Rino Nanni – L’occupazione fascista di Vergato: La prima ad essere bastonata fu una ragazza che rifiutò “l’Assalto”…

2023/03/03, Vergato – L’OCCUPAZIONE DI VERGATO (52 – 59)

L’occupazione fascista di Vergato avvenne nel marzo 1921. La Sezione Comunista, appena costituita e diretta da Colombi, contava 18 iscritti, tutti giovani provenienti dalle file socialiste. L’occupazione venne annunciata dal giornale fascista “l’Assalto”. L’iniziativa immediata di mobilitazione popolare, trovò subito il rifiuto socialista che decise di fare il vuoto per non prestarsi a provocazioni. Gli anarco-sindacalisti invece accettano di mobilitarsi.
Il sottoprefetto mise in atto varie minacce per garantire l’incolumità ai fascisti occupanti. Al mattino della domenica 1.000 persone presidiavano il paese e la loro organizzazione consentiva di impartire una buona lezione agli occupanti. Ma i fascisti tardarono, avvertiti della situazione fino al tardo pomeriggio, quando i compagni nel timore dello sfaldamento, avevano sciolto la mobilitazione.
L’arrivo dei fascisti con i camion, le divise, i manganelli, impressionarono i presenti che via via crescevano per quella curiosità che si concentra su ogni cosa nuova. Inutile dire che fra i presenti c’erano tutti i socialisti che avevano predicato il vuoto.

Comunisti e anarchici non potevano squagliarsi dopo aver organizzato la mobilitazione, ma erano rimasti ben pochi. La prima ad essere bastonata fu una ragazza che rifiutò l'”Assalto”. Da qui partì lo scontro che si estese a tutto il paese. I compagni si rifugiarono nel bar Gatti e fu li che Colombi, circondante e con la pistola puntata al petto, rifiutò di togliersi il distintivo.

Giovani fascisti della X° Legio a Vergato per le esercitazioni di tiro al poligono, sulla terrazza dell’Albergo Montone.

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L’intervento del sottoprefetto convinse i fascisti a ritirarsi.
Il primo scontro non era andato tanto male e il prestigio dei comunisti andò crescendo.
Vergato fu un centro importante per il fascismo. Qui nacquero le squadre della prima ora. Oltre a qualche borghesotto locale il fascio aveva raccolto tutta la canaglia locale. Nuclei fondamentali che si accanirono in carognate e misfatti di ogni genere, furono un gruppo di giovani implicati in furti nella ferrovia che ottennero così il riscatto; giocatori di azzardo che vivevano di espedienti; bottegai colpiti negli anni precedenti dal boicottaggio; birocciai che sfogarono i loro risentimenti per gli appalti delle forniture di ghiaia sulla strada Vergato-Cereglio-Castel d’Aiano, appalti indetti dall’amministrazione socialista della provincia.
Fra questi sarebbero poi venuti alla ribalta: Cristalli assassino di partigiani, condannato a morte in prima istanza e poi assolto, Pancaldi e Calzolari alti ufficiali della milizia, Gentilini capo dei Sindacati (dopo aver tradito il PCI a cui aveva aderito) e tanti altri che per ventanni dominarono il paese facendo il bello e il cattivo tempo e che passarono poi nella RSI restando fino all’ultimo abbarbicati al potere ed ai vantaggi che questo offriva loro.
La loro forza non era nel coraggio personale fisico, ma nella copertura che era loro garantita dalle autorità e soprattutto dal fascio provinciale, sempre pronto a mandare spedizioni in aiuto.
A quel punto non era più solo la lotta ad essere impari. Era la prospettiva che veniva a mancare, il sapere cosa sarebbe accaduto poi.
Aveva ragione l’Ing. Ronzani, uno dei riformisti locali, quando avvertiva: ” …. voi comunisti avete reagito bene allo scontro, siete stati bravi”.
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Però è sempre resistenza passiva che noi socialisti predichiamo senza riuscire ad attuare. Avete ragione nel dire che “fare il vuoto” di fronte ai fascisti vuol dire scappare prima del loro arrivo, ma è anche vero che subire le violenze, anche con dignità, come voi andate sostenendo, non è rispondere colpo per colpo alla violenza fascista
Il PCI era sorto ma proprio nel momento in cui il fronte della classe operaia e dei lavoratori indietreggiava sotto l’irruenza dell’attacco violento del nemico. Il P.C.I. era debole nei Sindacati (432.564 voti contro 1.435.783 della corrente socialista).
La borghesia usava tutti gli strumenti della demagogia, del nazionalismo, della giustizia sociale per costruire una base di massa al fascismo, ne giustificava le azioni animate da “ideali generosi”.
Gli stessi riformisti nella prima fase stavano al gioco e nello agosto del 1921 stipularono col fascismo il “patto di pacificazione”. Fu però un atto inutile perchè piegati i Comunisti, i Socialisti ebbero la stessa sorte. Il 16 maggio 1921 ebbero luogo le elezioni politiche in un clima di aperta sopraffazione. Ciononostante il PCI raccolse 304.000 voti. A Vergato raccolsero anche i voti degli anarchici che nelle precedenti amministrative lo avevano dato ai popolari consentendo loro di conquistare il Comune .
Il giorno dei risultati elettorali nessuno andò al lavoro. In paese si fronteggiavano i due schieramenti. Nel pomeriggio giunse da Bologna una spedizione punitiva. Il gruppo dei compagni fu accerchiato, ma quando i fascisti si accorsero che erano armati, pian piano si allontanarono senza colpo ferire..

