Luciano Marchi; Con lo sguardo all’insù – La Madonna del Ponte di Porretta è ufficialmente la Patrona del basket italiano

2022/09/12, Porretta Terme – NWL n° 132; CON LO SGUARDO ALL’INSÙ

Amava guidare quel pezzo di strada: ne apprezzava lo scenario, i colori e anche l’atmosfera. Le ruote avrebbero sobbalzato sulle rotaie del passaggio a livello, poi la strada si sarebbe infilata sotto gli alberi, con una curva docile e larga.

La galleria del treno si sarebbe fatta aspettare dopo una svolta a destra stretta, più avanti: un buco nero incorniciato di pietra, con il casello di fronte.

L’autunno invogliava la guida, per via dei colori e l’asfalto umidiccio. Come ogni anno avrebbe incontrato una FIAT 500 parcheggiata sulla sinistra, da sola; quasi a dare un significato al tempo, in un periodo di ripensamenti e ricordi.

La curva stretta finì con un altro passaggio a livello, prima di quella salita che riapriva lo sguardo alla luce di un orizzonte più ampio: ecco il tonfo delle ruote sulle rotaie, poi subito un altro, diverso e inatteso.

Già, il pallone da basket girava libero nel baule dell’auto e sbatteva in ogni dove. Poco più avanti, parcheggiò di fronte a un bar, per sistemare la palla a spicchi. Voleva evitare di sentire tutto il giorno quello sbattere cupo e aritmico, casuale come gli istanti che non conosci.

 «Non importa prendere la palla a schiaffi”, ricordò. «Non ha nessuna colpa».

Già, gli inizi della pallacanestro furono difficili, anche solo col palleggio. L’allenatore era esigente, con quel fischietto acuto che suonava come un monito, usato troppo spesso per mettere ordine in mezzo a una ciurma di bambini inconsapevoli.

Salì in auto e ricordò ancora, appoggiandosi con le braccia sul volante. Si palleggiava spesso sui piedi, anche se col tempo le cose migliorarono.

Piegava poco le gambe e, in difesa, scivolava male lateralmente; ma almeno l’altezza iniziava a premiarlo: un vantaggio non da poco nella pratica cestistica.

Un giorno avvenne il miracolo: durante una partitella, la palla dopo un suo tiro volle entrare a canestro. Lo fece danzando sul cerchio, quasi desiderasse far trattenere il respiro.

Ne fu felice, ma comprese come il canestro fosse lassù, verso l’alto; e che per guardarlo occorresse volgere lo sguardo dove il cielo si tingeva di blu.

«Crebbe, quel bambino» e in auto se la raccontava da solo. Di certo, vi era un canestro in ogni dove, persino in casa: con un filo di ferro appoggiato alla libreria e una retina da capelli della nonna per renderlo simile a quello vero.

Crebbe anche la passione, con una squadra che aveva scelto lui quale tifoso. Già, perché un giorno gli dissero: «Non sei tu che scegli il campione, è il campione che sceglie te», ed era vero.

Da lì in poi furono viaggi, anche in Europa, e trasferte; con le domeniche trascorse “al palazzo”, tra desiderio e timore.

Visse con trepidazione minuti e secondi, tiri liberi, canestri all’ultimo giro di lancette. Istanti che ancora bussano nel petto, per quell’anello che pareva decidere questo o quello, si o no, vittoria o sconfitta.

Gli ardori giovanili del basket giocato passarono poco alla volta, con qualche coda: la partitella con gli amici e quel canestro scoperto per caso dietro una Chiesa o in un giardino pubblico dove provare a tirare, pur in giacca e cravatta.

Quell’anello arancione lassù continuava a essere il traguardo, il posto dove guardare con ambizione e preghiera: una sorta di aureola vestita di rete, che stimolava pensieri ed idee.

Mise in moto l’auto con un po’ d’imbarazzo e indecisione. Avrebbe voluto continuare a pensare, in quell’atmosfera post estiva che tanto gli piaceva.

Tornò verso Porretta. Dopo il passaggio a livello, girò a destra. Il Santuario della Madonna del Ponte gli si parò di fronte come una montagna.

«E’ a base esagonale», si disse, «Non circolare come il canestro», ma sentiva che lo spirito dell’aureola arancione abitava lì, dove ancora si poteva guardare in alto.

Pregò per sé, per la famiglia e gli amici. Finalmente aveva trovato un luogo di culto nuovo, più vicino alle proprie aspirazioni.

Tornando verso Bologna vide ancora la 500 parcheggiata. Il pallone, nel baule, iniziò a sbattere nuovamente. Meglio così.

                                                                                                                   Nota

 La Madonna del Ponte di Porretta è ufficialmente la Patrona del basket italiano: la conferma è stata ratificata della Congregazione Vaticana del Culto Divino.

Di fronte al santuario si può guardare in alto, dove un’aureola arancione, con rete, potrà unire le preghiere di molti.

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