La “Casleina” di Olivi il fotografo e la Giovannina Bernardi
2014/02/27, Vergato – Blog, siti, Facebook, sms, WhatsApp, Hangout, comunicazione veloce, passa parola digitale, foto con cellulare, fotogrammi video e altro ancora che sta bollendo nei laboratori… ci riportano a macchine fotografiche a lastra di vetro e a una penna che scorre lenta su un quaderno traducendo in segni grafici i ricordi di Giovannina Bernardi.
Un ricordo grato e riconoscente a Giovannina Bernardi forse la prima vergatese che in tempi relativamente recenti, ha colto l’importanza del raccogliere e raccontare le storie della sua vita a Vergato per fissarne per sempre la memoria a favore delle generazioni future. Nel rileggere oggi il suo libro: “Vergato: pagine della memoria”– editoriale Nueter del 1992 si apprezza ancora di più la sua grande capacità di essere stata non solo testimone attenta ed acuta della vita vergatese del secolo scorso, ma anche abile e appassionata raccontatrice; noi che dedichiamo gran parte del nostro tempo a questa attività di ricerca e testimonianza finalizzata alla costruzione della “Banca della memoria”, le dobbiamo gratitudine e riconoscenza.
L’occasione ci è data da una doppia circostanza fortunata: una immagine dello studio fotografico Olivi, una straordinaria “casetta” (casleina) esistente in Vergato prima dell’ultima guerra, distrutta e cancellata per sempre dai bombardamenti, uscita dall’archivio fotografico di Lenzi Luciano, alias Kilò e pubblicata su Facebook all’interno del blog: Sei di Vergato se… che ha incuriosito tutti quelli che l’hanno vista per la prima volta. La seconda circostanza fortunata è che la Giovannina ce ne ha lasciato una descrizione puntuale e ricca di elementi nel suo libro; semplicemente dal confronto fra l’immagine ed il testo originale se ne ricava una testimonianza precisa di cosa fosse Vergato negli anni 30, e si può apprezzare la fantasia e l’estro della famiglia Olivi e la grande capacità della Giovannina di ricordare e di raccontare. Carboni Enrico, Vergato 27/02/2014
Immagine dall’archivio fotografico di Lenzi Luciano, alias Kilò
Foto della “Casetta degli Olivi” negli anni 30. Il muro che si vede alle spalle è quello del cinema in direzione del Vergatello; il giovane in primo piano è il ragazzo di bottega di Fonsetto Olivi capostipite della famiglia e costruttore ed’la casleina. Il tronco dell’albero finto è a tutti gli effetti un pilastrino devozionale con nicchia biforata al cui interno si trovava una piccola statua o targa di S. Antonio (da aggiungere all’elenco degli sdalèn scomparsi di Vergato!)
Testo tratto da” Vergato: pagine della memoria” di Giovannina Bernardi
“La famiglia del fotografo abitava al primo piano della casa di Morten (sede dell’attuale banca BCC) e passando sotto alle finestre capitava di udire un’armonia di suoni, dal pianoforte al violino, dalla chitarra al mandolino. Il capofamiglia degli Olivi era chiamato Fonsetto, pure lui un’artista che aveva lavorato alla Rocchetta Mattei alle dipendenze del conte, come restauratore e decoratore. In quel castello conobbe la moglie Rosina che vi lavorava come cameriera. Dopo le nozze vennero ad abitare a Vergato e mentre i figli crescevano Fonsetto faceva l’orologiaio. Costrui una casetta molto originale, ispirandosi in parte alla Rocchetta Mattei; la parte in muratura serviva come studio fotografico e la parte in legno e scagliola fungeva da negozio dell’orologiaio. Nello studio fotografico l’ambiente era ben illuminato da finestre e da lucernai con tende bianche e nere che venivano spostate nelle giornate nuvolose o troppo soleggiate per ottenere diversi effetti di luce. L’abilità del fotografo stava nel dare la luce giusta e così le foto riuscivano molto bene con la luce naturale. La parte in legno era stata costruita interamente da Fonsetto, pazientemente, legnetto per legnetto; sul davanti spiccava un gran orologio con le lancette intagliate, mentre la parte in scagliola era verso Vergatello e formava un delizioso piccolo giardino con balconata. Un finto albero si diramava sulla parete con foglie e rami ed una lucertola si scaldava immobile al sole; una piccola edicola con S. Antonio completava l’originalità della balaustra. Tutto questo complesso fu distrutto dai bombardamenti durante l’ultima guerra.”