SCIANNA, LO SPIRITO NARRATIVO Incontrare Ferdinando Scianna è un privilegio, sempre.Tutte le volte ci si ritrova emozionati, come in tutte le “prime” della vita.
Si rimane sorpresi dalla naturalezza, dalla lucidità; perché nel suo dire non traspare un luogo comune, un “già sentito” che possa facilitare anche il solo capire. La sua logica è cristallina, ma scivolosa per i più; per nulla scontata, trova l’approdo in una verità consolidata e vissuta; suffragata da una dialettica schietta, colta perché ricca di punti di non ritorno. “Il fotografo non scrive con la luce”, ci dice, “la legge”; così iniziamo ad addentrarci in un ambito esistenziale complesso e meraviglioso, dove fortuna e talento vanno di pari passo, senza finte ipocrisie.
E’ lui a dirlo.
La nostra attenzione si sposta, forse erroneamente, sulla sua vita.
Di quel ragazzo di Bagheria ci piacerebbe conoscere di più, e non soltanto di fotografia.
Avendolo letto con assiduità, vorremmo sapere dei suoi incontri, magari di quelle lunghe passeggiate che deve aver compiuto con i grandi, meritandone (eccome!) la compagnia.
Ferdinando ci spiega come la sua esistenza rappresenti un piatto ben confezionato, dove lui ha utilizzato bene gli ingredienti.
Ovviamente si riferisce agli incontri che gli si sono parati davanti; ma a noi tutto questo appare troppo semplice, eccessivamente logico.
Ci deve essere stato dell’altro, almeno un istinto riconoscibile da pochi; probabilmente una forza interiore chiamata coraggio, desiderio, passione, persino carnalità. Forse la sua terra (la Sicilia) gli è andata incontro, regalandogli il sole, la luce (e l’ombra), la cultura (e lo sguardo) per leggerla; ma anche un sapere antico, che gli sta addosso persino quando la lascia, per vivere lontano.
Ecco, sì: Ferdinando è partito da giovane.
Ce lo racconta, però, senza rimpianto; e nemmeno retorica. Lo strappo c’è stato, ricucito (ma mai dimenticato) dalle cose della vita.
La sua fotografia?
Molto meglio guardarla.
Ciò che ci ha sempre incuriosito è la sua esistenza, che vorremmo farci raccontare più volte. E’ lì il segreto delle sue immagini, svelato da pochi edotti che ne hanno saputo leggere, prima di altri, lucidità e spirito narrativo.
Ferdinando è grato alla vita e alla fotografia; a suo dire: fortunata la prima, generosa la seconda; secondo lui quest’ultima gli ha restituito più di quanto lui stesso non le abbia offerto.
Sempre a suo dire, tramite essa è riuscito a entrare in mondi fantastici, godendo di una maturità ben oltre i suoi meriti. La sua è una visione un po’ centrifuga dell’esistenza, soprattutto per quel che concerne se stesso.
Noi non riusciamo a vederlo così avulso da meriti; ma lui insiste, perché considera la vita come una concentrazione di casualità, che, attraverso dei meccanismi, ci rende migliori.
Gli abbiamo chiesto: qual è stato il talento di Ferdinando Scianna?
Lui ci ha risposto: “Il talento è una parola grossa”. “Una mamma genera due figlie: una carina, l’altra brutta; è difficile dire che la vita sia bella”.
Ferdinando non si scompone mai: rimane sempre logico, lucido; anche di fronte alle passioni.
A suo dire, lo stesso amore (come quello per la fotografia) può essere disgraziato. Alla fine quello che conta è il lavoro, l’unica energia che può far crescere il talento e alimentare la passione.
Gli incontri importanti ci sono stati: Leonardo Sciascia,
l’Europeo (il periodico) Henri Cartier Bresson;
ma anche quelli con la moda, dove esplode la sensualità del nostro, che finalmente riesce a sconfiggere un’adolescenza sotto un’impronta cattolica. Le sue donne vivevano dietro le persiane, o alle processioni, vestite di nero; e comunque rappresentavano l’oggetto del desiderio.
C’è poi la Sicilia, nella vita di Scianna.
Quell’isola non è un posto come gli altri. E’ un mondo con dentro una forza tutta sua. Andar via da quella terra gli ha generato una lacerazione che forse si porta dietro anche oggi, assieme a quel confronto continuo con ciò che ha interiorizzato da bambino, psicologicamente.
Scianna è membro dell’agenzia Magnum, dove ha in archivio il più alto numero di foto scansionate (più di 52.000); ma nella sua vita c’è l’impronta letteraria, quella dello scrittore; ed è lì che oggi ci sta regalando le cose più belle.
Gli hanno chiesto di farsi un augurio da solo, per i prossimi anni. Ecco cosa ha risposto:
“Paolo Conte disse <E probabile che nei primi dieci anni della mia carriera io abbia fatto le cose migliori>”. “<Ma io continuo a comporre, magari esce fuori ancora qualcosa di buono>”. “Fotograficamente, non ho più nulla da chiedermi; continuo a fare libri, compatibili con le mie esperienze”.
Lo aspettiamo, Scianna, con i libri e con le mostre. Ci piacciono le sue immagini, quelle che escono dall’ombra; ma anche quel suo scrivere colto e semplice.
Per adesso godiamoci il lavoro che ha portato avanti, senza fare troppi commenti: per chi guarda (e legge) si tratta di un grande dono. E a caval Donato non si guarda in bocca.
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Venerdì 22 Maggio abbiamo incontrato Scianna in qualità di curatore.
A Pistoia esponeva le opere da lui scelte tra quelle dei suoi colleghi in Magnum.
Il titolo era “Abitanti”, che poi costituiva il filo rosso che legava le immagini tra loro. Bello è stato il suo incontro con Gianni Berengo Gardin, venuto apposta per la mostra.
La prefazione “orale” di Ferdinando è stata identica, per efficacia, a quelle che, per sua penna, siamo abituati a leggere. Si è aggiunta la personalità, il cipiglio; perfino quella consapevolezza antica che aggiunge saggezza alla maturità.
Per finire, belle le immagini, belli gli incontri, bello il pomeriggio assieme ai frequentatori dell’ultimo corso.
Grazie
Luciano Marchi |