Rita Ciampichetti – La Brigida, cap.26: “L’as ciameva Rôṡa la mè pinéñna, bèla cumpagna sò peder…

2024/10/13, Vergato – Rita Ciampichetti – La Brigida – Vicende di una famiglia dell’Appennino Bolognese e non solo: Capitolo 26 – La vita continua  il suo cammino

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Capitolo 26: La vita continua  il suo cammino

Arrivata alla porta della stanza la Cesira un po’ titubante bussò, ma non ottenendo nessuna risposta tirò giù la maniglia ed entrò nell’oscurità prodotta dagli scuri completamente serrati che facevano si e no  trapelare qualche lama di luce dalle fessure delle assi sconnesse dei vecchi scuri, arricciò il naso per il cattivo odore che ormai ristagnava da giorni  in quella stanza: puzzo  di chiuso, sudore, umori.

Aspettò che gli occhi si abituassero al buio per scorgere le sagome degli arredi e non correre il rischio di sbattere ed inciampare. Il corpo dell’Elide emergeva completamente coperto di traverso nel  letto matrimoniale, immobile, silenzioso, non si sentiva nemmeno il rumore del respiro.

La Cesira si raschiò la gola e disse a bassa voce: “Elide a sån mè..”, ma non ottenne nessun cenno di risposta.

Fece qualche passo in avanti nella stanza e si andò a sedere su una sedia ai piedi del letto. Stette qualche minuto in silenzio poi iniziò a parlare sommessamente: “In’tla mè vètta ai n’ò pers tri:  un fiôl  grand, ‘na patoza ancora cineina e l’onnic omen che mè ai ò vlò bän. Tri dulàur grandéssum, un stràzi par l’ânma e cór che incion al po’ cunsulèr parchè l’è e tò e basta!”

L’Elide non dava segni di vita, ma la Cesira imperterrita continuò a parlare e a raccontare: “E prémm cl’è môrt as ciameva anca lò Amerigo e l’era al fradel piò grand ‘d Dolfo, un ragäz bèl cumpagna al sàul c’am fè perder la tèsta…..

Fu a questo punto che l’Elide che comunque la stava ascoltando si fece più attenta, perché la Cesira continuò nel suo racconto descrivendo con parole molto semplici, ma ugualmente efficaci quanto era grande l’amore che nutriva per quell’uomo e nonostante in seguito si fosse dileguato lasciandola incinta tale comportamento non era riuscito a scalfire minimamente il profondo sentimento che ancora sopravviveva in lei.

Aveva accettato di sposare il fratello Adolfo, ma sotto pressione della famiglia e per dare un nome a quel figlio in viaggio.

L’as ciameva Rôa la mè pinéñna, bèla cumpagna sò peder… ma l’è vera … la và mèl e pò la sêguita e pover anzel l’è volà in zil…. e a sån  stà mè!”

A questo punto un momento di forte commozione fece tremare per un momento la voce alla Cesira che però si riprese subito e confessò che la morte di Amerigo l’aveva lasciata in uno stato di tanto dolore e prostrazione che la nascita della piccola Rosa non le aveva arrecato nessuna felicità, anzi il parto aveva acuito ancora di più quel vuoto incredibile che sentiva dentro, eseguiva come un robot quelle minime cose necessarie alla sopravvivenza della sua creatura,  senza la spinta di quell’amore materno che ogni neo mamma dovrebbe sentire spontaneo crescere in lei. La allattava quando piangeva e la teneva pulita, non la prendeva mai in braccio se non per il tempo strettamente necessario all’espletamento di queste azioni.

La bambina buonissima cresceva comunque bene, ma purtroppo, quando stava per compiere tre mesi, una notte si svegliò piangendo, era stata cambiata e nutrita quindi la Cesira decise di non andare a controllare cosa stava succedendo anche perché nel giro di un minuto tornò il silenzio.

Alla mattina trovò la piccola Rosa ormai fredda nella sua culla.

Quell’amore materno fino a quel momento impacchettato in qualche segreto cassetto dilagò come un fiume in piena in ogni piega dell’anima della Cesira aggiungendo dolore a dolore.

