Rita Ciampichetti – Ricordi di Carnevale: Un anno vennero lanciati da un carro anche  dei fagiani…

2023/02/19, Vergato – Ricordi di Carnevale di Rita Ciampichetti.

Sono arrivati i giorni del Carnevale, il periodo dell’anno in cui come citavano gli antichi Romani “Semel in anno licet insanire”, vale a dire“una volta all’anno è lecito comportarsi da pazzi”.

In effetti la festa del Carnevale consiste appunto nel liberarsi dalle pastoie delle regole del vivere civile e dare sfogo a scherzi, prese in giro, giochi in un crescendo di disordinata allegria collettiva che annulla le differenze sociali.

Non siamo più noi stessi, le maschere che indossiamo ci fanno scomparire e  consentono quelle  libertà di espressione un po’ pazze che caratterizzano il Carnevale.

Si vede che questi sfoghi liberatori dalle formalità sono stati percepiti necessari dall’uomo fin dai tempi più antichi, infatti molte analogie con il Carnevale le ritroviamo nei Saturnali dell’antica Roma o nelle feste dionisiache della Grecia  classica.

Successivamente con l’avvento del Cristianesimo il Carnevale è stato fatto coincidere con il periodo precedente il periodo quaresimale, infatti linguisticamente parlando Carnevale deriva dal latino “carnem levare”  vale a dire “togliere la carne” in  riferimento all’abbondante banchetto del martedì grasso, prima dell’inizio del lungo periodo di astinenza e di digiuno quaresimale, durante il quale a nessuno era consentito cibarsi della carne:  una paterna indulgenza nei confronti dei peccati di gola e della carne prima di piombare nel rigore e nella penitenza.

Nel nostro paese, Vergato, il Carnevale rappresenta ormai una tradizione centenaria.

Forse non se ne parla in giro per l’Italia come quello di Venezia, Viareggio, di Ivrea famoso per il lancio delle arance, o quello sardo di Mamoiada celebre per le maschere dei Mamuthones, ma essendo arrivato quest’anno alla 141a edizione comprenderete che il Carnevale di Vergato è quello più importante nell’Appennino Bolognese e che nel corso della sua lunga storia ha innegabilmente generato una serie infinite di aneddoti,  eventi e ricordi che rappresentano l’anima ludica e ridanciana di questo paese e dei suoi personaggi entrati ormai nella sfera del mito.

Il Carnevale vergatese è stato quindi oggetto di una locale accurata ricerca storica che ha spaziato dai primi carnevali della seconda metà dell’ottocento fino a quelli più recenti e che ha portato alla pubblicazione a cura del  Gruppo Studi Nuèter dell’Alta Valle del Reno del bel libro “Vergato in Carnevale” di Gian Paolo Borghi.

E’ sempre in corso inoltre l’attività di recupero di vecchi filmati in superotto e fotografie da parte di Umberto Bernardi, figlio dell’indimenticabile Beppe, aiutato dalla Mirella sua moglie, come non divertirsi poi a riascoltare le simpatiche interviste rilasciate dai passati organizzatori e presidenti delle società carnevalesche, c’è tanto materiale documentale e tanti ricordi che possiamo rispolverare andando a ricercarli nel sito www.vergatonews24.it

Per il nostro paese il Carnevale è quindi sempre stato un momento importante, l’evento che catalizzava la partecipazione di tantissimo pubblico proveniente dai comuni vicini curiosi di ammirare gli splendidi carri allestiti in mesi di duro lavoro, la fantasia delle scene rappresentate spesso riportanti in chiave ironica e dissacrante gli eventi locali e nazionali, le maschere a piedi, gli scherzi, le scenette improvvisate,  le prese in giro, una giornata all’insegna della frenesia e della follia che faceva riportare a casa chili di coriandoli che cadevano sul pavimento quando ti levavi i vestiti e che sarebbero riapparsi nei giorni a seguire negli angoli più impensati.   

L’altro giorno cercando una foto nel cassettone dove le conservo tutte ho visto una busta con sopra scritto Carnevale, l’ho aperta e sono saltate fuori in sequenza una serie di fotografie scattate nel corso degli anni in occasione di questa festa.

Penso di essere una dei pochi che cataloga le foto secondo l’oggetto e non temporalmente.

