Enrico Carboni – I Ponti del Diavolo (prima puntata)

2016/11/11, Vergato – Enrico Carboni ritorna con una “serie”, I PONTI DEL DIAVOLO  (prima puntata)

Con questo nome venivano indicate in un lontano passato le antiche strutture che per la loro ardita ingegneria venivano ritenute opere del diavolo. Ma il termine è rimasto fino ai giorni nostri ad indicare ponti con caratteristiche che possono essere anche diverse. Comunemente per “ponte del diavolo” s’intende “un manufatto a schiena d’asino, ad unico arco, che unisce le impervie sponde di una gola stretta e scoscesa al cui fondo scorrono acque impetuose” (vedi fig.1).

In realtà esistono ponti che sono definiti del diavolo e che non hanno le caratteristiche sopra indicate e si presentano per esempio a schiena d’asino però a più archi,(es. il ponte gobbo di Bobbio – Piacenza), oppure sono piani ad uno o più archi ( es. il ponte di Tiberio a Rimini ),costruiti dai romani, nel medioevo o in epoche più recenti. L’elemento che li caratterizza non è tanto il modello architettonico, la forma o il materiale impiegato, bensì l’esistenza di una leggenda consolidata che ne assegni la costruzione al Signore del male, al Principe delle tenebre. L’attribuzione al diavolo di opere così complesse e di difficile esecuzione non deve stupire. In tempi lontani l’anima popolare amava rifugiarsi nel mondo della fantasia e attribuire alla potenza malefica del demonio la realizzazione di opere portentose che al contrario erano splendidi esempi dell’abilità e dell’ingegno dell’uomo. Da qui il fiorire di leggende dove al diavolo vengono attribuiti grandi poteri, ma ben poca intelligenza giacché le sue richieste in cambio delle straordinarie prestazioni fornite, vengono sempre disattese e basta poco per ingannarlo e sottrarsi ai patti sottoscritti.

Ponte romano di Pont Saint Martin, Valle d’Aosta

La leggenda più famosa e forse più antica e che ha influenzato tutte le altre che sono abbastanza simili, è raccontata nel libro: I ponti del diavolo di Claudio Santacroce – Editrice il Punto – 2013 –  ed è quella legata al ponte del diavolo di Pont Saint Martin, in Valle d’Aosta, dove si narra che il Santo Martino, Vescovo di Tours, in viaggio per Roma nel 347 dopo Cristo, fu costretto a fermarsi presso un borgo lungo il fiume Lys, perché l’unica passerella in legno era crollata sotto la piena del fiume. Il santo dovette fermarsi in quel paese parecchi giorni in attesa che il ponte fosse riparato. I principali capi famiglia si riunirono in consiglio per deliberare il da farsi alla presenza del Santo Martino che disse: io vi aiuterò a fare il ponte grande e bello come lo desiderate a condizione che siate buoni e ospitali con tutti quelli che lo attraverseranno.

In cuor suo già pensava di farlo fare al diavolo e di ingannarlo poi in qualche modo per non accedere alle sue richieste. Così lo incontrò e gli disse “Orsù padron Satana, ho pensato a te per la costruzione di un ponte su questo torrente, ma deve essere bello, grande e solidissimo. Quali sono le tue condizioni?” “Benissimo rispose il demonio, tu avrai il tuo ponte a condizione che il primo che vi passi sopra mi appartenga interamente”. Il patto fu concluso e la tradizione assicura che in una notte Satana con un legione di diavoli innalzò il ponte. Al mattino seguente il Santo Martino che aveva già previsto tutto, si recò con tutta la gente del paese all’imbocco del ponte mentre il diavolo aspettava dall’altra parte. Improvvisamente lanciò un pane sul ponte e liberò un cane affamato che teneva sotto l’ampio mantello. Il cane si precipitò sul ponte e lo attraversò per primo. Il diavolo furioso per essere stato sbeffeggiato di fronte a quella folla, fece a pezzi il cane e tentò di distruggere la propria opera. Già aveva fatto una larga breccia nel parapetto quando il Santo Martino con un gran balzo piantò una croce sulla sommità del ponte e il diavolo folgorato da quella visione, precipitò nel fiume e scomparve per sempre. Gli abitanti del paese per perpetuare il ricordo di tale prodigio e per gratitudine nei confronti del loro benefattore, diedero al loro borgo il nome di Pont Saint Martin. Ma la leggenda non finisce qui, quando si volle porre rimedio alla breccia fatta dal diavolo sul parapetto, i materiali non restavano al loro posto e rotolavano sempre nel fiume sottostante; per anni la breccia restò aperta fino a quando non fu eretto sulla sommità del ponte un piccolo oratorio(edicola votiva) che distrusse il maleficio. Il Diavolo fu così sconfitto una seconda volta e il piccolo oratorio costruito sulla spalletta del ponte ne bandì per sempre le potenze infernali.

z-1-fig-1-pont-s-martin-stampa-copia Fig.1 – Il ponte del diavolo di Pont Saint Martin sul torrente Lys in Valle d’Aosta in una stampa del 1860. Notare la perfetta corrispondenza con la definizione di ponte del diavolo in prima pagina.