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Fu poi quella notte che a seguito di un attentato vicino alla sede del fascio (sembra certo che fu compiuto da uno di loro) venne compiuta la retata dei comunisti e degli anarchici. Oltre 40 fra cui Giovanni Lenzi e Umberto Sangiorgi finirono nel carcere mandamentale. Dopo alcuni giorni gli arresti confermati furono 22 e vennero tradotti a S.Giovanni in Monte. S. Giovanni in Monte era ormai stracolmo; c’erano gli arrestati per i fatti del Casermone, di Palazzo D’Accursio, di Portonovo di Medicina, di Sala Bolognese, di Baragazza, di Pian di Macina.
Finalmente venne l’interrogatorio che verteva sulla collocazione di un ordigno esplosivo nella villa del Sig. Fulgenzi, Segretario del fascio di Vergato. Dopo 7 mesi l’accusa venne ritirata e gli imputati furono prosciolti. Il loro ritorno fu occasione di una delle ultime manifestazioni di massa. Colombi e Sangiori scesero dal treno con una mano in tasca ben ferma attorno al calcio di una pistola. Ma i fascisti avevano preferito disertare l’appuntamento dopo averlo ripetutamente annunciato.
La situazione era ormai insostenibile. La Sezione Comunista tiene una delle sue ultime riunioni in un bosco di Liserna, con un servizio di vigilanza armata. C’era la domanda di ammissione di un gruppo di anarchici che venne accolta. Si discusse di dar vita agli “Arditi del Popolo”, ma come è noto la Direzione aveva assunto un atteggiamento contrario. Fu fatto il solenne giuramento di punire adeguatamente chi fosse in futuro divenuto delatore.
La cosa può far sorridere ma Gentilini (Raflon) che diventerà capo dei Sindacati fascisti non dirà mai una parola dell’esperienza passata.

Vergato 1930 – Rivista proprietà di Amleto Gardenghi – Sottoprefettura


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La fine di un periodo storico era giunto. Ormai ogni giorno, scornati e avviliti, militanti abbandonavano il campo e talvolta passavano dall’altra parte per bisogno o per viltà, come avviene sempre in circostanze del genere.
Il 1° maggio del 1922 si tentò ancora una manifestazione di massa, che si svolse ai piedi del monte di Salvaro. Vi aderirono circa 300 persone. Il fronte si era andato restringendo e in ciò avevano giocato vari elementi, non solo esterni. In realtà negli ultimi tempi, davanti alle violenze e alla impossibilità di costruire un fronte unito con socialisti e anarchici, col divieto di Bordiga di aderire al movimento degli Arditi del Popolo, nello stesso gruppo comunista si fa strada il settarismo, l’isolamento, la ricerca dei “pochi ma buoni”, degli eroi puri.
Durante la marcia di ritorno si scontrano con i fascisti che attendono i manifestanti di Malfolle. Quattro compagni rimasero colpiti ed uno morì per un colpo di arma da fuoco. Di nuovo fermati sono circondanti dai fascisti e gli scontri riprendono fino all’arrivo dei rinforzi ai Carabinieri di servizio.
L’entrata in paese.- fu burrascosa. Tutti i fascisti erano lì in attesa per decretare la cacciata dei dirigenti dal paese.

Nelle poche settimane successive Colombi, Sangiorgi ed altri comprendono che non resta altra via che quella di prendere la via dell’esilio. Ormai la gente, anche quella che ha combattuto e sofferto, sente il morso della paura e del ricatto, evita di salutare o di incontrare gli elementi più conosciuti, si rinchiude nella propria casa e nel proprio lavoro, sente che è finita e che bisogna piegare la schiena.
Ha davanti a se una prospettiva nebulosa. Nessun lavoro, se non l’emigrazione o la Direttissima a Pian di Setta, dove si lavora in galleria senza protezione, con continue vittime per lo scoppio di gas e per le frane, dove si dorme in baracca e si viaggia tutta la notte del sabato per passare la festa in famiglia, ripartendo la domenica stessa.

