Rita Ciampichetti – La Brigida, cap.19: L’è bèla? L’è brótta? L’è basa? L’è grasa?”

2024/09/30, Vergato – Rita Ciampichetti – La Brigida – Vicende di una famiglia dell’Appennino Bolognese e non solo: Capitolo 19 – Strane usanze

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Capitolo 19Strane usanze

La notizia che Carlino Veggetti si sposava il giorno dei Morti diede adito ad ulteriori pettegolezzi, ma si sa ogni paese ha le sue tradizioni e si vede che lassù a Torino usava così, su un aspetto però tutti o meglio tutte  smaniavano per la curiosità: chissà come era la sposa che aveva scelto.

Carlino era un ragazzo piacevole e già da adolescente aveva dimostrato di possedere interessi diversi da quelli della maggioranza dei suoi compagni, amava leggere, era curioso  e ci sapeva fare con le ragazze.

Che aveva una marcia in più lo aveva dimostrato quando era partito per il Nord Italia ed in poco tempo aveva trovato una buona sistemazione.  Quando, durante l’anno, tornava a casa per non annoiarsi poteva contare sulla corte serrata di un buon numero di ragazze in età da marito che ambivano di riuscire a farlo innamorare e che, deluse alla notizia delle sue imminenti nozze,  si interrogavano ora cosa poteva avere trovato di diverso da loro in quella  “piemontesa”.

Amerigo e Adolfo partirono il giovedì, giorno di Ognissanti e rientrarono al sabato sera tardi, troppo stanchi per accontentare le donne di casa con una dettagliata cronistoria del viaggio, del matrimonio e soprattutto dei parenti acquisiti.

Però la mattina della domenica, quando scesero a colazione, trovarono tutti i componenti della famiglia ad attenderli seduti attorno al tavolo con gli occhi che brillavano di curiosità.

Alaoura cómm l’è  andà? Div mo su Dolfo cum’éla ‘sta Cosetta? E la so famèja?”, domandò subito la Iolanda ancora prima che Adolfo prendesse in mano il cucchiaio per tuffarlo nella tazza con la zuppa di latte che gli aveva messo davanti una, per la prima volta, taciturna Cesira.

Adolfo indicò con la testa Amerigo come per dire: “Chiedetelo a lui..” e così tutte le teste si girarono verso il secondo testimone che iniziò a raccontare.

Carlino ci è venuto a prendere alla stazione e poi con il tram siamo arrivati alla casa della Cosetta alla periferia di Torino, una bella villetta a due piani con attorno un giardino recintato. I Rebaudengo ci hanno accolto gentilmente anche se all’inizio hanno dimostrato una certa riservatezza. Ci hanno ospitato per la notte ed anche Carlino ha dormitò lì, così alla mattina presto di venerdì eravamo tutti pronti per andare in Chiesa. E’ stata un matrimonio riservato a pochi amici ed altrettanti pochi famigliari, c’era solo una vecchia zia materna della sposa. Dopo siamo andati in un caffè dove era stato allestito un piccolo rinfresco per i partecipanti. Siamo ritornati a casa Rebaudengo per il pranzo ed eravamo solo noi della famiglia e l’amica della Cosetta che le aveva fatto da testimone…… dimenticavo lassù invece porta sfortuna sposarsi di mercoledì

Cs’aviv magnè?” domandò la Cesira.

A questo punto intervenne Adolfo: “Un bagnöl cal saveva dimondi d’âi e sardån par tucèr dla verdùra: chèrd, sàrrel, prevrån, fnòc, po’ dåpp ‘na mnéstra particoler: di raviulen cinen cinen cott e scolà såura un tvajól sänza cónza, ma al pén l’êra acsé bàn da fèr resusitèr i mort, dal fitleini  sutil ‘d videl con in vetta ‘na selsa ‘d tàn, par dàulz un budén ‘d ciocoleta che ciamen bunet”

O il vitello tonnato lo faceva sempre la cuoca della famiglia dove ero a servizio d’estate, alla domenica, è molto buono… gli altri piatti non li conosco proprio” osservò l’Elide

La zènt cla scola la pasta in vetta a un tvajól, l’am pèr ‘na bela stranpalari! Pôver fiòl   in dóvv t’è andè a sbâter la tèsta!” ricommentò sconsolata la Cesira.

“Invece direi proprio di no, si vede che Carlino ha saputo farsi volere bene, è vero… diversamente da noi sono meno espansivi però si vede che sanno apprezzare chi si impegna con il lavoro e dimostrano  perciò tutto il loro rispetto nei confronti di mio fratello. Come scriveva Carlino nella lettera i genitori della Cosetta sono già anziani perché l’hanno avuta tardi e quindi desiderano che comunque gli sposi stiano con loro, d’altra parte la casa è talmente grande….. si vede che è gente istruita, pensate che la mamma è stata una modista di cappelli molto ricercata anche a corte quando c’era ancora il re. Dopo pranzo ci hanno accompagnato a visitare il centro storico di Torino che è proprio una bella città. Gli sono piaciuti molto i nostri zuccherini e hanno contraccambiato con le loro specialità”.

