Un buon anno… alla famiglia Bernardi (di Giovanna Bernardi)

2017/12/30, Vergato – Un buon anno…alla famiglia Bernardi, ma non solo…

Era tradizione nella mia famiglia imbandire la sera del 31 dicembre la tavola ovale della «Saletta» con ogni ben di Dio, dai dolci, ai liquori e allo spumante ed attendere cosi i ragazzi e gli amici di mio padre, che allo scoccare della mezzanotte, sarebbero venuti ad augurare la nascita del Nuovo Anno.
La nonna Maria, aiutata dalla zia Ersilia (sua sorella), verso le ore ventitré iniziava i preparativi. Dal canterano veniva scelto il tappeto più bello per il tavolo, in mezzo al quale veniva posto un centro tavola di bisso ricamato dalla zia Ersilia (ricamatrice abilissima) per servire da ornamento all’albero natalizio di ginepro, carico di caramelle, gianduiotti e palline di vetro colorate. La nonna aveva un metodo tutto suo per adornarlo; le caramelle venivano legate una ad una con un lungo spago sottile e girate attorno all’albero come le striscie argentate; piccoli fiocchetti di bambagia sparsi sui rami imitavano perfettamente la neve, mentre le candeline colorate accese facevano le veci delle lueine elettriche di oggi.
I dolci tradizionali, panettone, panspeziale e pinze con l’uva venivano tagliati e serviti in piatti di portata ornati di centrini di pizzo inamidati. La tavola, così preparata, aveva un effetto sorprendente e mi richiamava alla mente la favola della piccola fiammiferaia, quando, accendendo l’ultimo fiammifero, le appariva una tavola natalizia colma di cibi raffinati.
Noi fratelli, dopo avere assistito a questo rituale, ce ne andavamo a dormire. Ormai il fuoco nel caminetto non crepitava più e si stava spegnendo, così pure lo scaldaletto (il prete) e le braci nella padella (la suora) avevano già scaldato le coltri del letto. Il sonno però era lungo ad arrivare, la curiosità e l’ansia di ascoltare gli auguri ce lo impedivano. Appena l’orologio del campanile finiva di battere i rintocchi della mezzanotte, ecco il lieve scalpiccio su
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per le scale e la timida bussata alla porta di casa per non svegliare e infastidire gli altri inquilini.
I primi ad arrivare erano i più fortunati, perchè la scelta dei dolci era più abbondante e cosi pure il bere.
Ad aprire la porta toccava un pò a tutti, tranne che a noi fratelli: una . olta era mio padre, una volta la nonna, un’altra l’Ada e così via, finché le ire si facevano piccole e le libagioni finivano; comunque il momento più emozionante che suscitava tante dolci sensazioni era quello del primo arrivato.
Appena veniva aperta la porta, il «Buon Anno» augurato entrava come una dolce melodia e l’eco s’insinuava fin nelle nostre camere, giungendoci con voce famigliare, toccando le fibre più sensibili del nostro animo, dandoci gioia e allegria.
Venivano Arrigo e Franco Bernardi (nostri parenti), Egisto Marchi, il preferito della nonna perchè la chiamava «Signora Maria» al che ella si mordeva leggermente il labbro inferiore, che era il suo modo di dare un segno di apprezzamento; Pippo Luppi (il telefonista), Gino Nannetti detto «Culifi» (originale e simpatico) e tanti altri ancora. A qualcuno il babbo chiedeva notizie del tempo: «Che tempo fa, nevica?» Rispondevano: «Si, nevica forte, è già fonda!». Al che noi ci rannicchiavamo fra le coperte imbottite, nascondendo la testa sotto al cuscino, per sentirci più protetti contro il freddo che ormai attanagliava tutti gli ambienti.
II botto del tappo dello spumante e gli ultimi auguri ci avvisavano che la resta stava finendo, ma noi si aspettava trepidanti l’arrivo della «Checca». Checca era il soprannome di Ugo Cassani, ragazzo dagli occhi azzurri, furbi
39- Una parte della famiglia Bernardi con amici: Peppina, Ada, Franca, Pierina, G:ovannina, Peppe, la bambolina Ghi- ghi ed il cagnolino Pucci, la foto fu realizzata nello studio fotografico Olivi.