Ecco un secondo elemento che può caratterizzare  i ponti del diavolo: la presenza sul ponte di un piccolo oratorio, di una cappellina, di una edicola votiva, di un pilastrino, insomma di uno “sdalèn” secondo la nostra consuetudine linguistica dialettale, a proteggere il ponte dai malefici del suo costruttore infernale. E’ una prospettiva nuova, avevamo sempre considerato la presenza di segni sacri sui vecchi ponti come un elemento di protezione e rassicurazione per i pellegrini ed i viandanti costretti a superare un punto critico del percorso, un punto pericoloso dove potevano accadere spiacevoli agguati da parte di ladri e malintenzionati; un punto preoccupante anche dal punto di vista psicologico, di passaggio da un mondo noto ad un altro ignoto; i fiumi un tempo separavano mondi ritenuti molto diversi fra di loro proprio perché non conosciuti; il termine “di qua o di là dall’acqua”, una volta molto in uso, è molto significativo in proposito e sta ad evidenziare il concetto di limite, a significare un forte senso di appartenenza ad un luogo, ad un territorio in contrapposizione all’altro posto dall’altra parte del limite, in questo caso il fiume; ma nulla vieta che gli “sdalèn” posti sui ponti potessero svolgere anche la funzione di tener lontano i malefici del diavolo, come abbiamo visto a Pont Saint Martin, a maggior ragione se ne era il costruttore. Insomma un’azione di protezione celeste a tutto campo, a 360 gradi, che fa capire l’importanza ed il valore che avevano gli “sdalèn” per le generazioni passate.

D’altra parte la simbologia del ponte è molto antica ed articolata a seconda dei vari punti di vista: il ponte può essere visto come simbolo di unione, il ponte gettato su un fiume collega una riva all’altra, tende ad avvicinarle, ad unirle per farne un tutt’uno.  Se invece il ponte è inteso come unica ed incerta passerella, per superare il burrone od il precipizio, ecco allora affiorare il carattere “pericoloso” della via da intraprendere da parte del viandante o del pellegrino per dirigersi verso il nuovo, il non conosciuto.

Se poi le due sponde del fiume rappresentano il passaggio dalla terra al cielo ecco spiegato il termine di pontefice massimo, che veniva assegnato ai primi re etruschi (Numa Pompilio), come agli imperatori (Augusto), quale massima autorità religiosa a Roma.

In questo senso la simbologia del ponte si connette a quella della scala o dell’arcobaleno se si considera che il “pontifex maximus” etrusco era inteso come il costruttore (in effetti presiedeva un collegio di sacerdoti che si doveva occupare della costruzione dei ponti), ma anche il guardiano del ponte, ma anche dell’arcobaleno, e della doppia scala (ascendente e discendente) che collega la terra ed il cielo. Simbologia persistente ancora oggi nella figura del papa, che non a caso continua a chiamarsi “sommo pontefice”. E quindi chi ha più titolo di Papa Francesco ad invocare i potenti della terra perché costruiscano ponti e non muri in questa drammatica emergenza migratoria che sta sconvolgendo il mondo!

Ma tralasciamo il tema della simbologia del ponte che abbiamo appena tratteggiato, ed esaminiamo ora alcuni di questi ponti  del diavolo più vicini a noi, a prescindere dall’esistenza di una leggenda che ne legittimi il nome, ma piuttosto in relazione alle caratteristiche costruttive, alla forma a schiena d’asino, con un unico o più archi e perché no alla presenza di “sdalèn” sul ponte o in prossimità dello stesso.

z-2-fig-2-pont-saint-martin-oggi-copiaFig.2 – Il ponte del diavolo di Pont Saint Martin oggi, con l’edicola votiva in evidenza sulla spalletta alla sommità del ponte. Non si hanno notizie precise circa la data di costruzione anche se sono tutti d’accordo di collocarla nel periodo dell’espansione romana verso la Gallia al tempo della fondazione della città di Augusta Pretoria (odierna Aosta) nel 25 a.C. 

Ponte degli Alidosi sul F. Santerno a Castel del Rio – (BO)

z-3-fig-3-ponte-alidosi-stampa-copiaFig. 3 – Il Ponte degli Alidosi a Castel del Rio in un disegno della prima metà dell’ottocento di R. Liverani. Notare gli elementi in comune con quello di Pont Saint Martin: sullo sfondo in alto sul dirupo, la rocca, in secondo piano il borgo/castello, in primo piano il ponte a schiena d’asino, l’unico grande arco, il pilastrino sulla spalletta. Anche lo stile di rappresentazione è lo stesso.

Di questo ponte non sappiamo se esistono leggende che ne attribuiscano la costruzione al diavolo, sappiamo però per certo che fu costruito nei primi anni del 1500 dal maestro Andrea del fu Guerriero di Imola, su incarico di Obizzo Alidosi, signore di Castel del Rio; un ponte in muratura che nel 1518 non era stato ancora completato e che sostituì un precedente definito da documenti del 400 precario, forse in legno, che collegava i possedimenti degli Alidosi in sinistra e destra del F. Santerno. Venne restaurato più volte nel 1698/99 poi nel 1760, ed ancora nel 1818 e nel 1825. Dichiarato monumento nazionale nel 1897 fu di nuovo restaurato nel 1898 ed infine nel 1950.

Il ponte degli Alidosi, a schiena d’asino, con un unico arco di ragguardevole luce di m.42,17 e freccia di m. 18,47 (il ponte della Valle d’Aosta ha una luce di m. 35,65 e una freccia di m.12) è il più antico della provincia di Bologna (da: i Ponti della Provincia di Bologna – Edizioni Tipo Arte Bo – 2003).

Molto simile al ponte  della Val d’Aosta se ne differenzia solo per la presenza al posto del piccolo oratorio sul colmo dell’arco, forse meglio definibile come grande edicola votiva, di due pilastrini devozionali collocati all’inizio delle due rampe di accesso.

z-4-fig-4-ponte-alidosi-oggi-copiaFig. 4 – Il ponte degli Alidosi come si presenta oggi dopo i molti restauri effettuati anche a seguito della dichiarazione di monumento nazionale avvenuta nel 1897. 

Nella prossima puntata(seconda)  verranno presentati i ponti di Castrola e di Suviana sul Limentra di Treppio nei comuni di Castel di Casio e Camugnano