Detto questo Amerigo salì in camera e tornò giù con un sacchetto pieno di confetti e gianduiotti ed un altro più piccolo destinato alla Brigida con dentro delle praline tonde di cioccolato col cuore di nocciola, rivestite da piccolissime sfere bianche di zucchero e incartate in carte colorate e luccicanti che fecero la felicità della bambina.

Queste te le manda la zia Cosetta, si chiamano cri cri!” le disse Amerigo quando le diede il sacchetto e la Brigida con la bocca ormai sporca di cioccolata saltando attorno alla tavola inizio a canticchiare: “Cri cri come i grilli! Fai un salto, fanne un altro..

Mò alaura Merigo, s’pôl savair o nò cumela ‘sta Cosetta! L’è bèla? L’è brótta? L’è basa? L’è grasa?” domandò ormai spazientita la Iolanda che di tutte le altre informazioni culinarie non gliene importava proprio un fico secco.

E’ una ragazza normale, né alta, né bassa, né magra, né grassa….ha un viso grazioso, capelli e occhi castani, un sorriso dolce, zoppica lievemente perché da piccola ha avuto un principio di poliomielite che le ha lasciato una gamba un pochino più corta, ma si nota appena” le rispose Amerigo.

Ecco… aj vléva anc questa!” proruppe una sempre più sconsolata Cesira.

Si vogliono bene? Si! A Carlino piace? Si! Allora va bene così! Avrete modo di conoscerla meglio per le feste di Natale quando verranno a passare qualche giorno qui!” concluse senza possibilità di replica Amerigo.

L’è vaira….. Cesira nôster fiôl Carlino l é un ragâz cum và. Al s môv con critêri, sänza fèr däl bagianè: al métt sänper un pà dnanz a cl èter”. Con questa frase  Adolfo cercò di convincere una Cesira sempre più dubbiosa su quell’unione a suo vedere così male assortita per diversità di usanze e tradizioni culinarie.

Quella domenica pomeriggio la Iolanda non vide l’ora di salire al podere dei Fedeli animata dalla smania di riportare ai suoi famigliari  la cronistoria del matrimonio di Carlino così come le era stato raccontato, commentando però alla fine che a suo parere Carlino “per sistemarsi” aveva accettato di sposare quella ragazza che  non sapeva di niente, triste ed infelice perché zoppa, l’unico vantaggio è che la famiglia era benestante anche se aveva delle abitudini ben strane perché al posto dei piatti usavano i tovaglioli.

Ovviamente il lunedì mattina la Gaudenzia andò di filata alla bottega della Peppina e non mancò di renderla partecipe con il racconto delle ultime novità e guardando la Fernanda, che sapeva aver avuto un debole per Carlino, un po’ malignamente commentò: “Puvrein, Carlino par non maridèrs con onna ‘d quelli scuénzi che  i sbaveven drè, l’ha tolt in mujer piòtost ‘na provra zopa ‘d  fòra”.

“La i arà fât bàvver un bevrån afadè!” le rispose piccata la Fernanda ricordando quello che le aveva una volta raccontato sua nonna sulle usanze dei suoi tempi quando se una ragazza desiderava conquistare l’amore di un giovane che non ne voleva sapere andava da una “stréjja” che le preparava un filtro d’amore facendo bollire in un pentolino un intruglio di erbe e altre sostanze, questa specie di beverone, che veniva offerto mascherato al giovane riottoso, veniva chiamato “bevrån afadè” e qualche volta aveva efficacia per cui quando una brutta ragazza riusciva a conquistare un bello sposo si diceva appunto che aveva usato questo espediente.

La Gaudenzia alzò le spalle e uscì dal negozio dicendo: “Dgiv quell c’av per mo’ Carlino l’ha catà la tatta bôna, l’ha vént ala sîśal!”, ma le chiacchiere sull’argomento, con il passare dei giorni, aumentarono proporzionalmente arricchendosi dei particolari e dei commenti più svariati, specialmente in merito all’abitudine di servire la minestra sopra ai tovaglioli fino a quando, almeno questo particolare, fu chiarito definitivamente dal maresciallo dei carabinieri che aveva prestato servizio nel Monferrato.

1959 Fiat 600 Multipla

Il lunedì sera, quando era libero dal servizio, il maresciallo Carpegiani saliva su al Borgo perché era il giorno dedicato alla solita partita a briscola e tresette che si disputava ormai da qualche anno:  lui e il dottore contro il farmacista e Don Basilio, ovviamente la sede era per ragioni di riservatezza la canonica. Don Basilio apriva una delle sue bottiglie di pignoletto e tra una fumata di toscano, uno strozzo, un busso, uno striscio e molte discussioni, facevano venire anche le due di notte.