Nel guardarle mi sono tornati alla mente i Carnevali passati e quegli anni vissuti all’insegna di una spensieratezza ormai svanita.

Questi sono i miei ricordi.

Ho ritrovato anche delle vecchie fotografie scattate a mio marito in un lontano Carnevale del 20 febbraio del 1955, adoro guardare i dettagli di realizzazione dei carri e delle maschere.

Invece la fotografia delle due bambine mascherate, gentilmente datami dalla mia amica Flaminia Gentilini, mi riporta ad un Carnevale di quando avevamo circa nove-dieci anni, io vestita da damina la Flami da geisha con tanto di parrucca,  tenevamo ben stretto in mano il nostro sacchetto di coriandoli.

Ricordo benissimo quel Carnevale,  perché le compagne di classe della Flaminia erano state quasi tutte mascherate da giapponesine e sfilavano per il paese con i loro ombrellini di cartapesta aperti, semplicemente deliziose. In quegli anni uno dei personaggi più attivi per il successo del Carnevale è stato il Sig. Egisto Marchi che indossando il costume della maschera  di Sganapino intratteneva noi bambini.

Apparteneva alla Società Carnevalesca  “Trastullo” e non so se furono loro a noleggiare in occasione di quel Carnevale un lungo trenino, con capo treno appunto Sganapino, che prese a bordo tutti i bambini vergatesi mascherati e che percorse le vie del paese fra le due ali di folla. Fu un vero divertimento per noi bambini affacciati al finestrino impegnati a lanciare sugli spettatori i nostri coriandoli, ci guardavano stupiti e noi ci sentivamo protagonisti di quello spettacolo spettacolare!

Quel vestito da damina me lo avevano prestato, mamma non spendeva certo i  soldi per farmi mascherare, poteva bastare una delle tante mascherine con la sola faccia del personaggio, con due buchi al posto degli occhi ed una fessura nella bocca, con l’elastico per fissarlo alla nuca, leggera, non traspirante, dopo un po’ l’alzavi per non rischiare il soffocamento e magari un capellino in testa, una trombetta, i coriandoli e le stelle filanti potevi anche permettertele con la paghetta. Da ragazzina non sopportavo una particolarità del Carnevale, per fortuna caduta negli anni in disuso. I “maschi” si armavano con delle clave di plastica dura e si divertivano come matti a rincorrerci, a darcele in testa e a fare scoppiare le castagnole tra i piedi: retaggio della preistoria? Li odiavo e cercavo per quanto possibile di evitarli. Negli anni seguenti le clave sono state sostituite dalla schiuma da barba, meno dolorante, ma più appiccicosa, ricordo ancora in che stato tornavano a casa le creature dopo una giornata di Carnevale, una massa non ben definitiva di poltiglia schiumosa di coriandoli e polvere in fase di solidificazione che necessitava una  messa a bagno immediata in acqua calda e sapone.

Da bambina, se non avevi la fortuna di essere invitata su un carro allora lo seguivi a piedi lungo il percorso cercando di approfittare il più possibile del gettito che non era costituito solo da coriandoli, stelle filanti ed altra carta, ma anche da qualche caramella o gingillo. Naturalmente le caramelle erano quelle più economiche, durissime, dai gusti più dubbi, ma ti impegnavi per raccoglierne il maggior numero e portarle a casa dove, in una ciotola, avrebbero continuato il loro processo di ulteriore invecchiamento fino a quando qualcuno si decideva a buttarle.

Il gettito, vale a dire le elargizioni che venivano fatte al pubblico appunto “gettate” giù dal carro erano a volta le più improbabili e imprevedibili. Ho visto persone scontrarsi per prendere al volo scatole regalo con dentro il nulla, un parapiglia generale fu quello causato dalla liberazione di un maialino cosparso di grasso.  Un anno vennero lanciati da un carro anche  dei fagiani. Si racconta che un cacciatore, in paese allora molto numerosi, lo vide atterrare nel suo giardino,  non ci pensò un istante, prese la doppietta e gli sparò. Erano tempi dove le associazioni animaliste non protestavano, dove le normative sulla sicurezza erano ancora di là da venire, dove tutto si faceva ovviamente con un minimo di attenzione e buon senso, ma certamente non a valle di quelle puntigliose e arzigogolate analisi dei rischi di oggi.

