Rita Ciampichetti – Profumo di tiglio – “…si  alza nell’aria come un suono d’incenso, l’odore di tiglio delle strade alberate…”

2023/06/19, Vergato – Ritorna Rita Ciampichetti con un racconto che si sente nell’aria….

Profumo di tiglio

“…si  alza nell’aria come un suono d’incenso, l’odore di tiglio delle strade alberate…”

canta Francesco Guccini in “Giorno d’estate”, canzone bella quanto triste uscita nel 1987 con l’album “..quasi come Dumas”.

Ieri sera per la prima volta mi è giunto in tutta la sua intensità il profumo dei tigli di Via G. di Vittorio, i cui fiori sono giunti probabilmente a piena fioritura.

In questo periodo dell’anno Vergato si impregna del profumo dei tigli in quanto numerosi viali ed i giardini sono alberati con questa specie e nelle calde notti d’estate si diffonde in ogni dove questa mielata fragranza a me particolarmente gradita in quanto è in grado di sprigionare ricordi ed emozioni.

Il profumo dei tigli è l’essenza di cui si spruzza l’estate prima di uscire in tutto il suo splendore, da studentessa lo associavo alla fine della scuola, era il segnale dell’inizio delle vacanze,  di interminabili giornate da trascorrere con gli amici, o di partenze per il mare o la montagna dove magari ritrovavi quella stessa fragranza.

Il tiglio è una pianta molto apprezzata, talmente tanto che fa parte assieme agli aceri, ciliegi, olmi e frassini delle “latifoglie nobili” per il loro pregio dal punto di vista naturalistico ed estetico per cui sono spesso messi a dimora nei parchi, nei giardini e per l’abbellimento dei viali essendo anche molto resistenti agli inquinanti atmosferici a differenza degli ippocastani.

E’ un albero bello per la sua imponenza, è molto longevo ed ha le foglie a forma di cuore, i suoi fiori sono in cima a peduncoli che portano lateralmente un brattea allungata, quando i semi sono maturi questa specie di ala li fa vorticare nell’aria come un elicottero favorendo la disseminazione lontano dalla pianta madre.

Legati alla pianta del tiglio ho due ricordi molto particolari.

Quando la mamma aveva qualcosa da fare e non poteva sorvegliarmi mi mandava dai vicini ed in particolare mi affidava a due persone che io chiamavo affettuosamente nonno Primo e nonna Zaira. Erano già molto anziani e probabilmente non avevano molte forze per corrermi dietro in giochi scalmanati così la nonna Zaira si metteva a sedere sotto un grande tiglio e iniziava a raccontarmi delle storie per farmi stare tranquilla. Ogni tanto staccava una fogliolina da quei teneri polloni che solitamente il tiglio fa crescere alla base del tronco, se la metteva dentro la bocca completamente sdentata e con una serie di abili movimenti della lingua la riduceva ad un rotolino verde che teneva in bocca divertendosi a srotolarla e a riavvolgerla. Chissà il motivo…. forse le favoriva la salivazione con tutti i miei perché e per come a cui doveva rispondere.

Come tutti i bambini questa abilità mi aveva a tal punto affascinata che so solo io quante foglie di tiglio ho mangiato nei tentativi di fare questa acrobazia d’altra parte mai riuscita. Alla fine ero arrivata alla conclusione che probabilmente avrei avuto successo nell’impresa solo quando non avrei avuto un solo dente in bocca.

Uno è della mia primissima infanzia quando abitavo a Porretta Terme.

L’altro ricordo è temporalmente più vicino.

Mia suocera Rosita credeva nelle proprietà curative delle piante ed era particolarmente portata nella preparazione di infusi e decotti, ancora prima dei successi dell’Antica Erboristeria.

Perciò in questo periodo dell’anno, quando il profumo dei tigli in fiore diventava così intenso da ubriacarti, andavamo a Cavacchio dalla Dina Gasperi a raccogliere le infiorescenze dai numerosi tigli attorno alla sua abitazione, le metteva poi a seccare solitamente stessi sopra una carta sulla credenza ed una volta ben asciutte le riponeva in grandi vasi dal coperchio di vetro.

In inverno, quando a qualche componente della famiglia la tosse diventava particolarmente stizzosa, preparava una tisana alla quale aggiungeva un abbondante cucchiaio di miele sempre di fiori di tiglio  e la faceva bere molto calda prima di andare a letto. La tosse si calmava e così tutti riuscivano a dormire.    

