Don Elia Comini da Calvenzano riconosciuto Beato – Tra i testimoni Gilberto Barbieri di Vergato
2024/12/19, Vergato – Papa Francesco ha autorizzato il Dicastero per le Cause dei Santi a promulgare il Decreto che riconosce il martirio del Servo di Dio don Elia Comini, religioso salesiano.
Lo ha reso noto oggi, 18 dicembre 2024, il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede dove si riconosce «il martirio del Servo di Dio Elia Comini, Sacerdote professo della Società di San Francesco di Sales; nato a Calvenzano di Vergato (Italia) il 7 maggio 1910 e ucciso in odium fidei, il 1° ottobre 1944 a Pioppe di Salvaro (Italia)».
Diventa, così, certa la Beatificazione del sacerdote bolognese e si resta in attesa di conoscere la data e il luogo della cerimonia.
Tra i testimoni della causa di beatificazione, Gilberto Barbieri nato a Grizzana e residente per molti anni a Vergato. Lo ricordava la moglie, diversi incontri con “gente” anche da Roma che lo cercarono. Rilasciò una testimonianza videoregistrata poi riportata in un documentario sulla vita di Don Elia Comini.
La casa natale di Don Elia Comini è tutt’ora esistente a Calvenzano – Madonna del Bosco di fianco alla chiesina santuario.
Gilberto Barbieri nel documentario a cura dell’Ispettoria Salesiana Lombardo-Emiliana
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In allegato la biografia di don Comini a cura della Famiglia Salesiana.
Don Comini nasce in località “Madonna del Bosco” di Calvenzano di Vergato (BO) il 7 maggio 1910, secondogenito di Claudio ed Emma Limoni. Giovanissimo, Mons. Fidenzio Mellini, già alunno di don Bosco a Torino, lo orienta ai Salesiani di Finale Emilia. Novizio il 1° ottobre 1925, Elia emette la prima Professione il 3 ottobre 1926 ed è professo perpetuo l’8 maggio 1931. Ordinato sacerdote a Brescia il 16 marzo 1935, il Servo di Dio vive nelle case salesiane a Chiari (in provincia di Brescia, fino al 1941) e a Treviglio (in provincia di Bergamo, dal 1941 al 1944). D’estate, d’accordo con i superiori, don Elia rientra per alcuni periodi sull’Appennino bolognese – a Salvaro – per aiutare la mamma, ormai anziana e sola. Qui aiuta nella pastorale lo stesso Mons. Fidenzio Mellini.
Tale è il viaggio che impegna don Elia Comini anche nella difficilissima estate del 1944. Egli arriva a Salvaro il 24 giugno. Vi resterà per poco più di tre mesi, sino alla morte. Soccorre la popolazione nella concretezza delle sue molteplici esigenze dettate dal tempo di guerra, anima la liturgia e promuove la frequenza dei sacramenti; affianca le consacrate e vive un intensissimo apostolato nell’esercizio di tutte le opere di misericordia corporale e spirituale. Media, inoltre, tra gli opposti fronti: popolazione; partigiani; tedeschi della Wehrmacht che stazionano in canonica per un mese (1° agosto – 1° settembre 1944). Il Servo di Dio istituisce con il giovane Dehoniano padre Martino Capelli una fraternità sacerdotale che li associa nel ministero. Il 29 settembre 1944 mattina, don Elia accorre con padre Martino Capelli verso la “Creda”, un abitato dove le SS di un battaglione della Sedicesima Divisione Corazzata avevano appena perpetrato un eccidio: stola, oli santi e teca con alcune particole eucaristiche lo identificano chiaramente come sacerdote nell’esercizio del suo ministero di conforto degli agonizzanti. Catturato, spogliato delle insegne sacerdotali, usato come «bestia» da soma nel trasporto delle munizioni, don Elia vive quel giorno una intensa passione, certo obbligato ad assistere alle “più raccapriccianti violenze”.
Tradotto a sera nella “casa dei birocciai” a Pioppe di Salvaro vi vive due intensi giorni persuaso sin dall’inizio di essere destinato a morire e nondimeno vicino ai prigionieri. Alla sera del 1° ottobre 1944 viene ucciso nel gruppo degli “inabili” (innocenti rispetto a qualsivoglia compromissione) – nonostante egli fosse giovane e abile al lavoro – presso la Botte della canapiera di Pioppe di Salvaro, al termine di una surreale liturgia in cui le SS avevano fatto sfilare i prigionieri su una passerella prima di falciarli con le mitragliatrici: egli, intonando le Litanie e gridando infine “Pietà!”, l’aveva trasformata in un avanzare orante verso il Cielo.
Nell’impossibilità di recuperare le salme, verranno successivamente aperte le griglie e l’impetuosa corrente del fiume Reno trasporterà via per sempre quei poveri resti, già consumati e divenuti “terra”. Negli istanti dell’esecuzione, il corpo di don Elia Comini aveva protetto Pio Borgia, uno dei soli tre scampati all’eccidio della “Botte” e testimone decisivo dei fatti.
Fonte; Chiesa di Bologna