ESTATE
Un insetto gira intorno a un lampione. Ogni tanto lo si sente picchiettare, quasi non riesca a vedere la luce. La finestra spalancata ci aiuta a capire, e respiriamo intensamente l’odore dei tigli: di sera, più dolciastro e inebriante.
L’estate è arrivata così, senza bussare. Era il caldo che avevamo addosso a dircelo, forse anche le lucciole del giardino: un girovagare attento e imprevedibile; ora qui, più tardi là.
Le fiabe del freddo sono finite. Le fate del ghiaccio sono scappate avvolgendosi nel mantello, senza restituirci un finale plausibile. Possiamo svestirci, oggi, sapendolo fare ormai da anni.
In paese arriva gente nuova, e gli incontri si rinnovano, come già durante la stagione precedente. Sono i villeggianti, quelli che riconosci sin dal camminare: perché il passo è di città, distratto e lento.
Anche le donne sono diverse. La loro bellezza si tinge sulla pelle, tra i capelli, con quel vento che pare sfiorarle come in una carezza. Un occhiale da sole ne cela lo sguardo, che ritrovi quando, come per incanto, la montatura è sulla fronte, e puoi scorgere felicità e sorriso.
L’estate è in quello che vedi, ma pure negli odori: adesso più intensi. Camminare per il paese vuol dire riconoscerne i negozi anche a occhi chiusi, perché adesso profumano di loro.
Insomma, è iniziata la bella stagione: forse non la migliore (questione di gusti), ma quella delle opportunità. Le giornate sono lunghissime, e ci abituiamo facilmente a quell’alba che anticipa il risveglio o alla cena che è ancora di luce.
L’estate, però, vive anche del “suo” tempo: di giornate fatte nel nulla, di chiacchiere, di gite inventate al momento. Ci si tuffa ancora: in piscina o in quel “bonzo” che conosciamo unicamente noi. Là, lungo il fiume, sentiamo solo le cicale: insistenti e assidue.
E poi, c’è il verde: quello che qui da noi conosciamo bene, adesso più chiaro, anche per la foschia e il caldo. Fioriscono i castagni, ma a loro penseremo più avanti.
Estate, dicevamo: la stagione che si farà ricordare. Ci saranno baci rubati, mani nelle mani, abbracci notturni, e promesse al domani. Gnomi e fate scriveranno le favole di sempre: nei boschi e tra i paesi. La vita rinasce con forza, esplode quasi; e basta solo aspettarla.
Quell’insetto gira ancora attorno al lampione. Chiudiamo le imposte, ne sentiamo ancora il picchiettare. Il profumo rimane. Le fate della notte ci accompagneranno nel sonno.
Domani sarà una bella giornata.
Luciano Marchi |