora una volta era stata assalita da una serie di violente reazioni fisiche che si accendevano non appena si avvicinava a quella che lei aveva iniziato a chiamare “l’Altra Dimensione”. A nessuno lo aveva raccontato, nemmeno ad Antenore. “Mi prenderebbero per matta!!” aveva pensato.
Si fece coraggio e si voltò, la ragazza non c’era più.
…. continua