Una notte a casa degli Etruschi del lago di Montese
2015/08/02, Montese – Il trekking del 2 agosto da Villa d’Aiano si è recato a Montese sul Lago Bracciano, ad accoglierli la casa degli etruschi che qui hanno vissuto, fatto sacrifici, bruciato i loro morti, costruito abitazioni. Un’abitazione simile l’abbiamo trovata sul Lago di Ledro, forse avevano parenti in montagna?
La zona archeologica di Marzabotto, i ritrovamenti di Grizzana, le voci di ritrovamenti a Orelia, ora ci arrivano quelli di Montese. Particolarmente attivi le popolazioni di queste terre che in pochi anni hanno messo assieme il Museo della Linea Gotica e Civiltà Contadina a Iola, la ristrutturazione del Castello di Montese con l’arricchimento delle sale di reperti e donazioni. Sarà mai Montese il 14° comune dell’Unione dei Comuni della Montagna? Modena permettendo? Intanto andiamo a vedere le meraviglie citate che ben promuovono il territorio patria della tigelle, del borlengo del gnocco fritto e …. della Buca!
Il video
La storia (Materiale tratto dall’opuscolo; Gli Etruschi a Montese a cura di Federica Badiali)
Gli Etruschi
II progetto Valorizzazione del territorio – Gli Etruschi a Montese è nato non per rievocare una storia di tempi lontani, ma piuttosto per renderla comprensibile alle persone che vivono in questi stessi luoghi, dopo tanto tempo, ed a chi decide di passare qui qualche ora o qualche giorno di svago.
In altre parole lo scopo del progetto è quello di ricostruire – una casa, un luogo sacro, le sorgenti curative, il lago scomparso – per testimoniare la forte continuità tra la vita in Età etrusca e quella dei montesini fino alla metà del Novecento, quando la II Guerra Mondiale ed il passaggio della Linea Gotica segnarono il primo radicale sconvolgimento sociale ed economico nelle nostre montagne.
Così scopriremo che attività e abitudini tradizionali, come la produzione del formaggio, la raccolta delle castagne, l’allevamento delle pecore, la lavorazione della lana, lo sport del lancio della ruzzola e l’uso medicinale delle acque di alcune sorgenti del nostro territorio, hanno radici profonde che ci uniscono direttamente ai più antichi abitanti di Montese, vissuti 2.500 anni fa e oltre, quando questa zona era attraversata da importanti vie di comunicazione e di scambi commerciali: un mondo apparentemente lontano, che sembrava esistere solo in alcune antiche leggende locali.
Ecco quindi che attività tuttora di grande importanza per l’economia del nostro territorio, come la produzione di Parmigiano Reggiano e la castanicoltura, acquistano una dimensione storica e culturale ed un forte valore identitario per la nostra comunità locale.
Il Sindaco Luciano Mazza
Il Progetto
Il progetto, realizzato dal Comune di Montese in convenzione con il GAL Antico Frignano, ha visto alcuni importanti interventi, grazie ai quali sono stati evidenziati gli elementi di continuità tra le più antiche testimonianze della presenza umana sul territorio e la vita attuale.
L’area interessata è tra le località Lago Bracciano e Acqua Salata, a nord del capoluogo, lungo la strada comunale tra Salto e Villa d’Aiano (BO), in corrispondenza di uno snodo importante della rete sentieristica (sentieri 400/b, 440/a, 440, 434).
Le opere previste:
• Ricostruzione di un’abitazione etrusco-italica (secoli VI-IV a.C.) con orto e di un recinto sacro Ipetrale (privo di copertura), nei pressi dell’antico Lago Bracciano;
• Ripristino del perimetro del lago, oggi prosciugato;
• Pulizia e valorizzazione delle sorgenti curative dell’Acqua Salata.
Tutte le opere sono adeguatamente corredate da pannelli didattici Illustrativi e da attrezzature per la sosta, Inoltre è stata realizzata la piccola guida che state leggendo ora.
L’area del Lago Bracciano è accessibile anche a persone diversamente abili.
Il progetto è stato ultimato nell’aprile 2015.
