Rita Ciampichetti – I frutti dimenticati: le giuggiole
2023/09/29, Vergato – Un frutto, una storia una ricetta. Rita Ciampichetti ritorna sui frutti dimenticati: le giuggiole.
Consigli, informazioni, storie…. le ricette invece vanno eseguite da persone esperte che ne sappiano identificare la pianta e l’uso appropriato.
L’alberello di giuggiolo nell’aiuola del mio giardino sta dando i suoi frutti, giorno dopo giorno le bacche della dimensione di una grossa oliva stanno virando il colore dal verde al rossiccio brillante tendente al marrone. Ogni tanto, quando gli passo accanto, non posso fare a meno di staccarne una, anche se non
completamente matura, e infilarmela in bocca.
Il suo sapore non è facilmente descrivibile, assomiglia un po’ a quello di alcune varietà di mela però è molto più intenso e di una dolcezza incredibile, la sua consistenza mi fa impazzire e fa in modo che uno tira l’altro come le ciliegie, è un frutto croccante, quando lo mordi fa rumore, pur non essendo assolutamente resistente al morso, una sensazione molto piacevole.
Non è molto diffuso nelle nostre zone, ama di più le zone di pianura.
Mio marito, che ha il vezzo di volere piantare alberi provenienti da altre latitudini avendo per giunta la pretesa che si sviluppino normalmente, ha messo negli anni a dimora tre piante di giuggiolo, due nel giardino di Vergato e uno a Casigno nella casa di montagna. Non sono ovviamente cresciuti molto
però in questo periodo ci fanno dono, presi dalla pietà, di una modestissima produzione dei loro prelibati frutti.
Il giuggiolo è un alberello conosciuto ed apprezzato già nell’antica Grecia e in India, in Cina, in Corea sono coltivati da millenni appositamente per scopi medicinali. In Cina in particolare hanno per secoli sfruttato le proprietà delle giuggiole per il trattamento di diversi disturbi e per mantenere il benessere
della salute fisica.
Ma cosa hanno di così particolare questi piccoli frutti non conosciuti e quindi dimenticati nelle nostre zone?
Innanzitutto contengono una dose elevata di vitamina C, superiore al fabbisogno giornaliero, una significativa presenza delle vitamine del gruppo B ed un notevole contenuto di potassio, sono inoltre presenti in quantità apprezzabili ferro, calcio e fosforo.
Grazie quindi ai sali minerali e alle vitamine di cui sono ricche le giuggiole hanno proprietà antinfiammatorie, antiossidanti e antitumorali, sono efficaci in caso di anemia e contribuiscono a mantenere in salute il sistema cardiovascolare abbassando il colesterolo.
Le giuggiole possiedono anche proprietà digestive e antispastiche infatti sono utilizzate per combattere il dolore addominale e svolgono un’azione protettiva nei confronti di fegato e reni.
Dall’infuso di giuggiole si ottiene una bevanda calda, calmante e rilassante, in grado alleviare gli stati d’ansia e depressione. Inoltre, possedendo un effetto sedativo aiuta in caso di insonnia, di astenia, irritabilità e nervosismo.
L’infuso di giuggiole è utile anche nel trattamento di tosse e mal di gola, ed è efficace anche in caso di raffreddore, raucedine, bronchiti e faringiti ed ha un effetto antipiretico per cui si utilizza spesso in caso di febbre.
Chi poteva immaginarsi tanti benefici da questo piccolo frutto che nelle nostre zone viene ricordato solo quando in situazioni molto gratificanti e di benessere si dice di andare “in brodo di giuggiole”.
Infatti essendo la sua polpa così dolce fin dall’antichità si prestava alla preparazione di sciroppi, canditi, liquori, confetture, tant’è vero che il liquore a base di giuggiole è conosciuto da migliaia di anni risalendo la sue prime notizie ai tempi degli Egizi e dei Fenici. Addirittura Erodoto canta le delizie del liquido
inebriante derivato da questo frutto simile al dattero e Omero lo trasforma nell’incantesimo del Lotofagi.
Il Italia invece la nascita del “brodo di giuggiole” viene fatta risalire al 1500, in pieno periodo rinascimentale, alla corte dei Gonzaga e per essere esatti nella loro residenza estiva sul lago di Garda dove si iniziò a servire, al termine dei generosi banchetti, un liquore dolce e inebriante la cui ricetta rimase un
segreto per lunghe generazioni. Ancora oggi la produzione del “brodo di giuggiole” è una tradizione di famiglia molto diffusa nella zona di Padova e di Vicenza, simile alla nostra per l’altrettanto famoso nocino.
Mentre il nostro nocino consiste nell’infusione alcolica dei malli di noci rigorosamente raccolti il 24 di giugno o giù di lì, il “brodo di giuggiole” prevede invece l’utilizzo di altra frutta.
In attesa che i miei alberelli di giuggiole diano una produzione più consistente di frutti, mi sono attrezzata nel cercare la ricetta originale del brodo di giuggiole che vorrei tanto provare a fare anche se, essendo una tradizione famigliare, in ogni ricetta c’è la premessa che il risultato ottimale è comunque frutto dell’esperienza, vale a dire della capacità maturata nell’equilibrare e bilanciare i vari ingredienti in modo tale da non risultare una bevanda stucchevole pur avendo una gradazione alcolica non elevata.
.. quindi avete capito che come ogni ricetta di famiglia ognuna contiene quell’ingrediente o procedimento segreto che non viene rivelato nemmeno sotto tortura e quindi occorrerà affidarsi al caso per riuscire ad avere un risultato apprezzabile tale da far andare i nostri ospiti letteralmente “in brodo di giuggiole”.
Comunque condivido con voi la ricetta del brodo di giuggiole che mi ha ispirato di più.
Ingredienti (per circa 400 cl):
Giuggiole: 1 kg
Mele cotogne: 300g
Acqua q.b.
Uva: 2 grappoli (moscato)
Zucchero: 1 kg
Vino rosso: 1 lt
Buccia di 1 limone non trattato
Procedimento:
Lasciare appassire le giuggiole per un paio di giorni. Successivamente lavarle accuratamente ed eliminare i noccioli.
Mettere giuggiole, uva e zucchero in una pentola, ricoprire di acqua bollente e lasciar sbollentare per 90 minuti a fuoco dolce e senza coperchio mescolando di tanto in tanto con un cucchiaio di legno. Aggiungere le mele cotogne e lasciar evaporare l’acqua (circa un’ora); aggiungere il vino, alzare la fiamma e lasciare evaporare.
Quando il brodo inizia la gelificazione aggiungere la buccia del limone.
Togliere il brodo dal fuoco quando raggiunge una consistenza cremosa, lasciar intiepidire e passare al setaccio (garza sterile), lasciando percolare per 24 ore o fino a quando tutto il liquido avrà passato il setaccio.
Una volta raffreddato travasare in bottiglie sterili e conservarlo in un luogo fresco e buio.
Rita Ciampichetti 2023