Quel lunedì fra una mano e l’altra Don Basilio riportò l’aneddoto della minestra nel tovagliolo al che Carpegiani esordì dicendo: “Oh.. ma sono gli agnolotti del plin! Semplicemente favolosi! Una pasta ripiena con carni arrosto miste ed altri ingredienti e per  gustare al meglio tutta la loro golosità si servono “al tovagliolo“. I plin vengono cotti in brodo, scolati e serviti su un tovagliolo di lino senza aggiungere nessun condimento.. che voglia di risentirli! Pensate che alcuni li mangiano senza usare le posate direttamente dal tovagliolo”.

La Giulia che era nel cucinotto a preparare il caffè ascoltò tutta  la spiegazione e si sentì in dovere il giorno dopo di divulgarla a più persone possibili ribadendo che Carlino Veggetti non era andato a stare con una famiglia di matti, perché anche il maresciallo dei carabinieri aveva mangiato la minestra dentro un tovagliolo quando era in servizio da quelle parti: paese che vai, usanza che trovi.

Il due dicembre di quell’anno iniziò il periodo di Avvento, l’attesa della venuta del Salvatore.

Per la maggior parte del genere femminile del Borgo iniziò il periodo di ansiosa attesa dell’arrivo di quella che ormai era nominata da tutti “la piemontesina”, invece in casa Veggetti iniziarono i preparativi per accoglierli nel modo migliore.

Carlino aveva scritto che sarebbero arrivati domenica ventitré dicembre alla sera, si sarebbero trattenuti per la vigilia e per il giorno di Natale, ma sarebbero ripartiti la mattina di Santo Stefano per non lasciare troppo a lungo soli i genitori di Cosetta.

Såul du dè? Gnanc prinzipier al viaz!” commentò la Cesira.

An s pôl gnanc fèr ‘na festa ‘d nòz comm l’avèva dett Merigo…” sospirò la Iolanda

Potremo preparare  il solito pranzo di Natale e inviteremo i parenti più stretti” propose l’Elide.

Al di là dei vari commenti i giorni precedenti all’arrivo furono impegnati a fare le pulizie per rendere la casa il più accogliente possibile. L’Elide e Amerigo decisero di dare la loro camera da letto ai giovani sposi, avrebbero messo il lettino della Brigida nella camera dei nonni e loro si sarebbero arrangiati con un pagliericcio giù in cucina, si trattava solo di tre notti.

La domenica verso sera sentirono il rumore del motore di un auto, era la Fiat 600 Multipla del servizio pubblico di Romagnoli, si fermò nell’aia e finalmente videro scendere Carlino e dietro di lui la moglie.

All’arrivo dell’auto erano usciti tutti di casa e lì sull’aia, mentre Romagnoli scaricava le valigie, ci furono le presentazioni e i convenevoli.

La Cosetta non possedeva la bellezza da principessa delle favole dell’Elide e nemmeno la carnalità prorompente della Iolanda, ma quella normale che non desta stupore di una ragazza con la sola freschezza dei ventidue anni e un timido sorriso che le illuminava però gli occhi e il viso.

Era vestita molto elegantemente secondo l’ultima moda: sopra un abito blu a corolla di caldo Jersey indossava una giacca corta di pelliccia di astrakan grigio, sulla testa dai capelli castani acconciati in un caschetto corto era posato un cappellino portapillole fatto con la stessa pelliccia, le mani guantate, ai piedi un paio di eleganti scarpe stringate color bordeux in pelle scamosciata con un po’ di tacco, stesso colore per la borsa stile Hermès Kelley che portava al braccio.

Carlino abbracciò e baciò tutti i famigliari, sua moglie si limitò a sfilarsi il guanto e a dare la mano a tutti dicendo: “Piacere, com’è?”, però si chinò per dare un bacio alla Brigida che la stava guardando con la bocca spalancata e che iniziò ad accarezzare con circospezione la pelliccia, stupendosi che quella strana signora non iniziasse a fare un po’ di fusa.

Ondate di timidezza ed imbarazzo si propagavano in entrambe le direzioni, fino a quando Amerigo non proruppe con un deciso: “Beh cosa stiamo a fare qui fuori che è un freddo da cani? Entriamo in casa a conoscerci meglio e voi Romagnoli venite con noi a bere un bicchiere per scaldarvi nel viaggio di ritorno”.

Aiutarono Carlino a portare in casa i bagagli, per così pochi giorni non erano certo molti, una valigia, una borsa ed un altro contenitore molto strano fatto a forma di scatola tonda.

La Cesira guardandolo non poté fare a meno di sussurrare all’orecchio della Iolanda mentre chiudevano le retrovie entrando in casa:

Sta da vàdder ca jè dantér un furmàj… propi un furmàj par nos che int la mî canténna ai n’è anch pr’î fiû di prît!

…. continua

Rita Ciampichetti, 2024

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