Si crede che il Santo legato in qualche modo al Carnevale sia Sant’Antonio Abate, forse perché solitamente la sua commemorazione coincide con i primi giorni del Carnevale. Sul Carnevale vergatese penso che abbia vegliato moltissimo perché fortunatamente non è mai successo nessun grave incidente.

Alcuni Carnevali non li ho vissuti in strada, ma in visione privilegiata dal balcone. Mia suocera era molto amica della Signora Emilia Croce e lei, con infinita gentilezza,  ci invitava a casa sua, dove ora c’è la sede di Emilbanca,  per il the e per assistere al corso mascherato.  Dall’alto avevi una visione completamente diversa di quello che succedeva all’interno dei carri animati dai diversi personaggi ed evitavi così la ressa della folla e la pioggia di coriandoli, dovevi solo stare attenta agli assalti, perché alcuni carri erano molto alti o alcuni dotati anche di scale per cui quelli più assatanati non vedevano l’ora di dare l’assalto ai balconi e fare qualche scherzo.

Poi sono arrivati gli anni di partecipazione attiva all’evento. Mio marito lavorava alla Cassa Rurale ed Artigiana, oggi Emilbanca, i colleghi e le colleghe avevano bambini più o meno della stessa età. Non so da chi venne fuori l’idea di fare un carro per i nostri figli.

Per tale scopo occorreva costituire una Società carnevalesca e assegnarle un nome. Ci riunimmo e Adriano Gentilini marito della Lisetta Cioni propose: “Perché non la chiamiamo la Cavitorzla?”  “E cus’ela la Cavitorzla?” chiese Attilio, rispose Adriano: “E’ un uccellino non tanto grande che torce la testolina, però il nome è in dialetto di Casola, va bene lo stesso?”.

Quel nome piacque a tutti e Cavitorzla fu, ci venne assegnata anche una bandiera che, assieme alle altre, sventolò in occasione delle sfilate sulla facciata del palazzo comunale, ricordo solo i colori giallo e azzurro, chissà dove è andata a finire.

Ai Serrini c’era il capannone messo a disposizione dalla Proloco per le diverse Società carnevalesche  e deputato a cantiere per l’allestimento dei carri, lì erano ricoverati i pianali e resti di mascheroni di passate edizioni eventualmente da riutilizzare per il tuo progetto.

Veramente incredibile la fase di costruzione del carro, ha l’odore di colla, acqua ragia, vernice, vino brulè, il suono dei colpi di martello, trapano, seghe,  delle imprecazioni e delle risate… tutto questo avvolto in una atmosfera con temperatura vicina allo zero assoluto indipendentemente se il cantiere era quello dei Serrini o altri capannoni dove i componenti dei Falchi, Nati Stanchi, Trastullo, Briciola, Tajadela, Prunarolo, Malnutriti, Bassotti solo per citarne alcuni, lavoravano per mesi nell’allestimento del proprio carro allegorico.

C’erano i tuoi compagni di squadra, un pianale vuoto e l’idea da concretizzare, ricordo ancora le discussioni infinite sul soggetto da presentare, di come farlo, l’inventario del materiale occorrente, l’assegnazione dei  compiti, anche le litigate, i musi temporanei, però per tutti era chiaro l’obiettivo principale: garantire la sfilata della tua opera finita nel migliore dei modi.

Naturalmente il nostro era un carro per bambini quindi i temi erano ovviamente a misura di infanzia. Il primo anno l’argomento del carro è stato “Squolari in allegria”, il secondo “Pinocchio” che ci impegnò notevolmente nella costruzione del noto pescecane in realtà più simile ad una balena perché soffiava aria compressa mista a coriandoli dallo sfiatatoio sulla testa, il terzo anno “Gli spazzacamini” ispirato alla famosa ballata sui tetti degli  spazzacamini del film “Mary Poppins”

La settimana prima della data prevista per la sfilata era quella convulsa dedicata alle rifiniture del carro e alla preparazione dei costumi con la mobilitazione della nonna Rosita e della sua macchina da cucire.

