Rino Nanni – Vergato nella tradizione liberale: Il montanaro è sempre stato strumentalizzato…

2023/02/18, Vergato – VERGATO NELLA TRADIZIONE LIBERALE.
Questo suo tipo di sviluppo determina, nel Comune di Vergato, due categorie di piccola borghesia: impiegatizia e commerciale.

Unitamente a quella dei coltivatori diretti (più poveri) formano un ceto sociale numericamente ragguardevole, culturalmente più elevato e politicamente più conservatore. A questi ceti si contrappongono due categorie: quella dei mezzadri (il bracciantato non è mai esistito) poveri, indifesi, soggetti ad ogni angheria con lo sfratto usato quale arma di perenne ricatto e quella degli edili (muratori e manovali) che vivono periodi di intenso lavoro quando c’è una ondata di sviluppo, ed emigrano, nei momenti di magra, facendo ogni genere di lavoro (nelle cave e miniere, in agricoltura, nei lavori pubblici). Non è a caso dunque che nell’epoca moderna (prima dell’ascesa in campo del movimento cattolico) questi ceti rappresentano una base di massa per le correnti conservatrici e per il partito liberale, mentre mezzadri ed edili sperimentano i movimenti di sinistra (anarchici – socialisti nelle diverse correnti) con un livello di politicizzazione che porta gli edili ad essere l’avanguardia del movimento.
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Si parla di una tradizione liberale nella montagna bolognese. Essa però non è da intendere in senso partitico, ma di schieramento sociale. Si vota liberale per non votare socialista, non perché quella sia la scelta ragionata e convinta. Infatti la formazione del Partito Popolare e la sua presenza sull’arena politica chiude questa tradizione ed apre un nuovo corso nell’orientamento del ceto medio locale.
C’è inoltre da tenere conto che le condizioni obiettive della nostra gente, hanno imposto esigenze permanenti di difesa, di ricerca individuale per la soddisfazione dei bisogni più elementari e ciò ha determinato forme di individualismo, di solidarietà ma di conservazione di quanto si è riusciti ad avere. La cooperazione, il lavoro in comune, le gestioni societarie, sono sempre state viste con sospetto, perchè il più delle volte erano contro di loro e miravano ad espropriarli di quanto posseduto.

Ha ragione Bignardi, da decenni presidente dell’Associazione Agricoltori (padroni con i poderi a mezzadria) quando afferma: “…. un’intima serietà fa il montanaro nemico di ogni improvvisazione : lo spirito individualistico, e la consapevolezza delle difficoltà che solo il suo tenace lavoro ha potuto superare, lo portano a diffidare delle retoriche politiche .”
Ma ha torto nella ricerca delle cause. Il montanaro è sempre stato strumentalizzato: dal feudatario che ne fece dei servi; dal liberalismo che predicò l’individualismo a gente che non aveva nulla, neppure un lavoro da perdere; dai popolari che promisero riforme mai fatte. Essi sono stati serbatoi di voti, base di massa di movimenti e partiti all’interno dei quali non hanno mai contato nulla e nulla in comune mai hanno avuto con chi in effetti, di volta in volta, determina va le scelte e le politiche degli stessi movimenti e partiti.

Rodolfo Audinot – Immagine da Wikipedia

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Sono stati strumentalizzati persino dal gioco delle correnti all’interno dei partiti. Proprio loro che aderivano in nome di ideali religiosi e di difesa del campicello, senza rendersene conto sono divenuti strumento per opporre un notabile ad altro notabile, un gruppo ad altro gruppo, senza che mai una loro aspirazione venisse seriamente accolta.
Le differenze con la pianura sono sostanziali. Qui troviamo una agricoltura fondata sulla grande azienda, che impiega migliaia di braccianti, ricattandoli per l’occupazione e il salario ed esasperandoli nei momenti di lotta. Da qui uno schieramento di classe ben definito e l’esigenza per i braccianti di darsi una organizzazione, a cui in qualche misura concorrono anche le Leghe bianche dirette dal “Popolare” Miglioli.
Ecco perchè il “liberalismo” regge di più, e soprattutto più a lungo in montagna rispetto alla pianura e contrasta maggiormente l’idea e l’organizzazione socialista. Il Collegio elettorale di Vergato, per tutte queste ragioni resta fino al 1919 ai Liberali. L’ultimo e forse il più famoso degli eletti nel Collegio (fino al 1919) fu Luigi Rava.
La tradizione liberale tuttavia ha avuto qualche suo momento di valore anche in montagna. Ricordiamo ad esempio i moti dell’agosto 1843, quando un gruppo di insorti, capeggiati da Pasquale Muratori, occupano Savigno costringendo alla resa il presidio dei Carabinieri pontifici. Anche negli anni 1844-45, quando si susseguivano nelle Romagne vari moti, gruppi di patrioti, per spostare truppe pontificie dalla bassa, tentano altre occupazioni, fra cui una a Badi di Camugnano.
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Luigi Rava – immagine da Wikipedia

