Il pilastrino di Razola – Parte 2° Il consolidamento ed il restauro
2015/04/11, Vergato – Il consolidamento ed il restauro del pilastrino di Razola
A cura della: “compagnia degli sdalèn” ( società di fatto, senza statuti, cariche sociali, tessere, della quale possono far parte tutti coloro che condividono l’obiettivo di promuovere la tutela, la valorizzazione ed il restauro degli sdalèn e della loro memoria)
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Il pilastrino devozionale di Razola fu edificato nel 1886 in pietra arenaria di colore giallo, proveniente dalla vicina cava di Finocchia. Questa pietra di grana fine, compatta, di facile lavorabilità, che non presenta impurità od inclusioni, ha consentito allo scalpellino del tempo di realizzare un manufatto di alta qualità artigianale ed architettonica. (Foto 000 e 0000) La scarsa durezza della pietra però, associata alla sua spiccata capacità di assorbire acqua (gelività), l’hanno resa facilmente attaccabile dagli agenti atmosferici che nel corso del tempo hanno pesantemente danneggiato il pilastrino. (Foto 00000 e 00) Prima del restauro il pilastrino di Razola si presentava con una evidente inclinazione in avanti e il piastrone antistante era completamente coperto dal terreno e non era più visibile. La colonna presentava crepe e parecchi distacchi negli angoli come pure alcuni fori di pallottola risalenti agli anni della seconda Guerra Mondiale. Il capitello inferiore si presentava eroso in più punti, quello superiore non aveva più la parte corniciale essendo già stato oggetto di un restauro in cemento che non aveva tenuto. (Foto 00)
La cuspide piramidale era priva di un angolo e la sfera in arenaria al piede della croce era da tempo caduta a terra, perché spezzata in due semisfere che per fortuna erano state raccolte e conservate (Foto 0). Delle tre nicchie, due erano state derubate dalle immagini devozionali in ceramica e risultavano quindi vuote,(Foto 01) nella terza la targa presentava una importante lacuna, probabilmente provocata da chi aveva tentato di rubarla, che consentiva comunque di apprezzarne la qualità (Foto 000).
L’intervento di consolidamento e restauro è iniziato con la pulitura dagli arbusti e dal terreno che si era ammucchiato attorno alla base, ricoprendo completamente la piastra antistante. (Foto 002) Ciò ha consentito di poter verificare la mancanza di qualsiasi tipo di fondazione ed anzi di verificare che l‘appoggio del pilastrino al terreno era molto precario causa prima della progressiva perdita di verticalità. Da qui la necessità di procedere in via preliminare al consolidamento attraverso una fondazione ex novo. Avevamo due strade: realizzare, come è stato fatto nel pilastrino del cimitero di Vergato, una fondazione nuova a fianco e poi procedere allo smontaggio e contestuale rimontaggio sulla nuova fondazione dei vari blocchi di cui è composto il pilastrino. Soluzione che presuppone però che i vari blocchi siano in buone condizioni di solidità e tenuta, perché le operazione di smontaggio e rimontaggio essendo condotte, dato il peso dei blocchi, con mezzi meccanici quali gru, pale, elevatori, possono arrecare danni e risultare quindi controproducenti. L’appoggio precario al terreno e l’esistenza di fratture verticali in vari punti della colonna ci hanno consigliato di non procedere in questo modo e cioè di non eseguire lo smontaggio di tutti i pezzi per non rischiare di peggiorare la situazione. Si è quindi provveduto ad alleggerirlo togliendo solo la parte più alta (cuspide e capitello superiore, fra l’altro da reintegrare la prima e da sostituire completamente il secondo)(Foto da 02 a 09),
raddrizzando la parte del Pilastrino restante manualmente, mediante 2 palanchini e dopo aver fatto uno scavo tutto attorno ed in parte anche sotto lo zoccolo di base per realizzare una robusta fondazione armata(Foto da 11 a 14) .