e vivaci, simpatico e benvoluto da tutti. Non so come gli avessero appioppato quel soprannome, penso si trattasse di un personaggio del Corrierino dei Piccoli, la furba mula di Cagnara e Fortunello di nome Checca. Infatti Ugo non diceva mai «compro il Corrierino dei Piccoli», ma «vado a compermre la Checca». Al suo arrivo noi scendevamo da letto e quatti quatti, infilandoci le papusse per non camminare scalzi, ci mettevamo ad origliare dietro l’uscio della saletta; però alla fine, un po’ perchè mio fratello spingeva essendo il più piccolo e mia sorella cercava di trattenerci, essendo la maggiore, piombavamo tutti e tre nel centro della sala un po’ tremanti, nelle lunghe camicie da notte di lucrezia (flanella). «Ugo, Buon Anno! Fa freddo, nevica?» «Al sfaròscla!» (nevica poco), rispondeva sorridendo tutto imbacuccato; poi, dopo aver mangiato e bevuto, usciva salutando tutti, mentre noi tornavamo di volata sotto le coperte ancora tiepide, arrotolandoci beati e contenti.
Ugo aveva una tattica tutta sua nel porgere gli auguri. Cominciava ad augurare il Buon Anno, avvicinando la bocca alla fessura della porta d’ingresso, questo perchè la voce non si spargesse e per non gridare troppo forte, uno alla volta elencava tutti i nomi dei famigliari iniziando con una lieve bus- satina, così:
Toc…Toc…Toc…
«Buon Anno […Signor Umberto» (mio padre)
«Buon Anno!…Signora Maria» (mia nonna)
«Buon Anno!… Signor a Ersilia» (la zia)
«Buon Anno!…Signorina Ada» (la cugina) poi seguivano i nostri nomi, Giuseppina, Giovanna, Giuseppe, mancava il nome di nostra madre perchè era morta. E ripeteva così all’infinito finché qualcuno non gli apriva. Noi ci sbellicavamo dalle risa, sommessamente sotto alle lenzuola per non farci sentire.
Un anno, però, arrivò più tardi del solito. Tutti i dolci erano finiti e per la povera «Checca» erano rimaste soltanto le briciole. I miei famigliari ormai dormivano da qualche ora, stanchi del lavoro natalizio e l’ora tarda non invogliava nessuno a lasciare il dolce tepore del letto.
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Toc…Toc…Toc…
«Buon Anno!…Signor Umberto»
«Buon Anno!…Signora Maria»
«Buon Anno […Signora Ersilia»
«Buon Anno […Signorina Ada»
«Buon Anno!…Peppina, Giovannina, Peppe».
Silenzio, nessuno rispose. Ugo attese, forse origliando alla porta per poter percepire qualche rumore. Niente. Ricomiciò a ripetere l’antifona un pò più in fretta, un tantino irritato e per di più in dialetto:
Toc…Toc…Toc…
«Bon capdan…sgnòur Umberto»
«Bon capdan…sgnòura Maria»
«Bon capdan…sgnòura Ersilia»
«Bon capdan…sgnurèina Ada»
«Bon capdan…Peppina, Giovannina, Peppe»
Silenzio di tomba!
Ugo lasciò passare un bel po’ di tempo e noi, credendo se ne fosse andato, un po’ dispiaciuti riprendemmo il sonno. Improvvisamente quattro calcioni all’uscio ci fecero sobbalzare tutti quanti sul letto alquanto spaventati. «BON CAPDAN MARIA ED MINGON»…(riferito alla nonna). Questa, pure risentita, rispose gridando: «ET TE’ UGO? BIRICHIIN D’NA CARONJA!» (Sei tu Ugo? Birichino di una carogna). Ugo, soddisfatto di aver colpito nel segno, rispose:
«AVIV VÈST CH’A SII IN CA’!» (Avete visto che siete in casa) Infine scese precipitosamente le scale e uscì sbattendo il portone principale.

Questo aneddoto, a distanza di anni, è ancora vivo nel ricordo dei vergatesi, così pure il protagonista, che saltuariamente ritorna a Vergato per godere ancora della compagnia dei suoi amici.
41- Umberto Bernardi in una foto del 1919.

Documentazione e ricerca; Umberto Bernardi, tratto da Vergato: pagine della memoria, della zia Giovanna Bernardi (Editoriale Nuetèr, Cassa Rurale es Artigiana di Vergato con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Vergato) i nr. 38-41 indicano le pagine del libro.

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