Paolo Rossi – Anni “70” Ricordi di Vergato
2018/01/18, Vergato – Lo abbiamo citato in passato il nostro “maestro” il quale diceva; fatti raccontare i fatti da chi li ha vissuti, se non c’è più, trova un famigliare, se non i ricordi conserverà lo spirito…in questo caso siamo nella terza fase, quella di un tempo passato ma ancora vicino, il ricordo di un mondo comunque passato da non fare dimenticare…
Anni “70” – Ricordi di Vergato
Prendendo spunto dall’articolo postato recentemente su questo sito e che ricordava un’edizione della Fiera della Valle del Reno degli anni settanta, mi è ritornata alla mente quella che era la Vergato vissuta in quel periodo da un bambino che non aveva ancora terminato la quinta classe elementare.
L’indimenticabile maestro Luigi Croce, che spesso mi riprendeva dicendomi che quando camminavo per strada dovevo tenere lo sguardo sempre rivolto verso l’orizzonte e non basso a terra – rischiosa condotta che poteva portarmi dritto contro un lampione – non poteva sapere che il mio atteggiamento era dovuto a un’eccessiva timidezza che mascherava però un meticoloso spirito di osservazione su tutto ciò che mi circondava.
Ecco dunque, che come fosse ieri, la Vergato degli anni settanta la vorrei ricordare attraverso cinque semplici aggettivi: accogliente, decorosa, tranquilla, solare e bella.
Ho tralasciato l’attributo di “chiacchierona” … ma nessuna meraviglia deve sollevarsi per le indiscrezioni di allora, proseguite negli anni e che continueranno a permeare la nostra comunità così come quelle di tutti gli altri paesi di questo mondo.
Accogliente:
I “nuovi” vergatesi, giunti dal Nord e dal Sud Italia che trovavano facilmente lavoro da Maccaferri, all’Arcotronics, alla L.E.I., all’Ospedale ecc… nonché i vacanzieri che trascorrevano in paese anche solo pochi giorni di ferie, erano accolti benevolmente da tutti. Per trovare loro un alloggio anche provvisorio o una casa in affitto, si mobilitava mezzo paese. I figli dei migranti si integravano nelle classi scolastiche in meno di una settimana e al di fuori degli orari di lezione ci si trovava insieme a giocare con le biglie per i viottoli dei giardini di Piazza della Pace, a basket o tennis nell’area cortiliva della parrocchia, a calcio nell’arido campetto che chiamavamo “del prete”, oppure ad altri giochi di gruppo qua e là per il paese.
Decorosa:
Per le strade, sui marciapiedi e nelle aree verdi pubbliche regnava ordine e decoro. Nulla pareva essere lasciato al caso.
Ricordate che lungo la sponda sinistra del Vergatello, quella parallela al campetto di calcio della parrocchia per intenderci, i vergatesi che abitavano nei palazzi lì a fianco stendevano i loro panni al sole sui fili tesi che costeggiavano il muraglione di via G. di Vittorio fin sotto al ponte della statale Porrettana?
Li stendevano con un ordine tale che sembravano stendardi a festa. Si notavano se ci si passava vicino e solo perché profumavano di sapone di Marsiglia…!!!
Riguardare alcune immagini di cartoline postali di quegli anni potrebbe essere riprova anche per i più scettici.
Al di là di questa nota “folcloristica”, la Vergato che ricordo era elegantemente viva e rispettata da tutti.
Tranquilla:
La tranquillità degli abitanti la percepivo soprattutto quando entravo nelle botteghe del paese.
Alla bottega di Briscaglia, al negozio di alimentari Bottazzi o alla latteria Palmieri dove la Peppina accoglieva tutti i clienti con fervore, si faceva la fila con ordine, educazione e con il sorriso sulle labbra. Al supermarket “Marchi”, affettavano i salumi con una fantastica Italma Macchi o Berkel rossa a volano; abbondavano sempre nell’imbottire le morbide crescentine di pane e ti accoglievano alla cassa calcolando il totale della spesa con un antico registratore meccanico che al momento dell’apertura del cassetto sottostante emetteva un sonoro tintinnio.
Era il mio negozio preferito e volevo sempre essere servito da Riccardo.
Fu proprio in questo negozio che vidi per la prima volta la fantascientifica – per allora – bilancia elettronica Mach 55 con numeri digitali di colore rosso che ammiravo succedersi velocemente sul display a sfondo nero rivolto verso la clientela.
Un’ultima osservazione… se ci si recava in una qualsiasi bottega in bicicletta e la si parcheggiava senza lucchetto contro il muro fuori dal negozio… “ti aspettava” senza spostarsi di un millimetro …!!! Più tranquillità di così…!!!
Ci si salutava tra compaesani ancor prima di ritrovarsi a tu per tu. Già a cinquanta metri di distanza ci si sbracciava, sorridendo, compiaciuti di incontrarsi e con la voglia di scambiare senza fretta e frenesia quattro chiacchiere.
Bella:
Dal Palazzo Comunale si riusciva ad ammirare quasi integralmente la facciata della Chiesa del Sacro Cuore di Gesù e dalla stazione Fs. si scorgeva in lontananza il Pincio nella sua integrità. Dalla ferramenta Rizzi, che occupava i locali dell’attuale Emil Banca Bcc, il Monumento ai Caduti era ben visibile, e dalla bellissima palazzina “liberty” del dispensario si riusciva persino a dominare quasi tutto il paese.
Gli alberi, curati, abbellivano i percorsi pedonali senza nascondere l’architettura commemorativa e storica di una Vergato che sapeva come valorizzare al meglio i suoi monumenti.
E voi, come ricordate Vergato e le vie del centro di quegli anni?
Paolo Rossi