Per dare ulteriore solidità sono state inserite piastre angolari di ferro che, oltre prendere gli angoli inferiori del blocco di base, debordavano ai lati legandosi alla rete elettrosaldata. Il tutto è stato poi affogato, assieme a un quarto dello zoccolo stesso, nel conglomerato cementizio. (Foto 15 e 16)
Trascorso il tempo necessario alla presa del conglomerato cementizio, (Foto da 17 a 22) si è poi provveduto al lavaggio di tutto il pilastrino (compresa la cuspide smontata) con idropulitrice ad acqua calda, per eliminare le muffe ed i licheni che il tempo aveva accumulato sul pilastrino, ma anche le tracce dei vecchi interventi di restauro non sempre opportuni (in particolare la verniciatura di rosso mattone), ridando all’arenaria la freschezza ed il colore originario.
Si è provveduto alle operazioni di rimontaggio del capitello superiore, (Foto 23 – 24) rifatto a copia di quello precedente e con lo stesso tipo di pietra proveniente dai monti di Finocchia. Sono poi state montate la cuspide, che era stata precedentemente ripristinata mediante rifacimento dell’angolo mancante, e la sfera che era stata ricomposta incollando le due parti spezzate mediante adesivo bicomponente del tipo “marmo mastice grigio”.(Foto 25-26)
Si è poi innestata sulla sommità della cuspide la croce in ferro che era stata ripulita dalla ruggine mediante sabbiatura e verniciata con grafite evidenziando in rosso le tre fiammelle sulle punte.(Foto 27-28-29-30)
Le crepe più vistose della pietra, le uniture delle parti incollate e le erosioni angolari sono poi state colmate o “attenuate” con malta “Geolite KeraKol” grigia con aggiunta di colori in polvere giallo/marroni per riprendere la tonalità della pietra. (Foto 31e 32)
Con la stessa malta si è anche provveduto a creare uno strato protettivo di circa un centimetro sulla parte superiore delle cornici dei due capitelli per rinforzarli e renderli più resistenti alle intemperie. Si è scelto di lasciare una ripresa angolare quale testimonianza dell’ intervento effettuato negli anni ’60 che consisteva nell’aver completamente spigolato con cemento tutti gli angoli, compreso quelli dei capitelli, e nell’aver tinteggiato in rosso mattone tutto il pilastrino. E’ stata infine consolidata la parte dell’immagine in ceramica raffigurante S. Vincenzo Ferreri, decidendo di lasciarla al suo posto senza sostituirla con una nuova. Si è poi provveduto ( Foto 33-36)
ad incollare le due nuove immagini in ceramica, simili a quelle che un tempo occupavano le altre due nicchie, quella centrale raffigurante la Madonna di S. Luca, quella di sinistra S. Antonio Abate.(Foto 34-35) Nella scelta delle immagini sono state utilissime le foto degli anni 60 che lasciavano intravedere quelle originali. Queste targhe, fedelmente riprodotte utilizzando vecchi stampi ottocenteschi originali, vengono prodotte dalla Cooperativa Ceramica d’ Imola e sono acquistabili direttamente su apposito catalogo ed anche in negozi specializzati di Bologna. (Foto 37-38)
Come ultimo intervento abbiamo irrorato a spruzzo il Pilastrino con un idrorepellente siliconico solubile in acqua, operazione che dovrà essere ripetuta anche negli anni futuri per garantire un buon livello di protezione dell’arenaria vecchia e nuova dagli agenti atmosferici (acqua e gelo). Con quest’ultima operazione si è concluso il consolidamento ed il restauro del pilastrino ( Foto39 ). Infine si è provveduto alla sistemazione (Foto 40) dell’area circostante mediante la semina di erba da prato e la messa a dimora di alcune piante di rose antiche che faranno da corona al pilastrino ed alle sue immagini e sono infine cominciati i preparativi per la festa di inaugurazione (Foto 41 e 42) del 30 agosto 2014.