Gli Etruschi a Montese
Lungo la strada comunale tra Salto e Villa d’Aiano si trova la località nota come Lago Bracciano, a ricordo di un lago prosciugato artificialmente nel 1978. Nell’Ottocento, durante le lavorazioni agricole furono casualmente ritrovati, in più riprese, numerosi bronzetti votivi risalenti al periodo etrusco-italico (VI-IV secolo a.C.). Purtroppo non possediamo notizie certe sul luogo di rinvenimento, tuttavia il numero e le caratteristiche del reperti, dimostrano chiaramente che qui doveva esistere un importante santuario etrusco tra i più frequentati dell’area appenninica; i bronzetti originali si trovano a Modena, presso il Museo Civico Archeologico e la Galleria Estense, mentre nel Museo Storico di Montese sono esposte le copie di quelli meglio conservati.
A poca distanza dal Lago Bracciano, in località Acqua Salata (sentiero 434), si trovano ancora oggi due antiche sorgenti di acqua salsobromoiodica, utilizzate dai montesini fino agli anni ‘50 per la cura del gozzo, patologia della tiroide un tempo diffusa in tutto l’Appennino. Queste proprietà erano già note nel periodo etrusco, quando l’acqua rappresentava un elemento di grande valore religioso, certamente collegato alla presenza del santuario. Ma nelle vicinanze, in Età etru- sca, passava una delle principali vie di comunicazione transappenninica, oggi probabilmente identificabile con lo stesso sentiero 434 della rete sentieristica del Comune di Monte- se. Tuttavia in quell’epoca gli abitanti di questa zona erano semplici agricoltori ed allevatori, per i quali i beni più preziosi erano il raccolto e gli animali, in un contesto sociale non molto diverso da quello delle famiglie di Montese fino al secondo dopoguerra.
Per questo motivo si suppone che il santuario fosse di tipo ipetrale (cioè senza copertura), poco più di un recinto, dove gli abitanti della zona e I pellegrini pregavano e offrivano piccoli ex-voto, i bronzetti, chiedendo protezione per sé e per i propri animali. La continuità nell’utilizzo delle sorgenti curative dall’Età etrusca fino ad oggi testimonia anche l’esistenza di insediamenti umani già in un periodo così lontano.
Il lago Bracciano
Il Lago Bracciano si trovava al di sotto della ripide pendici settentrionali del Montello, nella conca al margine di un vasto pianoro oggi occupato dal bosco, a circa 690 m s.l.m.
Il lago, in origine lungo circa 100 m e largo 80 m, fu completamente prosciugato con lo scavo di un canale artificiale nel 1978, ma già da alcuni decenni le sorgenti che lo alimentavano erano state immesse nella rete acquedottistica, come nel caso della fonte principale, oggi nascosta da un manufatto in cemento alla base del Montello, da dove confluisce nella rete pubblica del versante bolognese. Il canale di drenaggio, ampio e profondo, è visibile tra ¡I limite nord dell’area del lago e II campo coltivato. È ancora ben evidente la forma tondeggiante del lago, leggermente allungata verso la sorgente, mentre la presenza di piante ¡gratile (che vivono In ambienti acquatici o semi-acquatici) testimonia la presenza, in passato, di uno specchio d’acqua. In particolare si possono notare ancora oggi numerosi ontani neri {Alnus glutinosa L.), te cui radici aeree si elevano dal livello del suolo. Al centro del lago, durante la stagione più piovosa, si forma una piccola zona umida frequentata da anfibi.
Osservando le forme del paesaggio circostante possiamo invece comprendere l’origine del Lago Bracciano: circa 10- 15.000 anni fa, al termine dell’ultima glaciazione, un movimento franoso di grandi dimensioni, staccatosi dal versante settentrionale del Montello, che sovrasta tutta l’area, si accumulò nella plana sottostante, costituendo ¡I Marzaletto, Il piccolo rilievo tondeggiante occupato da un castagneto, al di là della strada asfaltata. L’ampia nicchia di distacco è osservabile ancora oggi al di sopra della pineta alle pendici del Montello, mentre tutta l’area a nord del Marzaletto è occupata da massi anche di grandi dimensioni, franati fino a qui: queste rocce, ormai naturalizzate e colonizzate da piante di diverse specie, insieme a numerose sorgenti e ruscelli In diversi punti tra i massi, contribuiscono a creare un paesaggio particolarmente suggestivo.