Quando era nata la Brigida prematuramente tutte le attenzioni che l’Elide riservava alla piccola proteggendola da ogni possibile pericolo le avevano fatto tornare a galla ancora vivido tutto il rimorso per non avere avuto lei maggior attenzione nei confronti della sua bambina e sentiva dentro solo una gran rabbia verso se stessa e per non esplodere non trovava rimedio se non sfogarla su chi le stava attorno.

L’Elide si ricordò allora quello che le aveva confidato la Giulia ed ebbe di nuovo conferma nel proseguo del racconto della Cesira.

Era vero, da quel giorno si era spento in lei ogni desiderio di amore, il dolore aveva preso possesso di ogni cellula del suo corpo rendendola insensibile e refrattaria ad ogni accenno di gentilezza.

Adolfo aveva avuto una pazienza infinita con lei spinto da un amore altrettanto forte e contrapposto al dolore della Cesira, tanto che l’ebbe vinta e dopo un tempo infinito riuscì ad averla, me il vero motivo la Cesira lo confessò solo in quel momento:

Gl’uc’ ‘d Dolfo i én  prezîs a quall dal mi Amerigo e quand l’era sovra am pareva ‘d fèr l amåur ancora con lò!”

Negli anni aveva iniziato ad apprezzare la bontà di carattere del marito, a provare una sorta di affetto per lui, ma l’amore che fa vibrare all’unisono due anime quello purtroppo non si era mai acceso.

“Ed ora Amerigo…..me fiôl…. e al stràzi l’è ancora piò grand… s’arviseva  dimòndi a sò zio savì Elide al noster ragâz? Sta vôlta que l’è  tròp  grand da supurtèr! Ma i disen che an si mòr brîsa ‘d dulûr e mè a sån ancora què.. purtrop! Fén ch’as sént di dulûr, a s é al månnd!”

La Cesira sospirò, un sospiro lungo, rassegnato e dopo qualche minuto riprese a parlare.

Elide a sån brîsa stà ‘na breva mèder par vò, ca psiv èser l’argóii d’ogni mèder! A sån stà catîva cme na iéna, ma l’è stà al stràzi che mé ai ò denter da an cam fa esèr acsè caråggna e ignurànta… ma vó.. vò a sî ancora in temp a dvintèr brîśa cunpagna a mè, avî la Brigida cla pers sô pèder e che ades la bi’såggn d’vò e pò avì nó ca sän la vostra fameja”

Non ricevendo alcuna risposta si stava avviando rassegnata verso la porta quando sentì un singhiozzo soffocato, si rigirò e cautamente tornò accanto al letto e posò una mano sopra alla coperta e con delicatezza scoprì la nuora che stava piangendo contro il cuscino, le accarezzò la testa e allora l’Elide si alzò e le buttò le braccia al collo liberandosi con un lungo pianto da quell’orribile senso di dolorosa oppressione che la tormentava da giorni, la Cesira la strinse a sé e pianse con lei, due donne accumunate dallo stesso dolore per la perdita di quanto più caro avevano nella vita.

Il pianto della Cesira cessò prima, ma si premurò di tirare fuori dalla tasca del vestito un fazzolettone sgualcito con un vago sentore di soffritto e di asciugare gli occhi e soffiare il moccolo dal naso dell’Elide, poi le disse che se tra un po’ voleva scendere a pranzo avrebbero avuto piacere e la Brigida sarebbe stata felice, se lo desiderava le portava su una brocca con l’acqua calda e l’avrebbe aiutata a lavarsi e a mettersi in ordine.

L’Elide tirando su con il naso annuì con la testa.

La Cesira ridiscese in cucina e tutti si voltarono verso di lei interrogandola con gli occhi.

Lei li fulminò con lo sguardo e rimettendosi il grembiule telegrafica disse: “E aloura?” e si voltò verso il camino per prendere l’acqua calda dal paiolo, solo Adolfo notò che con un angolo del grembiule si stava asciugando gli occhi, si voltò verso il marito e brontolò: “Azidènt al fomm de camen!”.

