Valle del Reno 1928-5 Montovolo e Monte Vigese
2013/02/26, Vergato – Montovolo e monte Vigese sono i protagonisti dell’articolo apparso sul fascicolo “Valle del Reno” del 1928, ne riportiamo le immagini e l’articolo a corredo sempre dall’archivio del dott. Amleto Gardenghi.
MONTOVOLO E MONTE VIGESE
Si riuniscono insieme, si ricordano, l’uno dopo l’altro, questi monti unicamente perchè dalla cima dell’uno si passa, per una breve conca, alla sommità dell’altro – sono disposti da sud a nord quasi in linea retta, a sud si eleva il monte Vigese , a nord Montovolo,: monte Vigese è alto 1091 metri, Montovolo 921 metri: entrambi costituiscono parte della linea spartiacque fra Reno e Setta. Chi guarda questi due monti da lungi, – e si vedono per lungo tratto intorno – ha l’impressione di essere di fronte ad un enorme baluardo a cui s’erge dietro una cima più alta. il baluardo è Montovolo che verso nord-ovest scende a picco, grandioso e solenne, la cima che si mostra dietro è quella di monte Vigese. Arenarie e molasse, cioè terreni dell’era terziaria e dei periodi eocenico e miocenico. costituiscono la grande mole. Manifestazione superba della natura luna e l’altra cima, tanto che chi le ascende ha la sensazione di non ,esser .più sull’Appennino, dalle cime arrotondate e scarso di espressioni dure e forti: il monte Vigese che ha declivi ripidi, che ha spaccature solenni e fonde,che ha gugliette ci può dare una pallida idea di quelle cime alpine dove par che la rabbia abbia presieduto alla formazione dei fenomeni, e Montovolo con’ i suoi strapiombi silenziosi ci riempie di un senso di paurosa grandezza, accresciuto dalla, vecchia storia che ammonisce gli uomini dall’ alto del monte: due chiesette remote sorgono sulla spianata di Montovolo , la chiesa di S. Maria, che è la maggiore,e quella di S. Caterina, che sorge più alta dell’ altra, presso l’orrido dirupo. Questa è stata studiata da Alfonso Rubbiani, I’uomo che ha dato alla sua città i tesori del suo gusto squisito e della sua cultura vasta; di quella ha dato sicuri cenni uno studioso della montagna bolognese,nelle sue istituzioni giuridiche e nella sua storia, l’avvocato Arturo Palmieri: da essi attingiamo le rapide notizie.
S. Caterina è costruzione del secolo XIII, dovuta a quei maestri comacini che da per tutto seminarono la loro arte: ne volle la costruzione probabilmente qualcuno di quei Conti di Panico che avevano sulla cima di Montovolo, detta cima di Cantaglia, un loro forte castello. Il Rubbiani suppone ancora; date le somiglianze grandi fra questa chiesetta e quella dedicata alla stessa Santa che sorge sul monte Sinai, che essa sia sorta ad imitazione dell’ altra e per volere di qualche nobile che sia stato in pellegrinaggio ai luoghi santi o sia andato là a combattere qualche ‘Crociata. La chiesetta è fatta di macigno come l’altra; ha un altare, a volte e pareti sono affrescati. Le pareti hanno una rappresentazione dell’Inferno ed una del paradiso, poi gli episodi della vita di S. Caterina: le volte hanno Cristo, gli Evangelisti e quattro santi. Altre pitture sono ‘nell’arcata che divide le due crociere della Chiesa. Del ‘400 sono gli affreschi e mediocre è la loro importanza .come opere pittoriche. Un sarcofago ed una cuspide di lancia, intorno a cui è una leggenda riferentesi al tempo delle lotte fra Cristiani e Pagani, completano l:e cose notevoli della chiesetta. L’altra è più grande, ma lo stile ed il tempo sono gli stessi, ed il Palmieri l’attribuisce ai maestri comacini e l’assegna all’ arte lombarda. Il campanile che tozzo s’alza a sinistra è una brutta costruzione dell’Ottocento. Pare che la chiesa attuale sia stata costruita dopo un incendio, che distrusse la precedente, avvenuto nel 1241.
E la precedente il Palmieri la collega con la minuscola cripta che di recente, per opera del prete che custodisce le chiese, Don Vito Pedrini, è stata liberata dal materiale che l’ingombrava, costituita da tre absidi, di cui una maggiore e due minori. Questa cripta è importate per antichità e per stile: gli archi, i capitelli. ben lavorati e con motivi predominanti, le vòlte ci riconducono a quell’ arte bizantina che ha tante nobili manifestazioni in Ravenna. Il Paimieri ritiene che Montovolo fosse quasi la cimosa di quel possesso bizantino che aveva come centro Ravenna, confinante col dominio longobardico toscano. Quindi Montovolo sarebbe stato un centro di romanesimo, contro il quale lottavano altri centri vicini di cultura germanica. È una visione che è confortata anche dalla leggenda, poichè essa ci racconta di una lotta aspra fra giganti biondi, eco forse delle battaglie tra Longobardi e Franchi per l’esarcato di Ravenna.
L’interno sta tornando, per i lavori di ripristino, ordinati ‘dalla sopraintendenza ai monumenti, al primitivo stato: la pietra fatta scura dal tempo vi appare e scompaiono le brutture accumulate dai rabberci dei secoli. Lunga m. 30, larga m. 8 ed alta m. 5,20 ha l’altar maggiore su un ripiano di sette gradini e sull’ altar maggiore è la statua di legno della Madonna, rozza ed annerita dagli anni, statua che la pietà dei fedeli ha ricoperta .di stoffe appariscenti. Questa statua, è condotta attorno alla spianata, con grande concorso di popolo, ogni 25 anni ed ogni secolo è solennemente incoronata. Ma quante leggende ancora raccoglie in sè questo monte! Lotte per il trionfo della Fede cristiana, leggende dolci, di cui son protagoniste fanciulle soavi, oppresse da crudeli tiranni, assedi posti dai Bolognesi al castello posseduto da un signore di Panico. cattivo, vie sotterranee di qui al castello sorgente sul roccione di Vigo.
da: Le cento città d’Italia illustrate, Valle del Reno Fascicolo 228° 9 Giugno 1928
Vedi anche: Il conte Cesare Mattei e il castello della Rocchetta nel 1928