La grande frana, probabilmente originata da un forte terremoto, fu agevolata sla dalla presenza di una faglia, cioè da una profonda spaccatura verticale negli strati rocciosi, sia dalle sorgenti che scaturivano lungo ¡I contatto tra le rocce arenacee che costituiscono il Montello e le argille sottostanti: sbarrando il deflusso delle acque di alcune di queste fonti, la frana provocò la formazione del Lago Bracciano. Indagini scientifiche preliminari, realizzate dal Comune di Móntese In collaborazione con l’Università di Modena e Reggio Emilia, hanno confermato tali Ipotesi, In attesa di ulteriori approfondimenti.
I reperti archeologi
I primi reperti vennero alla luce casualmente, nel corso di lavorazioni agricole, già alla fine del Settecento e per tutto II secolo successivo. Punte di freccia neolitiche in selce e monete Imperlali romane già provano la presenza dell’uomo in questo territorio in epoche molto antiche, ma II ritrovamento più Importante è quello di circa quaranta bronzetti votivi etrusco-italici (secoli VI-IV a.C.) certamente legati alla presenza di un luogo di culto. Questi piccoli oggetti, alti mediamente 6-8 cm, venivano offerti come ex-voto alle divinità, e raffigurano prevalentemente uomini e donne In atteggiamento di preghiera, oppure animali domestici (soprattutto ovini, ma anche buoi e cavalli). La località del rinvenimenti non è ancora stata identificata, ma con ogni probabilità doveva trattarsi di un santuario collegato al culto delle acque curative: infatti uno del bronzetti, molto più grande ed accurato rispetto gli altri, raffigura la dea etrusca Mnerva (poi per i romani Minerva), sempre collegata a questo tipo di pratiche religiose.
II primo a riconoscere l’importanza del sito fu l’archeologo Arsenio Crespellani, alla fine dell’Ottocento, che documentò i rinvenimenti e che curò la raccolta e l’esposizione dei reperti nel Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena. La maggioranza di essi è ancora conservata in questa sede, mentre un numero minore è conservato presso la Galleria Estense. Le copie di alcuni bronzetti, Incluso quello raffigurante Mnerva, sono esposte nel Museo Storico di Montese.
Le sorgenti curative
L’ACQUA SALATA
Il territorio di Móntese è particolarmente ricco di sorgenti di acqua potabile di ottima qualità, ma alcune di esse sono tradizionalmente note anche per le loro virtù curative.
Nella zona a nord del Montello, tra il Lago Bracciano e l’Acqua Salata, erano presenti in tutto almeno nove sorgenti, tra queste tuttora utilizzate sono la sorgente de II Cotto e quella che alimentava lo stesso lago, oggi immessa nella rete Idrica di Castel d’Aiano. Una parte delle sorgenti sono allineate lungo una faglia, cioè una profonda spaccatura negli strati rocciosi, ed alcune di esse sgorgano tra grandi blocchi di roccia appartenenti ad antichi corpi di frana, in un ambiente naturale di grande suggestione.
Un caso molto particolare è quello delle due sorgenti medicinali dell’Acqua Salata, dalle quali sgorga acqua salsobro- moiodlca: poste a destra e a sinistra del sentiero 434 (l’una protetta da un antico arco in pietra, l’altra da una lamiera In ferro piegata, collocata qui nel secondo dopoguerra da Eben Fantini, uno degli ultimi raccoglitori di queste acque), sono state utilizzate dal residenti fino agli anni ‘50 del Novecento per curare efficacemente il “gozzo”, patologia della tiroide un tempo diffusa in tutto l’Appennlno, dovuta principalmente alla carenza di Iodio.
Ma, come già ricordato, l’utilizzo a scopi medicinali delle sorgenti dell’Acqua Salata risale ad un’epoca molto più antica: già In età etrusca, circa tra il VI ed il IV secolo avanti Cristo, in un punto non ancora Individuato, ma certamente nell’area tra l’Acqua Salata e l’antico Lago Bracciano, si trovava il santuario, tra I più importanti dell’Ap- pennino, dedicato alla dea Mnerva, divinità legata al culto delle acque curative.
Recenti misurazioni ed analisi eseguite su campioni prelevati dalla sorgente più piccola (a sinistra scendendo lungo il sentiero) hanno confermato che si tratta effettivamente di acqua salsobromolodlca, come già suggeriva il significativo toponimo; osservando con attenzione ed un po’ di pazienza, in questa sorgente è ancora possibile notare l’emissione Intermittente di modeste quantità di gas metano, sotto forma di piccole bolle che gorgogliano attraverso l’acqua.
