Rita Ciampichetti – Al grinbèl… per la serie indumenti in disuso
2025/11/27, Vergato – Una lunga pausa estiva? Dov’era finita Rita con i suoi racconti che tanti momenti di serenità e allegria hanno dato alle persone?
Eccola ritornata, assieme a Vergatonews24.it, in pausa “estiva” ma che sta riprendendo le pubblicazioni a tutta velocità:
Al grinbèl.. per la serie indumenti in disuso
Con la memoria la rivedo ancora la mia mamma quando, giovane e attiva, alla mattina dopo essersi alzata si preparava.

L’ultima cosa che faceva era quella di prendere il grembiule che la sera prima aveva appeso alla spalliera di una sedia della cucina e legarselo dietro alla schiena con movimenti velocissimi della mano.
Ecco… come gli antichi cavalieri che indossavano l’armatura prima dei tornei, si sentiva pronta alla tenzone quotidiana che l’aspettava in casa nel disbrigo quotidiano delle attività casalinghe.
Il grembiule lo indossava alla mattina e, se non doveva uscire per fare la spesa, lo toglieva solo alla sera quando si svestiva per andare a dormire.
La mamma lo chiamava grembiulino, un termine un pochino più vezzoso rispetto al nostrano “grinbèl” di mia suocera Rosita, forse perché i grembiulini della mamma erano allegri, colorati, ricamati con arricciature e guarnizioni.
Alla mamma sono sempre piaciute le cose belle ed anche per questo modesto accessorio di abbigliamento le piaceva sbizzarrirsi con modelli e colori, la maggior parte erano di quelli solo in vita, ma ne aveva anche qualcuno con le bretelle e la pettorina quando faceva da mangiare.
Viceversa al grinbèl della Rosita era enorme, di cotone pesante dotato di pettorina, era un grinbalòn.. ne possedeva diversi secondo l’utilizzo:quellida cucina erano bianchi immacolati, quelli da orto e giardino più scuri, avevano il compito di proteggerla da schizzi di ragù e di olio bollente quando tuffava nella padella le sue mai dimenticate carsènteini fretti, se li faceva lei perché tutti dovevano avere capienti tasche da dove tirava fuori secondo le necessità, il rosario, un paio di forbici, fazzoletti, spille da balia, un santino, una molletta da bucato, un pezzo di spago, elastici, una matita, un rocchetto di filo con ago, chiavi, spiccioli e soprattutto caramelle Rossana o burdigoni di liquirizia per le nipotine.
Quando andava in cantina a prendere mele e patate lo utilizzava come borsa e la vedevi tornare in cucina con il grembiule preso dalle due parti fino a fare una specie di sacco e dentro quello le cose da trasportare che poi rovesciava sul tavolo della cucina.
Anche per lei era un oggetto di cui non poteva fare a meno, tanto è vero che una mattina, dopo avere tirato non so quante uova di tagliatelle, andò a lavorare in fretta e furia all’Ufficio Postale dove era impiegata e quando si tolse il cappotto si accorse di avere ancora indosso il grembiule.
Il grembiule è un capo che ho usato poco e che non uso più. In casa porto pratiche tute e tengo a portata di mano strofinacci per asciugarmi le mani, in qualche cassetto penso di avere un paio di superstiti esemplari.
Però mi riecheggia ancora nell’orecchio la severa osservazione della mamma: “Dimmi come fai a fare i lavori senza grembiule davanti!” ed io che rimbeccavo “Si fanno benissimo anche senza!” lei scossava la testa non comprendendo come era possibile non sporcare i vestiti, non avere qualcosa in cui spazzarsi le mani, non avere tasche dove riporre gli oggetti più impensati raccattati in giro ed il fazzoletto da naso….e un po’ aveva ragione.
Probabilmente questo oggetto non è caduto completamente in disuso, ma non è certo diffuso come una volta quando il suo scopo principale era senza dubbio quello di proteggere i vestiti indossati durante lo svolgimento del lavoro di tutti i giorni da farina, terra, olio, fuliggine.
Alcuni lavori artigianali manuali come falegnami, fabbri, fornai prevedevano l’utilizzo di lunghi grembiuli a volte oltre il ginocchio di robuste tele ecru o blu.

Ricordo che mio suocero Gino quando si dilettava a fare il calzolaio e doveva risuolare le scarpe diceva con mia suocera: “Rosa in dóvv te arpiatà al me grinbalòn ‘da calzuler?” ed ecco che saltava fuori un usato grembiule di pelle marrone con macchie e vecchie incrostazioni di colla e mastici e nell’indossarlo non mancava mai di dire: “A sån dimóndi gelaus ‘d quàsst grinbalòn, avì da savair che l’era dal pover Gaitanèn Bernerd cl’aveva spusà
mî surèla Giógglia e che m’ insgnè par un po’ al mstir ‘d calzulèr”
Come non ricordare poi gli agricoltori delle montagne di San Vigilio di Marebbe, località dolomitica di nostre lontane vacanze estive, nei loro bellissimi grembiuli da lavoro blu con le pettorine ricamate di stelle alpine e rododendri.
Anche la maggior parte dei vecchi negozianti indossavano il grembiule, Quintilio Canarini dell’omonima drogheria di Via Minghetti dove ci servivamo quando ero bambina ne indossava uno bianco con stampigliata la scritta VEGE’ nel taschino dove infilava la penna per i conti quando non era appoggiata dietro l’orecchio.
Quelli poi della mia età ricorderanno senza alcun dubbio i grembiulini che mamme e nonne ci costringevano ad indossare sopra i vestiti di casa per proteggerli dalle immancabili “padelle” quando mangiavamo o giocavamo, rammento che ti faceva sentire “legato” e goffo nei movimenti, specialmente se sotto avevi un maglioncino di lana.
Ai tempi in cui nelle case si lavava solo a mano e gli abiti erano pochi vi era una cura particolare per quello che si indossava e che talvolta in molti casi era l’unico vestito decente che si possedeva e che doveva durare il più a lungo possibile.
Ora non è più così… ormai abbiamo ampie possibilità di sostituzione degli abiti che indossiamo nel malaugurato caso che si macchiano, anzi spesso, specialmente da parte dei giovani figli si è radicata l’abitudine di infilare nel portabiancheria anche capi che sono stati messi solo per alcune ore se non sono ritenuti ancora sufficientemente “freschi” e la lavatrice viene messa in funzione quasi tutti i giorni.
L’avvento poi di pratiche tute e le regole intervenute in tema di sicurezza che hanno normato anche il tipo di l’abbigliamento da indossare in certi tipi di lavoro hanno bandito per sempre grembiuli e affini.
Questo umile accessorio di abbigliamento però rimane senza dubbio la testimonianza di come era il nostro modo di vivere in una Italia ancora poco contagiata dal consumismo di oggi, un semplice pezzo di stoffa che ha accompagnato la vita domestica, scolastica e lavorativa di molti di noi e che ha assolto direi egregiamente il compito assegnato: proteggere gli abiti che a quei tempi dovevano durare per anni.
Vergato 2025
Rita Ciampichetti – Vedi gli articoli precedenti: https://vergatonews24.it//?s=rita+ciampichetti