Dopo qualche anno, quando anche io ho iniziato ad interessarmi di erboristeria ho imparato che i fiori di tiglio contengono zuccheri, acidi organici, tannini, mucillagini, oli essenziali profumati e il loro infuso è appunto  anticatarrale, sedativo e favorisce la sudorazione. Per le sue proprietà sedative in alcune regioni d’Italia un tempo c’era la consuetudine di fare ai bambini particolarmente nervosi e irrequieti un bagno di fiori e foglie di tiglio per calmarli.

I fiori sono molto apprezzati dalle api e quindi sono ottime piante mellifere, il miele di tiglio è un miele denso color oro vivo dorato, è antinfiammatorio e quindi ideale per curare il male di gola, il raffreddore, la tosse e lenisce anche i dolori di stomaco.

Il suo legno, pur essendo di scarso valore per l’utilizzo come combustibile, ha caratteristiche di bianchezza, leggerezza e soprattutto flessibilità tali che lo rendono facile da lavorare  senza scheggiarsi, quindi ottimo per lavori di intarsio e ebanisteria e per fabbricare gli zoccoli. In passato dalla corteccia messa a macerare si ricavava una fibra per fare ceste ed anche tappeti.

In antichità i tigli erano alberi considerati sacri presso molti popoli quali simboli di amore e fedeltà e sono citati in varie opere di letteratura di ogni epoca, è molto considerato nella tradizione tedesca. In lingua germanica il il suo nome è Linde, da cui deriva lindem=lenire, quindi è considerato simbolo della salute,  molto famoso in Germania il Tiglio di Staffelstein che si dice superi i 1900 anni di età ed è celebrato anche in molti canti popolari tedeschi.

In Italia sono catalogati tra i più vecchi e monumentali due tigli: il Tiglio di Macugnaga, un piccolo centro a 1300 m di altitudine in provincia di Verbano-Cusio-Ossola, con una circonferenza di oltre 7 metri e 700 anni di età e il Tiglio di Summonte, in provincia di Avellino, con una circonferenza di 8 metri e di circa 250 anni di età.

Appunto per la loro sacralità e  la caratteristiche di raggiungere età così venerabili, il tiglio è diventato simbolo di longevità ed anche di amore coniugale grazie a questa tenera leggenda narrata nelle “Metamorfosi” di Ovidio.

Un giorno Zeus ed Ermes, attraversavano la Frigia con sembianze umane e cercarono ospitalità nelle diverse case, ma ovunque si negava loro l’accoglienza. Una sola casa offrì asilo, una capanna costruita con canne e fango dove vivevano due vecchi sposi: Filemone e Bauci, che vedevano passare i loro giorni belli e invecchiavano insieme sopportando la povertà, resa più dolce e più leggera dal loro tenero legame.

La coppia si offrì di lavare i piedi ai viaggiatori, e diede poi loro da mangiare un pranzo campestre: olive, corniole, radicchio e latte cagliato. Quando però versavano il vino, questo non finiva mai, per cui iniziarono a sospettare della finta identità della divinità. Volevano sacrificare la loro unica oca, ma l’animale aveva intuito che erano dei e andò a nascondersi tra le loro gambe.

Dopo il pranzo gli Dei si palesarono e Zeus si offrì di esaudire qualunque loro desiderio. Filemone e Bauci chiesero solo di poter morire insieme. Dopo aver vissuto ancora molti anni, i due coniugi furono trasformati in alberi: Filemone in una quercia e la moglie Bauci in un tiglio, uniti per il tronco.

Allora in queste calde serate di inizio estate lasciatevi accarezzare ed ammaliare dal dolce profumo del tiglio, messaggero d’estate e sappiate apprezzarne le sue tante virtù e rispettatelo anche se quando sfiorisce e si spoglia dal fogliame genera un po’ di lavoro di pulizia straordinaria.

Approfitto per fare un plauso alla ditta incaricata dal Comune che ha eseguito le potature ai tigli del paese.

A differenza di alcune ahimè nefaste precedenti occasioni, non sono stati eseguiti quei   tagli drastici dei grandi rami con capitozzature devastanti che determinano però lo sviluppo di nuove messe da gemme dormienti. Questi giovani rami particolarmente vigorosi hanno la necessità di rifarsi la riserva di zuccheri per la stagione successiva e questo causa l’indebolimento dell’albero rendendolo facilmente attaccabile dai parassiti.

Concludo con questo quanto mai veritiero pensiero dello scrittore e poeta Hermann Hesse  insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1946

“Gli alberi sono santuari. Chi sa parlare con loro, chi sa ascoltarli, percepisce la verità. Essi non predicano dottrine e ricette ma predicano, noncuranti del particolare, la legge primordiale della vita.”

Rita Ciampichetti 2023

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