Vergato 1930 – Rivista di Amleto Gardenghi – Albergo Montone

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Questa vita per lungo tempo hanno fatto in tanti: da Quadri Antonio che raccolse l’insegnamento e l’eredità di Colombi, a Sabbioni Primo prima di emigrare a Roma e di mettersi a fare il venditore ambulante, dopo essere stato cacciato dalla Provincia, a Marchi Aniceto che prese parte a tutte le battaglie fino all’ultima del 1° maggio 1922, a Franco Franchi che durante il fascismo il 1* maggio di ogni anno andava a lavorare in cravatta finché non lo bastonarono a sangue e a tanti altri i cui nomi mi sfuggono o mi sono rimasti sconosciuti.
In seguito abbiamo ancora dei gesti di protesta coraggiosa per quanto limitati e singoli.
Alle elezioni del 1924 Quadri Antonio e Minelli Alfredo decidono di votare per il PCI. Ma i fascisti vogliono vedere le schede. Così Gandolfi Gaetano fascista in servizio di vigilanza avverte il gruppo dei picchiatori. I due comunisti sono ferocemente picchiati da diversi fascisti: Lenzi, Colombarini, Lolli e Carboni sono fra quelli riconosciuti.

Così anche Quadri riprende la via dell’esilio fino a quando nel ’34 è espulso dalla Francia e consegnato alla polizia. Processato è condannato a 5 anni di libertà vigilata secondo la formula “non alzarsi prima del levar del sole, non rientrare in casa dopo il calar del sole, non andare fuori Comune”, andare ogni settimana dai Carabinieri per un controllo.
Quadri, come tanti che rifiutano la tessera del fascio, deve rinunciare ad un lavoro regolare, con assistenza e contributi, ma passare la vita prestando qua e là una giornata di lavoro senza garanzia di salario.
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Pur tuttavia tiene in piedi un ideale. Lo si vedrà poi nell’aprile ’45 il raccolto seminato in quegli anni, nelle veglie serali nelle stalle, nella parola semplice e poi nell’organizzazione della vita partigiana.
Un momento di commozione si realizza dopo il 25 luglio ’43. Caduto il fascismo i carcerati vengono rilasciati. Una sera Colombi, Cassani, Minelli si trovano in casa di Quadri: bevono e cantano l’Internazionale.
Ma tutti e quattro sanno che la guerra non finisce l’8 settembre. Così mentre Colombi va ad assumere la direzione della lotta a Bologna, prima di essere mandato in Piemonte, quale membro del triumvirato di quella Regione, Quadri inizia il reclutamento per le formazioni partigiane operanti nel modenese, poi forma una formazione locale di cui è commissario politico.
Passato il fronte, nell’inverno del ’44, inizia la costruzione del PCI a Vergato e diviene Presidente del C.L.N.. Viene eletto Segretario del Partito prima ancora che Vergato sia liberata e tale resta fino al 1946. A quella data il PCI conta a Vergato 36 Cellule e 660 iscritti.
Si deve a Quadri se l’immediato dopoguerra non ha registrato a Vergato vendette e tragedie, nonostante gli odi che sono accumulati e le angherie che la gente ha subito.
Le stesse traversie vive Sabbioni. A Marzabotto viene eletto Assessore alla Congregazione di Carità con un bilancio di 500 lire. Ma i fascisti, tornando da Sibano per impedire un comizio dei “Rossi” si feriscono fra loro e creano una montatura che porta in carcere 40 compagni fra cui Sabbioni. Dopo 12 mesi di detenzione saranno prosciolti, ma ormai l’amministrazione socialista di Marzabotto è finita.
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Anche Sabbioni, in accordo con Leonildo Tarozzi, allora Segretario mandamentale della Camera del Lavoro, fonda la Sezione del PCI e lancia la sottoscrizione.
Licenziato dalla Provincia, saccheggiata la sua casa, va a fare il manovale con l’aiuto di Corazza. Più volte aggredito, a Bologna da Costantini e Calzolari di Castel d’Aiano, a Sasso da Galli e Lorenzo Mingardi; a Vergato da 4 fascisti fra i quali c’è Gentilini Raffaele.
Anche lui partecipa ai lavori nella galleria della Direttissima e vive in una baracca con la moglie e il figlio ancora piccolo. Rientrerà anche Sabbioni alla Liberazione per riprendere il lavoro intrapreso tanti anni prima.

Xà Legio con vergatesi poi passati alla Resistenza (?)

