“Siete quello che eravamo…sarete quello che siamo”“Rosa, pasdmàn l’è al dè di mort!

2021/11/02, Vergato – 2 Novembre …. “Siete quello che eravamo…sarete quello che siamo”“Rosa, pasdmàn l’è al dè di mort! Te bèli cumprà i fior e i lumen par il Zimiteri? N al sèt brîśa che dåpp pò an s câta pió gnént?”

(1)Solitamente esordiva così mio suocero Gino, alcune mattine prima del 2 Novembre, con mia suocera Rosita intenta a versargli il primo caffè del giorno dentro alla tazzona di latte fumante della colazione.“Mo soncamè, stà tranquel Gino! Tót a pòst, cumpâgna l’an pasà, sänza dscurdèr incion…” (2) e, contando sulle dita, la Rosita elencava diligentemente la lista di parenti e amici carissimi che li avevano preceduti nell’ultimo viaggio verso l’Eternità con il dettaglio degli omaggi floreali e di luce da destinare ad ognuno.Io assistevo sospirando a tale scena, già immaginando il grado di coinvolgimento che avrei avuto nell’aiutarli nei diversi giri da farsi solo nel Cimitero di Vergato che fortunatamente dava ospitalità a tutti i loro festeggiati.

Gino provava una sensibilità incredibile per il giorno del ricordo delle Anime trapassate e rammento che, quando i miei suoceri non furono più in grado di uscire di casa, il 2 di Novembre allestivano nella sala una specie di altarino con tutte le fotografie dei loro cari con le candele accese per tutto il giorno.Anno dopo anno i ricordini allineati diventavano sempre più numerosi … Gino, classe 1908, era l’ultimo figlio di una coppia di vedovi aventi già numerosa reciproca prole, che si erano risposati.

Quindi aveva sia da parte paterna che materna sorellastre e fratellastri molto più grandi quasi tutti deceduti prima di lui e con altrettanta numerosa discendenza.Naturalmente mi chiesero anche, non potendolo più fare, di continuare al loro posto nella consuetudine dell’annuale visita al Cimitero e non ebbi certo il coraggio di negare loro questo favore a cui tanto tenevano ed è così che a distanza di decenni sento pure io in questi giorni la perentoria necessità di recarmi lassù.

Non è che visiti il Cimitero solo per questa ricorrenza, ogni tanto durante l’anno passo a salutare Gino e la Rosita che riposano vicini ormai da diverso tempo, ma per la ricorrenza dei defunti vado a trovare e a dire una preghiera a tutti quelli che conosco, che ormai sono troppi, privilegiando in modo particolare coloro che non sono più ricordati da nessuno e che però, anche per un breve periodo, hanno fatto parte della mia vita. I miei parenti defunti più prossimi, nonni, zii ed anche cugini trovano riposo da parte della mamma nel ferrarese, mentre da parte di papà nelle Marche, Da bambina ricordo ancora che in questi giorni solitamente si partiva per andare a fare le visite ai Cimiteri dei rispettivi paesi di origine e diventava anche l’occasione d’incontro con tutti i parenti. A me piaceva molto, perché mio padre o mia zia Duilia quella più anziana approfittavano del momento per farmi la storia genealogica della famiglia prendendo spunto dalla lettura degli epitaffi scritti sulle diverse tombe.

“All’ombra de’ cipressi e dentro l’urneConfortate di pianto è forse il sonnoDella morte men duro?”Cantava il poeta Ugo Foscolo, però è innegabile che il culto dei morti ha origini fin dalla preistoria e che l’idea di una vita oltre alla morte è da sempre presente in ogni civiltà di cui vi sono tracce fin da epoche antichissime.

Infatti l’idea di commemorare i defunti in un giorno prestabilito prende ispirazione da un antico rito bizantino che celebrava tutti i morti in un periodo compreso tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio, mentre nella chiesa latina il rito viene fatto risalire al 998, l’anno in cui con la riforma cluniacense si stabilì che le campane dell’abbazia benedettina fossero fatte suonare con rintocchi funebri dopo i vespri del 1° novembre per celebrare i defunti. Nel XIV secolo, con il nome latino di Anniversarium Omnium Animarum il rito venne esteso a tutta la Chiesa cattolica.