Le virtù curative di queste acque furono descritte per la prima volta dall’abate Lorenzo Gigli nel Vocabolario Etimologico, Topografico e Storico delle Castelle, Rocche, Terre e Ville della Provincia del Frignano (1727): “… una fonte d’acqua di sapor salso che In certa determinata porzione, e dieta bevuta, In 15 o 20 giorni sicuramente guarisce a chiunque patisce di quel tumor nella gola, che dicesi In Greco Broncho-cele, e vulgo “II Gozo”.
Il chimico modenese Antonio Cuoghi Costantini studiò dettagliatamente le due sorgenti nel suo Le acque minerali della Provincia di Modena (1877), confermandone le proprietà, comuni ad entrambe. Anche lo storico locale don Augusto Banorri ricorda alcune leggende locali a proposito delle acque curative nel volume A l’ombra del Cimone. Novelle e leggende (1919).
L’acqua, in antico, rappresentava un elemento di grande significato religioso, è ipotizzabile, quindi, l’esistenza di una vasta area sacra, estesa dal lago fino alle sorgenti salsobromoiodiche, dedicata al culto delle acque e fiancheggiata da un’importante e frequentata via di comunicazione.
Leggende e devozione
Antiche leggende orali, trascritte e pubblicate per la prima volta da don Antonio Banorri nel volume A l’ombra del Cimone. Novelle e leggende (1919), ricordano ancora le acque curative, Il lago, le grandi frane ed II ritrovamento casuale di oggetti “preziosi”, mentre altre descrivono apparizioni di galline e pulcini d’oro, carri sprofondati con tutto il carico Insieme al contadino ed ai buoi, e pozzi senza fondo. Inoltre il perdurare del legame tra questi luoghi e la sfera della spiritualità popolare è testimoniato da due pilastri votivi (Maestà), nei pressi del Lago Bracciano e delle fonti dell’Acqua Salata, comprovando la continuità con altre forme di devozione molto più antiche.
Per ricordare la presenza del santuario etrusco-Italico, dove gli antichi abitanti offrivano agli del I bronzetti insieme a cibo e vino, per Invocare protezione per sé e per I propri animali, accanto al Lago Bracciano è stata realizzata la ricostruzione Ipotetica di un piccolo recinto sacro Ipetrale (cioè senza copertura). Per II recinto Ipetrale è stato utilizzato prevalentemente sasso locale, con una piccola percentuale di travertino di Labante (Bologna), la stessa roccia utilizzata per la costruzione di edifici sacri e civili nell’abitato e nella necropoli della Marzabotto etrusca, Importante città dove si ritene siano stati realizzati i bronzetti votivi del Lago Bracciano.
Sentieri e antiche vie
I metalli grezzi che provenivano dall’Etruria tirrenica lungo antiche strade transappenniniche, erano diretti verso le officine di fusione di Marzabotto, che II trasformavano in oggetti pronti per il commercio. Lo stesso percorso dei bronzetti del Lago Bracciano. Infatti durante l’Età etrusca la zona appenninica era attraversata da vie di comunicazione utilizzate soprattutto a fini commerciali. Una di queste corrisponde alla vecchia strada da Montese a Semelano, oggi n. 434 della rete sentieristica di Montese, che passa 300 m a ovest del Lago e che, in alcuni tratti, presenta ancora una considerevole larghezza e conserva parte dell’antica pavimentazione in sasso. Il sentiero 434 corrisponde anche alla Via Romea Nonantolana. Con ogni probabilità alcune delle merci che passavano da qui erano dirette verso il porto etrusco di Spina, sull’antico litorale adriatico, e da qui via nave verso la Grecia; dal Pireo, il porto di Atene, ripartivano invece verso Spina vasi attici, materie prime come avorio ed argento ed altri oggetti di lusso destinati all’aristocrazia dell’Etruria, attraversando poi in senso inverso l’Appennino Insieme all’indispensabile sale. Questa antica via era importante non solo per gli scambi tra i centri dell’Etruria toscana e padana, ma era utilizzata anche dai pastori ed agricoltori della zona per scambi a minore distanza e dai pellegrini diretti al santuario, infatti il sentiero 434 passa esattamente tra le due sorgenti salsobromoiodiche dell’Acqua Salata.