L’AVVENTO DEL FASCISMO A BOLOGNA E IN ITALIA
Tutto questo ridava coraggio alla borghesia che aveva dovuto subire anni di scontri e di sconfitte. La conquista da parte dei socialisti di tanti Comuni e Province, il tessuto associativo delle Leghe, Cooperative e Circoli, esasperava la parte più reazionaria della borghesia, che per ristabilire il proprio ordine, non trovò altra strada che quella del ricorso alla violenza extra legale dello squadrismo fascista.
Il via fu dato dall’agraria Bolognese, Ferrarese, Mantovana, Cremonese e della Toscana, poi si aggiunsero gli industriali e i bancheri di Milano e di Torino e i latifondisti del meridione.
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I promotori finanziavano l’azione violenta delle squadracce, la stampa esaltava e giustificava i loro crimini, il governo liberale metteva a disposizione l’apparato dello stato, le Prefetture, la polizia e la magistratura per disarmare e intimidire i lavoratori e per armare, proteggere e assicurare l’impunità ai bastonatori, agli incendiari e agli assassini fascisti. Giolitti credeva di essere abile. Mirava a servirsi dei fascisti per ridimensionare sul piano politico ed elettorale i socialisti, per costringerli ad una politica di collaborazione e al momento opportuno avrebbe riportato a legalità il fascismo.
Bologna fu considerata la “Culla del fascismo”. La prima provocazione fu quella del “Casermone” presso S.Giovanni in Monte, ove si contarono tre morti e molti feriti. Fra i morti, oltre al socialista Zucchini, vi furono due funzionari di polizia, che servirono ad una campagna terroristica contro i “Rossi”, anche se la manifestazione del Casermone era patrocinata dagli anarchici ed oratore fu Enrico Malatesta.
Dal funerale dei due funzionari partirono gli atti di teppismo contro il chiosco della stampa socialista in Piazza Maggiore e la devastazione dell’Ente autonomo comunale di via Ugo Bassi.
La mancata reazione dei Socialisti che vollero dividere, le proprie responsabilità da quelle degli anarchici, offri spazio al crescendo della violenza.
Così il 5 novembre i fascisti tentano l’assalto alla Camera del Lavoro con sede in Via D’Azeglio, ed ha inizio la scalata delle squadracela.
Ancora in queste occasioni manca una adeguata reazione. Bucco Segretario della CcdL si appella alla Questura che interviene bloccando i lavoratori e dando via libera alla squadracela;
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Boldesi, uno dei Segretari si scaglia contro la sinistra socialista perchè offre pretesti alla reazione.
Poi accaddero i fatti di Palazzo d’Accursio in occasione della nomina a Sindaco del ferroviere Ennio Gnudi: 10 morti e 58 feriti, fra cui un Consigliere comunale di minoranza, mutilato di guerra Giulio Giordani, che sarà poi, per tutto il ventennio nero, presentato come il primo martire fascista.
Gli aggressori erano stati i fascisti che avevano scientemente organizzata l’aggressione e persino il Resto del Carlino, diretto da Mario Missiroli, ne da una giusta interpretazione. Ma il Carlino verrà subito ritirato e poche ore dopo, una seconda edizione capovolge completamente i fatti.
Gli arresti che ne seguirono decapitarono la sinistra. Mentre i Deputati Riformisti partirono immediatamente per Roma “per chiedere protezione al Governo”.
Non fu proclamato nessun sciopero, nessuna azione di protesta; i lavoratori che dalla provincia scesero in città furono rimandati indietro, col pretesto che non bisognava esasperare la situazione e che vi avrebbero pensato i deputati. Cominciò così a farsi strada lo scoraggiamento, il disorientamento , la sfiducia. I riformisti approffittarono per rinsaldare le proprie posizioni a danno della sinsitra. Bucco viene sotituito da Gamalero di Savona, Venturi arrestato e condannato a 10 anni, Martini abbandonò la lotta e in seguito passò al fascismo, Pini dopo due anni di Carcere scomparve dalla scena, Alvisi direttore della Squilla si dimise, Cocchi dovette emigrare perchè ricercato, Martelli riparò a S. Marino e non riprese più la attività politica, Oppi, Segretario della federazione giovanile faceva la stessa scelta. Bombacci che del bolognese aveva fatto un suo punto di forza, non si fece più vedere a Bologna; sarà espulso dal PCI nel 1927 e passerà, come già detto, al fascismo diventandone gerarca.
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Guarda gli articoli precedenti; https://vergatonews24.it//?s=rino+Nanni

Nella prossima puntata: IL FASCISMO TRIONFA E CROLLA

Tratto dal manoscritto: Rino Nanni – ESPERIENZE E RICORDI DEL PASSATO – Aprile 1945 – Ottobre 1981

© Riproduzione riservata – Pubblicazione inedita.


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