Dai Liberali fu diretta tutta la “trafila” tesa a salvare i patrioti, facendoli emigrare clandestinamente in Toscana, nonché per diffondere messaggi e altro materiale. La “trafila” funzionava soprattutto lungo le vallate del Reno e del Setta e il centro si trovava alla torre di Montorio, vicino al confine collocato fra Pian del Voglio e Bruscoli.
Sono ricordati anche alcuni uomini, tutti benestanti, che come patrioti presero parte alle congiure contro lo Stato Pontificio. Fra questi: Raffaele Minelli a Caprara di Panico, il Dott. Raffaele Ugolini a Casio e Casola, il Dott. Giuseppe Nanni a Castel D’Aiano, il Dott. Enrico Borgognoni a Porretta, Giovanni Lambertini a Savigno e altri ancora.
Il 12 giugno 1859, dopo la partenza da Bologna degli austriaci e del Cardinale Legato, la giunta provvisoria di governo dichiarò decadute le Amministrazioni Comunali e le sostituì con Amministrazioni Liberali, sotto il controllo del Commissario speciale Cesare Dall’Olio. Amato Pellegrini da parte sua assunse il comando della guardia nazionale e sgominò i partigiani del vecchio regime che si erano dati al brigantaggio.
Da ricordarsi sono pure le due prove elettorali precedenti il 1860.
Le elezioni per il Parlamento romano nel maggio 1848 e quelle, per la Assemblea dei rappresentanti del popolo delle Romagne nel 1859. Poiché si prevedeva un eletto ogni trentamila abitanti, furono istituiti tre collegi: Vergato, Bazzano e Loiano. I primi due Collegi elessero l’Avv. Antonio Zanolini che già era stato membro del governo provvisorio delle province unite nel 1831, poi esule in Francia e in seguito deputato e senatore del Regno. Loiano elesse il Prof. Antonio Montanari, anch’egli futuro senatore, liberale moderato che confidava in Pio IX.
E’ interessante analizzare il corpo elettorale, nella tradizione liberale che era ben lontano dal suffragio universale, ma si votava solo se in possesso di certi titoli di studio e di beni materiali.
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Il rapporto fatto dalla Commissione elettorale al Preside della Provincia dà questi cifre di votanti:
Vergato voti 5.259 Bazzano ” 11.935 Loiano ” 6.096.
Nel luglio successivo, avendo i primi due eletti optato per altri collegi, furono ripetute le elezioni; a Vergato fu eletto Rodolfo Audinot, a Bazzano il Marchese Carlo Bevilacqua.
Per l’Assemblea delle Romagne, essendo previsto un deputato ogni 8.000 abitanti, la Provincia fu divisa in 47 Collegi.

Fra gli eletti: l’Avv. Matteo Pedrini a Vergato; il Prof. Antonio Montanari a Sasso; il Conte Giovanni Massei a Porretta; l’Aw. Ulisse Cassarini a Castiglione; il Conte Domenico Nanni Leverà a Gaggio Montano.
Dopo i plebisciti, vennero convocati i comizi per la VII Legislatura, l’ultima del Parlamento subalpino. Nel collegio di Vergato fu eletto il Prof. Giambattista Ercolani. Nella VII Legislatura, la prima del Parlamento Nazionale, riuscì Rodolfo Audinot, che si di mise il 16 luglio 1864 in seguito ad una inchiesta sulle ferrovie meridionali del cui Consiglio era membro.
Nelle elezioni del 1865, sempre a Vergato, fu eletto in un ballottaggio Paolo Silvani che batté l’Audinot con 192 voti contro 87. Silvani sarà poi confermato per quattro successive legislature.
Nel 1876 l’Ing. Cesare Lugli superò di stretta misura il Silvani e mantenne il Collegio per sette legislature.
Dopo la XX legislatura, ritiratosi il Lugli andò profilandosi la candidatura di Luigi Rava, in concorrenza con Arturo Ruggeri di Castiglione e Gaetano Buini di Porretta. Rava era già stato deputato di Ravenna e sottosegretario nel terzo ministero Crispi.

Emilio Veggetti – Immagine da Vikipedia

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Come Deputato di Vergato parteciperà poi ai governi Saracco, Giolitti, Fortis e Salandra, come ministro dell’agricoltura, della pubblica istruzione e delle finanze.
Il vergatese Emilio Veggetti che di Rava fu grande elettore, concedendogli nel 1915 la cittadinanza grizzanese, così lo salutava:
” Nato e cresciuto nel mesto lido di Classe, fra il sacello di Dante e il capanno di Garibaldi, educato a quelle grandi e sante memorie, risaliste or sono molt’anni, il placido corso del Reno fino alle nostre rive pittoresche alle quali scen dono ridenti i colli dell’etrusca Misano, sovrastanno maestose le pagane cime di Montovolo …”
Era l’epoca dell’èlit, della retorica e del potere concentrato nelle mani di pochi. Era l’epoca in cui si insegnava a star lontani dalla politica considerata “cosa sporca”, da lasciare fare a chi se se “intendeva”, era l’epoca in cui si contrapponeva la montagna, quale “roccaforte liberale” alla marea rossa montante nella pianura. Era comunque la fine di un’epoca. In seguito con i Bignardi e localmente con i Matteucci, Scarpaccio, Di Vistarino, il vecchio liberalismo si sarebbe tradotto in farsa.

Guarda gli articoli precedenti; https://vergatonews24.it//?s=rino+Nanni

Nella prossima puntata: VERGATO NEL MOVIMENTO OPERAIO

© Riproduzione riservata – Pubblicazione inedita.

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