Come in tutte le tradizioni alcune credenze popolari relative al Giorno dei morti sono di origine pagana. In molte Regioni si crede che quella notte i morti tornino nelle loro case e si cibino degli alimenti dei “vivi”, in Sicilia e nella provincia di Reggio Calabria durante la notte dei Santi i defunti della famiglia lasciano regali, solitamente pupazzetti dolci, per i bambini.Sussisteva, penso in Toscana, una usanza molto commovente, quella di lasciare delle piccole scarpe sulle tombe dei bambini defunti perché si pensava che nella notte del 2 novembre le anime degli angioletti tornassero in mezzo ai vivi. In molte località italiane, anche questa festa rappresenta l’occasione per preparare dolciumi, quali per esempio le “ossa dei morti” , deliziosi biscotti secchi a base di albume, zucchero, cannella e chiodi di garofano.

E’ però in America Latina che la festività è molto sentita e anche qui chiamata il “Día de muertos”, soprattutto in Messico, dove i riti durano dal 28 ottobre al 2 novembre. L’origine di questa festa è precolombiana e viene celebrata con musica, bevande e cibi tradizionali dai colori vivi, combinati a numerose rappresentazioni caricaturali della morte, in una incredibile commistione tra la cultura preispanica e la cultura cattolica.La nostra ricorrenza dei Defunti è più contenuta e intima: ci si reca alla sepoltura, si procede ad operazioni varie di pulizia e sistemazione, si rinnovano i fiori e le piante e i vari abbellimenti, si recitano le preghiere, si partecipa alla Santa Messa a suffragio delle anime dei nostri poveri morti, insomma dedichiamo un po’ del nostro preziosissimo tempo anche a chi non c’è più. Una volta diventava anche un momento di socializzazione, perché per il Giorno dei Morti molti Vergatesi fuori sede ritornavano al paese come per la Festa del Patrono e allora per i vialetti del Cimitero riecheggiavano esclamazioni sorprese per incontri inaspettati con conoscenti che non vedevi da tanto tempo, si formavano gruppetti che si mettevano a chiacchierare e poteva scappare, nonostante la sacralità del luogo, anche qualche risata, però ci stava e a mio avviso non dispiaceva a chi riposava.

Come tanti altri anche questi scenari stanno cambiando, l’usanza ormai diffusa della pratica della cremazione che ha dato comunque una soluzione al problema in alcune città della carenza degli spazi da destinare alle sepolture ha determinato anche un cambiamento nelle modalità di conservazione delle ceneri, che spesso vengono romanticamente disperse.

Quindi presumo che in futuro probabilmente rimarrà solo nella nostra mente il ricordo della persona non più evocato dalla tomba che oltre allo scopo di conservare la salma e i resti mortali, rappresenta psicologicamente uno strumento rafforzativo del nostro legame con i parenti e gli amici cari che non sono più vicini a noi nel senso fisico. Questa ultima riflessione la facevo mentre osservavo su una mensola della sala del vecchio appartamento dei mie suoceri che teniamo comunque a disposizione, le piccole cornici di argento con dentro i ritratti dei famigliari morti, alcuni dei quali risalenti, visto il tipo di abbigliamento indossato, ad almeno 120 anni fa. “Mi dispiace, per molti di voi non ricordo più chi siete, me lo avevano detto, ma è passato tanto tempo! Beh una candelina ve la lascio accesa anche quest’anno!

Ovunque voi siate, intercedete per la protezione della nostra famiglia.L’eterno riposo dona loro, o Signore, e splenda ad essi la luce perpetua.Riposino in pace. Amen. …forse è meglio che per quelli dipartiti prima del 1965 reciti la preghiera anche in latino…Réquiem aetérnam dona eis, Dómine, et lux perpétua lúceat eis.Requiéscant in pace. Amen.”Traduzione dialetto(1) “Rosa, dopodomani è il giorno dei morti! Hai già comprato i fiori e i lumini pr il Cimitero? Non lo sai che dopo non si trova più niente?”(2) “Certo, Sta tranquillo Gino! Tutto a posto, come l’anno scorso, senza dimenticare nessuno”

Rita Ciampichetti

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