L’abitazione etrusca
Nell’aprile 2015 è stata realizzata la ricostruzione ipotetica di un’abitazione delle popolazioni etrusco-italiche che frequentavano l’area del Lago Bracciano, tra VI e IV secolo a.C., circa 2.500 anni fa. Anche se qui non sono ancora state individuate le tracce di insediamenti di quest’epoca, abbiamo a disposizione i risultati di scavi archeologici nel territorio modenese, bolognese, e mantovano ed in insediamenti etruschi toscani e laziali, documentati dall’inizio del ‘900 in poi.
Per elaborare un modello costruttivo si sono integrati i dati di scavo con le numerose raffigurazioni di abitazioni oggi disponibili: le urne cinerarie “a capanna”, utilizzate come contenitori per le ceneri dei defunti, la stele in arenaria di San Vitale, proveniente da una necropoli villanoviana di Bologna, e l’incisione dello schienale del trono in legno rinvenuto nella necropoli di Verrucchio (FC).
Inoltre sono state tenute nella debita considerazione le esperienze fatte in Italia ed in altre regioni europee, dove ormai da decenni si stanno realizzando ricostruzioni di abitazioni dell’Età del ferro, e di altre epoche, secondo tecnologie diversificate in base alle condizioni ambientali ed alle materie prime disponibili nella zona.
Infine molti residenti di Montese ricordano ancora che fino alla metà del Novecento si costruivano capanne con struttura in legno, pareti in rami intrecciati intonacati con terra e letame e copertura in fibre vegetali, tradizionalmente utilizzate per attività di supporto all’agricoltura, come ricovero temporaneo o per riparare animali e attrezzi, testimoniando la continuità di una tecnologia di origine antichissima diffusa in molte zone rurali d’Italia.
In assenza di tracce archeologiche dirette, si è ipotizzato che le popolazioni etrusche del Lago Bracciano avessero adottato il criterio della più facile reperibilità delle materie prime: legname abbattuto sul posto, pietre da costruzione ricavata dalle rocce delle antiche frane del Montello, argilla dalla zona a sud ovest del Lago, fibre vegetali dalla piana circostante e sterco animale bovino ed ovino.
Anche nel basamento della capanna, come nel recinto ipetrale, sono state inseriti alcuni blocchi di travertino provenienti dalla cava di Labante (Bologna).
Tracciato a terra il perimetro della capanna, sono stati piantati i pali in legno di castagno, squadrati a mano con ascia e con le punte accuratamente carbonizzate al fuoco diretto, per preservarli dal marciume.
Successivamente si è realizzato un muro a secco in pietra, per isolare le pareti dall’umidità del terreno, su cui poggia l’incannucciata in rami freschi di essenze locali, intrecciati orizzontalmente “a paniere” su elementi verticali di diametro maggiore.
La struttura portante del tetto è in legno di castagno.
La copertura è impostata su di un’orditura in rami sottili di castagno e salice a cui sono stati legati a partire dal basso strati di graminee locali a stelo lungo, ben compattate, fino ad ottenere uno spessore di 30 cm.
Successivamente alla realizzazione della copertura, le pareti sono state rivestite con un impasto di argilla, letame e paglia. L’impiego del letame, utilizzato tradizionalmente anche per questo uso fino a pochi decenni fa, si è rivelato utilissimo per alleggerire e stabilizzare questo particolare tipo di “intonaco”. La presenza del basamento in pietra e la sporgenza della copertura riparano sufficientemente il rivestimento dall’umidità del terreno e dalla pioggia.
La decorazione delle pareti si ispira ai decori geometrici più diffusi sulle urne cinerarie a capanna dello stesso periodo, ed ai motivi ornamentali dell’abito della donna raffigurata in uno dei bronzetti del Lago Bracciano.
Adiacente all’abitazione è un piccolo recinto in rami di essenze locali, che ospita un orto per la coltivazione di piante utilizzate in età etrusca a scopo alimentare e per la cardatura e tintura di filati e tessuti.
Il progetto: Piano di Azione Locale Appennino Modenese e Reggiano 2007-2013 Attuazione dell’approccio Leader – Asse 4 – Programma di Sviluppo Rurale della Regione Emilia Romagna 2007-2013 – Misura 413 -Azione 7
Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale: l’Europa investe nelle zone rurali