La Cesira versò l’acqua calda in una brocca e tornò su in camera dall’Elide e come le aveva detto l’aiutò a lavarsi e a vestirsi, le spazzolò i capelli aggrovigliati e spalancò le finestre per dare aria alla camera, le chiese poi se poteva disfare il letto per lavare le lenzuola  e metterne delle pulite.

L’Elide annuì con il capo.

Quando scese dalle scale dietro alla suocera che teneva in braccio il groviglio della biancheria sporca, la Brigida appena la vide iniziò a gridare: “C’è la mamma, la mia mamma ….” e le corse incontro con le braccia aperte.

L’Elide la prese in braccio e l’abbracciò stretta, poi sempre silenziosa si andò a sedere accanto al camino tenendola sulle ginocchia.

Adolfo si alzò e le andò ad appoggiare una mano sulla spalla, Berto non riuscì a dirle nulla, fissava il pavimento contando i buchi che c’erano nelle piastrelle di cotto rosso.

Solo la Iolanda trovò il coraggio di dirle qualcosa: “Ai ò piasèr Elide che stèt un po’ mej, mé a sån brîa brèva cumpagn a tè a fer da magnèr. Incò ai ò fat un po’ ‘d bród mat con dû parpadlein …” e versò nel piatto aggiunto a tavola due mescoli di minestra.

L’Elide le rispose che andava bene tutto, in silenzio si mise a tavola con gli altri e iniziò svogliatamente a bere un po’ di brodo, ma gli occhi non si staccavano dal posto dove solo qualche giorno prima era seduto Amerigo e che ora era  occupato dalla Brigida.

La solita vita scandita dal tempo e dai lavori agricoli stagionali ricominciò al podere dei Veggetti: la semina, il raccolto delle patate e delle castagne, la loro essicazione e macinatura, l’uccisione del maiale.

La mancanza di Amerigo si faceva sentire e aveva creato un enorme vuoto. Ogni componente della famiglia nei mesi successivi cercò di elaborare il lutto come meglio  poteva, a quei tempi non si parlava certo di supporti psicologici, ti dovevi accontentare delle parole di conforto degli amici o riporre tutto nella Fede e pensare che in realtà la morte non è la fine, ma l’inizio della Vita Eterna, perché l’anima è immortale ed un giorno ci troveremo tutti uniti nella contemplazione di Dio.

Quest’ultimo concetto Don Basilio lo aveva ripetuto infinite volte all’Elide che però assieme ad  Amerigo aveva perduto anche la Fede e non trovava consolazione in nulla.

Aveva ripreso il suo posto in cucina ed ora aiutava la Cesira nella cura degli animali, ma ogni giorno, qualsiasi tempo poteva essere, si incamminava verso il Borgo ed andava a trovare il suo Amerigo al cimitero, accanto alla tomba aveva messo uno sgabello, si sedeva e trascorreva un po’ di tempo a riordinare il vaso dei fiori che non mancavano mai e nel frattempo chiacchierava, raccontava quello che era successo, gli parlava della Brigida, gli chiedeva anche consigli.

Puvreina la fà ‘na panna… tótt i dé la ven sò al zimiteri .. cal piôv, cal naiva o cal tinpèsta l’è l’istèss… la stà lé a sèder pròpi ed banda a la tomba d’Amerigo a ciacarèr cómm sal fóss ancora al  mònd!”, così dicevano le donne del Borgo, ma nessuna si azzardava a criticarla perché tutte, nessuna esclusa, provava per lei una gran compassione.

Solo facendo così l’Elide riusciva a ritrovare dopo quel brandello di serenità che le consentiva di continuare ad affrontare la quotidianità.

Passarono le feste di Natale  e alla fine di marzo quelle pasquali, non rese certo meno tristi dalla presenza di Carlino e della Cosetta che annunciarono il prossimo arrivo del loro primo figlio.

Fu verso la metà di Aprile del 1959 che una sera l’Elide si fece coraggio e annunciò alla famiglia la decisione che dopo lunga riflessione aveva presa.

… continua….

Rita Ciampichetti, 2024

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