Il reperimento del gettito era molto importante, solitamente quello standard era messo a disposizione della Pro-Loco, ma se si riusciva ad avere qualche cosa in più tipo i palloni o altri oggetti era un surplus molto ambito.

A volte succedeva che la sfilata fosse rinviata causa il maltempo ed allora magari ne approfittavi per mettere in cantiere qualche ulteriore miglioria alla tua opera.

Poi veniva il grande giorno, quello della sfilata per le vie del paese e finalmente raccoglievi il frutto di così tanto lavoro, ti guardavi attorno stimando quanto pubblico era venuto, di più o di meno rispetto alla passata edizione? L’incasso dell’entrata sarebbe stato sufficiente per coprire le spese?

E poi preso nel turbine dell’evento davi libero sfogo al divertimento, ballando, saltando al ritmo della musica, lanciando coriandoli ed altro sulla folla che alzava le braccia incitando il lancio del pallone o del dolciume.

Non so se i nostri figli si sono divertiti tanto quanto ci siamo divertiti invece noi adulti, ma il Carnevale opera questo miracolo…. di farci ritornare un po’ monelli con la voglia di giocare.

Poi i bambini sono cresciuti, la società si è sciolta, io sono tornata a infoltire la folla spettatrice per strada, le figlie hanno iniziato a mascherarsi come volevano e ad andare sole, mentre mio marito Attilio si intruppò nella  squadra dei “The Billy Boys” assieme a Stefano e Mirco Mazzetti, Marco Sibani, Paolo Calzolari, Luca Lenzi, i fratelli Maldina e Franco Benassi.

Una società “a delinquere”  dal graffiante spirito critico e dalla pungente satira politica che è stata in grado di mettere in scena indimenticabili prese in giro del sistema.

Quando Vergato doveva diventare presidio per la caserma dei Vigili del Fuoco ma il progetto non partiva, trasformarono una vecchia Citroën squalo in un pseudo rosso mezzo di intervento dei Vigili del fuoco con tanto di scala estendibile, si travestirono da pompieri e presero d’assalto il terrazzo del Comune. L’anno in cui la gestione dell’acquedotto e del depuratore passò ad Acoser fu l’occasione per modificare il solito mezzo allestendo uno strano marchingegno con una bicicletta  che ad ogni pedalata attingeva acqua da un serbatoio per spruzzarla sugli spettatori. Sulla fiancata del veicolo campeggiava la scritta ACOSALDAMER.

Ora i tempi sono cambiati e penso sia diventato veramente impossibile se non addirittura proibito dalla normativa spettacoli come quelli per esempio che venivano allestiti dalla Società Prunarolo o l’utilizzo di scale ed arrampicate varie come quelle dei “The Billy Boys”. Le pesanti responsabilità messe in capo ai Presidenti delle Pro-Loco e ai responsabili delle Società Carnevalesche hanno tarpato un po’ le ali alla libera fantasia e all’estro creativo dello scherzo istantaneo.

Domenica 26 febbraio, tempo permettendo, si terrà la 141a edizione del Carnevale Vergatese.

La manifestazione in 141 anni di storia ha attraversato periodi di massimo splendore e anni di dimessa sopravvivenza. Quest’anno ho appreso che forse per la sfilata non sarà prevista la presenza di carri allegorici in quanto la messa a norma dei pianali esistenti implicherebbe un costo così alto che né la Pro Loco né le Società al momento riescono  a sostenere.

Il Carnevale si festeggerà con sfilate a piedi e mascherate delle Società carnevalesche, di quelle sportive e delle scuole, ci saranno animazioni e giochi per i bambini, tanta musica e stand gastronomico.

Penso che sarà ugualmente bello e coinvolgente perché il Carnevale è la festa che più accomuna il bambino con l’adulto, a volta si sceglie lo stesso travestimento ed il fascino è proprio quello della maschera perché immedesimarsi in un altro personaggio, cosa o animale ci dà  un impagabile senso di libertà e allegria e allora la seriosità di tutti i giorni per una volta  chiudiamola nel ripostiglio….. che i festeggiamenti abbino inizio!

Un ringraziamento a chi ancora si impegna tanto per fare rimanere viva questa antica tradizione della nostra Vergato.

Buon Carnevale a tutti!

Rita Ciampichetti 2023

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